Von der Leyen: conflitto d’interessi?


Da alcuni giorni circolano insistentemente voci che vedrebbero il marito della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen coinvolto in un finanziamento alla società per cui lavora con denaro proveniente dal PNRR
L’eurodeputata italiana Francesca Donato ha chiesto pubblicamente (il video è reperibile facilmente su YouTube) che la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen chiarisca gli aspetti ambigui e un suo potenziale conflitto di interessi. Si tratta di una vicenda che la vede coinvolta col marito e che riguarda un ingente finanziamento a beneficio dell’università di Padova per la ricerca e lo sviluppo di nuove terapie geniche a base RNA.
Dalla Commissione UE a Padova arriveranno 320 milioni del Pnrr per la ricerca sulle terapie geniche a Rna. A beneficiarne sarà anche l’azienda in cui lavora il marito di Ursula von der Leyen. Nel denunciarlo, l’eurodeputata Donato ha chiesto che la presidente della Commissione riferisca al Parlamento. «Il fatto che il marito della presidente della Commissione Europea tragga profitto grazie ai fondi stanziati dalla stessa Commissione, è disdicevole».
La stessa Donato ha annunciato con un tweet sul suo profilo: «Ho appena mandato alla chair della Commissione Covi questa lettera, chiedendo l’audizione pubblica di Ursula von der Leyen per chiarire tutti gli aspetti oscuri del Pfizergate». Nella missiva, l’esponente politico pone all’attenzione dei colleghi e della commissione che indaga sulla gestione della pandemia, anche la vicenda da lei denunciata nei giorni scorsi con un video su Youtube e che riguarda il marito della presidente della Commissione. Heiko von der Leyen, infatti, è importante dirigente medico della Orgenesis, una multinazionale americana del settore biomedicale che sembrerebbe essere di proprietà della stessa Pfizer e che è entrata nel progetto di ricerca della fondazione creata dall’università di Padova e che potrà utilizzare 320 milioni provenienti dal PNRR (il piano nazionale di ripresa e resilienza) per la ricerca nel campo delle terapie geniche. Sulla sulla pagina Twitter  “Chance il Giardiniere” si legge: “Il marito di Ursula marito di Ursula, nel dicembre 2020 è nominato direttore medico dell’azienda USA di terapie geniche Orgenesis, il cui vicepresidente Vincent Vandamme lavorava per Pfizer. Negli USA gli era indispensabile un medico TEDESCO specializzato nei trial?” Chissà.
Ma procediamo con ordine: «In Italia i soldi del PNRR vanno a finire alle multinazionali del farmaco», ha detto la Donato nel video pubblicato su YouTube chiedendo le dimissioni della presidente e denunciando «la commistione di interessi che sussiste tra la von der Leyen e la gestione dei fondi tramite il PNRR». Grazie alla segnalazione dell’avvocato Olga Milanese, la Donato ha svolto una ricerca e preso coscienza «di una situazione scandalosa e sconcertante».
L’8 giugno scorso l’ateneo veneto ha costituito il Centro nazionale di ricerca “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA”, una fondazione che si prefigge la creazione e il rinnovamento di infrastrutture e laboratori di ricerca, ponendosi come capofila di un progetto «che coinvolge attualmente molti enti pubblici, privati e imprese di tutto il territorio nazionale».
Con un tempismo perfetto, il 15 giugno, il Ministero dell’Università e della Ricerca (titolare del MIUR a quel tempo era Maria Cristina Messa), ha inserito Padova tra i 5 Centri Nazionali per la ricerca in filiera previsti dalla Componente “dalla ricerca al business” della Missione “Istruzione e Ricerca” del Piano nazionale di ripresa e resilienza con un contributo di 1,6 miliardi di euro. In particolare, a Padova andranno 320 milioni.
«Il progetto – dice la Donato – sembra fatto su misura per le necessità di ricerca delle multinazionali del farmaco, le stesse che dalla vendita dei vaccini hanno guadagnato 1000 dollari al secondo». Ma c’è di più: «Per il progetto, l’Università di Padova indica molte aziende di Big Pharma, tra cui Pfizer, Biontech, e Astrazeneca che beneficeranno di questi fondi».
«Tra queste aziende spicca anche Orgenesis, un’azienda di biotecnologie americana che ha avuto un ruolo nello sviluppo dei vaccini a mRna». Ebbene: «In questa azienda opera in un ruolo direttivo Heiko von der Leyen, marito della presidente Ursula». E proprio il medico tedesco è stato inserito da Orgenesis «nel consiglio di sorveglianza, che secondo lo statuto del centro, ha il potere di pianificare la strategia del budget».
In breve, continua la Donato «Abbiamo 320 milioni gestiti a uso e consumo delle maggiori case farmaceutiche, le stesse che hanno fatto profitti miliardari, con contratti vantaggiosi per loro conclusi con la presidente della Commissione europea, moglie del direttore medico di Orgenesis che viene messo in questa fondazione».
Secondo la Donato, che nei giorni scorsi ha dunque ufficialmente chiesto alla von der Leyen di chiarire e rispondere su questo caso di sospetto conflitto di interessi «c’è abbastanza materiale per avviare un’indagine giudiziaria».
L’eurodeputata, nell’augurarsi che la sua richiesta venga accettata, spiega che «dopo la sfilza di scandali che stanno venendo alla luce – dall’ammissione della rappresentante Pfizer all’indagine avviata dalla Procura Europea sulla trattativa segreta di acquisto dei vaccini – è arrivato il momento di far chiarezza anche sui conflitti di interesse mai dichiarati dalla presidente».
La notizia di Padova in pochi giorni è stata condivisa da numerosi utenti dei social, ma, come accade spesso, non ha ricevuto la dovuta attenzione da parte della stampa nazionale, se si eccettua un articolo di Maddalena Loy su La Verità, unica testata per ora ad aver sollevato il potenziale conflitto di interessi di Mr. e Mrs. Von der Leyen.
«Si tratta di una vicenda gravissima –conclude la Donato–, al di là del profilo di legittimità sul quale indagheranno le autorità competenti e sul quale non ho modo di pronunciarmi, credo che dal punto di vista della trasparenza istituzionale, il fatto che il marito della presidente di Commissione Europea tragga profitto grazie ai fondi stanziati dalla stessa Commissione, sia disdicevole».
Come si vede, uno degli attori principali di tutta questa partita è la Commissione Europea e il suo presidente, la tedesca Ursula von der Leyen. Alcuni mesi fa la presidentessa (mi spiace Boldrini, proprio non ce la faccio!) della Commissione è stata al centro della richiesta dell’ufficio del difensore civico dell’Unione, Emily O’Reilly, di fare chiarezza sullo scambio di messaggi tra lei e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla. Si parla di sms mandati e ricevuti dai due durante i negoziati sulla fornitura all’Ue di 1,8 miliardi di dosi del vaccino anti-Covid. La questione è stata sollevata dal New York Times che ha posto diverse domande, mai affrontate dai media in Italia. Gli sms rientrerebbero nel concetto di “documento” previsto dal regolamento 1049/2001, il quale stabilisce che in caso di mancata diffusione pubblica i richiedenti possano rifarsi al difensore civico. La Commissione europea ha ricevuto una richiesta di accesso allo scambio di messaggi da un giurista olandese, Martijn Nouwen, ma ha presentato un diniego sostenendo fossero stati tutti cancellati. Ogni mese, la Commissione Europea cancella diverse migliaia di email e sms e i messaggi WhatsApp non vengono archiviati.
Per questo il caso ha portato a una denuncia al difensore civico che ha aperto l’indagine. Abbiamo pure un precedente: già nel 2019 la von der Leyen fu criticata per un cellulare “ripulito”, ritenuto prova chiave in uno scandalo di appalti al ministero della Difesa tedesca che lei guidava e che era molto prodigo di finanziamenti a società private. Il cellulare non conteneva più gli scambi di messaggi tra le persone coinvolte.
In questo intreccio tra interessi medico-scientifici e politica in questi giorni è esploso in rete il nuovo capitolo riguardante Heiko von Der Leyen, direttore medico, nel team di gestione di Orgenesis, azienda americana di biotecnologia specializzata in terapie cellulari e geniche, proprio le stesse tecnologie coinvolte nei vaccini a mRna utilizzate dalle più note case farmaceutiche contro il Covid. Sarà un caso ma sono le stesse case su cui la moglie Ursula ha chiuso in fretta i contratti d’emergenza con Pfizer, al centro di numerosi dubbi e diatribe.
Il dubbio sul conflitto d’interessi della famiglia von der Leyen può in effetti sorgere. “Non sarebbe la prima volta – scrive la Verità – già nel 1999 la Commissione europea guidata da Jacques Santer fu travolta da uno scandalo di corruzione e nepotismo che costrinse il governo europeo a dimettersi”. Spetterà ora alla Commissione fornire spiegazioni sull’ennesima opacità della sua amministrazione, mentre nel frattempo aumentano gli eurodeputati che cominciano a chiedere con insistenza le sue dimissioni.
Come si vede, sono molti i dubbi che sorgono leggendo quanto trapela in rete, visto che i giornali e le televisioni tacciono sull’argomento. Da parte nostra, abbiamo unicamente riportato fonti verificate, tutte pubblicate e rintracciabili. Molte sono le considerazioni che non vogliamo nemmeno citare in quanto non comprovate e potenzialmente lesive dell’onorabilità delle persone coinvolte. Semmai sarà la magistratura competente a indagare e, se del caso, provvedere.
D’altro canto, come non credere all’intento salvifico dell’inarrestabile von der Leyen che guida la crociata dell’Unione Europea per la vaccinazione?