La faccia della Meloni o il viso di Giorgia?


Oggi è sabato 15 ottobre, mattina presto e ho scorso le prime pagine di alcuni giornali ma soprattutto la coscienza della gente, quella che è oggi prevalentemente (e di gran lunga) generata nel web, ormai generalizzato, con il matrimonio, o meglio l’invasione, lo tsunami, sulla telefonia, che per analogia con altri avventi violenti, potremmo anche definire matrimonio “riparatore”. Pur sempre fusione: l’edicola, la televisione in tasca.
E lì ormai che ai nostri tempi si forma la coscienza della gente. Molto meglio di prima, eh… Poi chi vuole può sempre andare al bar o in edicola, ma le informazioni, nel metaverso, nell’immane infosfera cui siamo connessi coi nostri telefonini, girano molto di più.
E chi le produce lo sa. Io sono un sociologo, sociatra referenziato (cioè clinico societario) su circa mille casi, suddivisi, in 50 anni di lavoro, per coprire con esperienza diretta la più grande parte della fenomenologia sociale umana, capirne la natura e migliorarne la importantissima funzione. Non mi faccio menare per il naso né da chi lo fa di mestiere, i cattivi giornalisti, né da chi ha interesse pratico, come tipicissimamente imprenditori, imprese, aziende, ecc. Per non essere accusato di lesa (spesso vera…) maestà, e di tardo comunismo proletariale idiota, preciso che tali soggetti economici (e- minuscola o maiuscola à-la-fois) hanno legittimissimi obiettivi, ma che devono essere anche portati avanti con responsabilità e legittimità e non sempre con arbitrio e con la forza contrattuale. So cosa dico: finché è stato utile al mio progetto scientifico sociologico sono stato anch’io imprenditore, e blasonato nel mio settore. Inoltre ho operato sul miglioramento di metà della grande impresa italiana, riconoscendo lo schietto valore della forza imprenditoriale.
L’informazione è materia molto sensibile. E quando è di grandissima massa come oggi, può generare molto spaesamento. Il tempo della riflessione è vieppiù limitato nel nostro giornale estemporaneo tascabile, ove scorrono titoli prima di testi, come nei titoli di testa dei giornali, ma la possibilità di verifica e approfondimento è pressoché infinita, cosicché, come si generano facilmente “fake news”, bufale, le si disvelano con quasi altrettanta facilità.
Dunque, watch out! Ma anche work on.
Oggi ciò che passa nel nostro “mondo in tasca” è una Meloni in pectore (il primo pectore della storia italiana d’apice governativo nobilitato da seni femminili…) Presidente del Consiglio dei ministri con già un bel po’ di grane, ma anche tanta forza in Parlamento.
Il lavoro delle facce di bronzo è già ricominciato. La pseudo-democrazia italiana è forse politica (sì, ciascuno vota e dice la sua…) ma amministrativa no: cioè siamo forse un paese abbastanza libero, ma di certo non siamo una buona repubblica, come quelle dei nostri partner democratici occidentali, anche quando travestite da monarchia. Le facce di bronzo, i politicanti abituati a ottenere a ogni costo, senza etica e organizzazione, sono come zecche attaccate al corpo dello Stato, e invece dovrebbero essere forti destrieri che lo conducono dove vuole il meglio per il Popolo, sapendo distinguere “chi” esso è.
Perché essere popolo oggi significa:
1. prima di tutto essere della specie Homo Sapiens, che dialoga olisticamente con le altre specie,
2. poi essere occidentali (che non significa ancora NATO) ma appartenenti a chi vede il mondo all’occidentale (in primis il volume macroscopico dell’Asia indo-cinese), basato sulla ostilità mediata dell’economia, anziché sul primitivismo da pericolosi pitecantropi della guerra
3. Poi, per noi, essere di una alleanza difensiva (la NATO) che rispecchia valori condivisi, anche obtorto collo, ma che non ha valide alternative al momento e che, comunque, richiederebbe una revisione della nostra consapevolezza impraticabile in breve tempo
4. Poi di sicuro essere europei, perché la nostra economia, il benessere della gente italiana, sta nel locomotore tedesco più d’ogni altro, oggi e domani. I legulei e gli apprenditicci non lo sanno, ma clienti più distanti inducono ormai deficit di competitività dell’ordine dell’1% ogni mille chilometri di distanza. E l’Italia orma produce solo componentistica, anche di altissimo livello, ma non governa il prodotto-mercato, mentre, qui vicino, tedeschi soprattutto e anche a macchia di leopardo altri nel Vecchio Continente li hanno in mano.
Cioè, se ci attacchiamo al carro cinese o a quello USA, i nostri componenti si beccano -10% di competitività, vanno fuori mercato e ciao benessere.
5. Poi eccoci tricolori. E ben orgogliosi, ma anche realisti…
6. Poi forse anche padani-nonpadani, del nord e del sud, di Padova anziché di Treviso, di Salerno anziché di Napoli, ecc. ecc.
Ma la cosa più grave è che tutti blaterano di questo, senza idee chiare, molti affidandosi a ideologia, altri a religione, altri ancora al “menefrego” e faccio solo i miei interessi, altri alla delusione filosofica o sociale, e nessuno li aiuta davvero.
Ma chi cavolo dovrebbe essere ad aiutare la gente in questa enorme complessità, il cui emblema è lo smartphone che ci portiamo in tasca, se non soprattutto uno Stato decorosamente gestito? Troppe variabili esterne e macroscopiche per chiunque, persona fisica o giuridica: la specie umana mondializzata; l’Occidente orientalizzato; la NATO che si muove come forza eterodiretta, benché dalla sua componente gigante, gli USA, e ciò può essere antipatico, ma è abbondantemente comprensibile…; l’Europa ancora fragile e teorica, ma per noi vitale; in Italia la tragica condizione di ritardo antropologico, non culturale, nel vissuto democratico, con l’assenza degli organismi di collegamento tra Paese legale (lo Stato) e Paese reale (la gente), che sono soprattutto i partiti.
Ed eccoci arrivati a Giorgia Meloni. Io personalmente la trovo in questa fase molto, molto simpatica. Bastasse… ma la sua originalità mi fa sperare. Chissà che questa ragazza “dde Rroma” non abbia conservato lucidità e freschezza per avviare qualcosa di italicamente buono?
Spero che Giorgia non faccia l’errore di considerare “solo” il governo del Paese il suo problema. Col governo del Paese si scopriranno tutte le debolezze del suo partito, che non viene da una grande tradizione organizzativa: non era nemmeno una volta come il PCI, la DC o anche il PSI. Ho studiato il vecchio MSI (come gli altri) e poi le sue evoluzioni: molto volontarismo e volitività, molto mito individuale e poca organizzazione.
E Giorgia per essere forte come deve il Capo del Governo di uno dei più importanti Paesi del mondo, deve avere alle spalle non targhette su porte per promozione elettorale, ma veri uffici attrezzati per servizi alla gente, e poi rapporti coi corpi sociali intermedi per far sentire la presenza dello Stato fratello e disponibile presso tutti gli italiani.
Perché lo Stato è la massima espressione della Repubblica Italiana (tradotta: “la cosa di tutti gli italiani”), che vale, udite udite!, 150000 €. a famiglia di patrimonio, e 60000 € di servizi all’anno.
Allora faccia o viso?
Se la faccia è solo la sua, vale ben poco. Come quella di Salvini, di Conte o di Draghi, per parlare solo degli ultimi, nessuno dei tre con un solido background democratico e sociologico alle spalle: Lega e M5S, partiti inesistenti, sola apparenza o errore; le istituzioni sovranazionali per Draghi ancora sottomesse alle regole tribali della democrazia italiana.
Preferisco il suo viso, il viso di Giorgia, per il momento, quello della donna intelligente, da cui può nascere (altro requisito della donna…) qualcosa di buono, un buon partito da contrapporre all’unico partito della scena politica italiana, il pessimo, pericoloso (oggi…) Partito Democratico.
Pessimo, ma Partito. Ma chi crede che partito significhi trenarici guareschiane, si sbaglia o per ignoranza, o per posizione morale erronea, o, peggio, per suprematismo, ed è consapevolmente o inconsapevolmente destinato a diventare un politicante da strapazzo, una di quelle facce di bronzo, una delle zecche del corpo dello Stato Italiano. E non un vero politico, uno dei valorosi e potenti destrieri che devono indirizzare e controllare lo Stato ai fini delle tutela della sua natura repubblicana, che è la estrema sintesi del vero interesse del popolo italiano.