Per capirne di più – Danno da lavoro correlato


DEFINIZIONE, GIURISPRUDENZA E RIMEDI.

Il lavoro dovrebbe essere lo strumento e la fonte di sviluppo per la persona ma, talvolta, si traduce in una causa di patologia per il lavoratore. La Repubblica italiana, come ben sappiamo, è fondata sul lavoro, non solo, lo Stato tutela il lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni. Nella nostra Carta Costituzionale, dunque, il lavoro viene considerato l’attività umana che più di ogni altra contribuisce al progresso del singolo individuo e della nazione. La realtà degli ambienti di lavoro, tuttavia, è spesso ben altra: le imprese sono sempre più ossessionate dalla necessità di competere, di aumentare i livelli di produttività e di efficienza ciò comportando un’organizzazione del lavoro che tende ad affidare al singolo dipendente forti responsabilità o carichi eccessivi di lavoro. Difatti sono sempre di più le persone che si ammalano di lavoro in quanto sottoposte a ritmi eccessivi, usuranti e a tensioni psicologiche crescenti. In tutti questi casi, può prodursi una condizione patologica definita stress lavoro correlato.
Lo stress lavoro correlato si ha quando il lavoratore percepisce una forte sproporzione tra le sue capacità e le richieste che gli vengono sottoposte. Questa condizione, se protratta a lungo, può esporre il prestatore di lavoro al rischio di manifestare patologie anche pericolose per la propria salute. Le fonti dello stress lavoro correlato sono di due tipi. Innanzitutto, ci sono le fonti relative al contesto lavorativo con ciò riferendosi a situazioni di carenze infrastrutturali quali, ad esempio, scarsa igiene nell’ambiente di lavoro, presenza di barriere architettoniche, poca illuminazione, scarsa qualità dell’aria, presenza eccessiva di umidità, condizioni termiche avverse, etc. Altro gruppo di fonti di stress da lavoro è legato alla specificità della prestazione di lavoro richiesta al singolo dipendente e in tale contesto le principali fonti di stress derivano, ad esempio, da eccessive responsabilità attribuite o orari di lavoro eccessivamente gravosi (solo per citarne alcune).
La giustizia ha iniziato ad occuparsi di danno da stress lavoro correlato dal 2000 fornendo la seguente definizione di danno lavoro correlato:“danno esistenziale costituito dalla somma di impedimenti subiti in relazione al libero svolgimento delle attività che contribuiscono alla realizzazione individuale”, con ciò comprendendo una serie di aspetti diversi e con diversa rilevanza sia civile che penale. Secondo la definizione riportata all’art. 3 dell’Accordo Europeo del 8 Ottobre 2004 (recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 Giugno 2008), tale stress è una situazione di prolungata tensione che può determinare un peggioramento dello stato di salute anche con ricadute patologiche gravi.
Il fenomeno, come precisato anche dal citato Accordo Europeo, può riguardare ogni lavoratore, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal settore di attività o dalla tipologia di contratto.
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha ribadito con la sentenza n. 5590/2016, che il risarcimento del danno da stress lavoro correlato “si inscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale e, in linea generale, la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto sofferto dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava l’onere della relativa allegazione e prova, anche attraverso presunzioni semplici.”. Più precisamente, il diritto del lavoratore al risarcimento del danno da stress lavoro correlato sorge in presenza di tre presupposti: la condotta censurabile del datore di lavoro, un danno medicalmente accertabile, il nesso di causalità tra la condotta censurabile e il danno.
Oltre al risarcimento danno causato da inadempimento contrattuale posto a carico del datore di lavoro, se la malattia da stress lavoro correlato genera un danno permanente il lavoratore potrà, inoltre, ottenere sia l’indennità giornaliera che l’indennizzo Inail. La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che anche lo stress lavoro correlato è uno dei rischi specifici impropri (categoria nella quale rientra, ad esempio, l’infortunio in itinere) legati al rapporto di lavoro; conseguentemente, le eventuali malattie professionali da esso provocate sono oggetto di tutela attraverso il Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Pertanto se lo stress lavoro correlato produce una condizione patologica ed il lavoratore è costretto ad un periodo di riposo a casa o subisce un danno biologico, egli ha la facoltà di usufruire delle varie tipologie di tutela previste dall’INAIL purché sia dimostrata la correlazione tra le patologie riscontrate e l’ambiente di lavoro. In particolare, il lavoratore deve provare che la patologia è stata causata da una condizione lavorativa avversa ricostruendo, tramite prove documentali e, se necessario, anche con testimoni, che l’ambiente di lavoro ha contribuito all’emergere della malattia professionale da stress. Ad integrazione di ciò occorre ricordare che se, oltre all’origine lavorativa della malattia da stress, si riuscisse a dimostrare la mancata adozione da parte del datore di lavoro di tutte le misure di prevenzione necessarie a tutelare il lavoratore dal rischio da stress lavoro correlato, il prestatore di lavoro potrà chiedere direttamente all’impresa il risarcimento del cosiddetto danno differenziale, cioè, la differenza tra il danno complessivamente subito (calcolato con criteri civilistici) e quanto già indennizzato dall’INAIL a titolo di danno biologico.
Da segnalare (ma sono molti gli interventi giurisprudenziali sul tema) che la Cassazione con sentenza n. 13309 del 2007 ha stabilito che il prestatore di lavoro che abbia subito un incidente stradale a causa dello stress da lavoro, ha la possibilità di ottenere un risarcimento del danno a condizione che dimostri la stretta relazione tra l’attività lavorativa prestata e lo stress subito. Dunque tale danno da stress lavoro-correlato produce importanti effetti negativi anche per l’azienda che potrebbero palesarsi ne l’impegno del lavoratore, sulla prestazione e produttività personale,nel verificarsi di incidenti causati da errore umano, turnover del personale ed abbandono precoce, tassi di presenza, insoddisfazione per il lavoro e potenziali conseguenze legali. Tutti questi elementi rappresentano per l’azienda evidenti costi che potrebbero essere sensibilmente ridotti mettendo in atto, in maniera consapevole e partecipata, un percorso di valutazione dello stress lavoro-correlato che non sia semplicemente una procedura dovuta al mero rispetto della normativa, ma anche una presa di coscienza dell’azienda e dei lavoratori sullo specifico rischio. La relativa norma contenuta nell’art. 28 del D.lgs. 81/08 (Testo Unico in materia di Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro), impone al datore di lavoro l’obbligo della valutazione dei rischi riguardanti la salute e sicurezza dei lavoratori, compresi quelli collegati allo stress da lavoro. La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è parte integrante della valutazione dei rischi ed è effettuata dal datore di lavoro (obbligo non delegabile ex art.17 comma 1 della d.lgvo 81/08).
Tale valutazione si articola in due fasi e precisamente:
– la prima necessaria (valutazione preliminare);
– la seconda eventuale e da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare mostri elementi di rischio da stress lavoro correlato e le misure di correzione adottate dal datore di lavoro si rivelino inefficaci (valutazione approfondita).
Nel caso in cui nella valutazione preliminare non emergano elementi di rischio da stress lavoro correlato tali da richiedere delle azioni correttive, il datore di lavoro è tenuto a darne evidenza all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e prevedere comunque un piano di monitoraggio. Nel caso in cui la valutazione preliminare evidenzi degli elementi di rischio da stress lavoro correlato, è necessario procedere con la pianificazione e adozione di opportune strategie (organizzative, tecniche, procedurali, comunicative, formative, etc..). Se, nonostante questi accorgimenti, dalla successiva stima non si manifestino miglioramenti significativi, sarà opportuno procedere alla valutazione approfondita la quale consisterà nella rilevazione della impressione soggettiva dei lavoratori attraverso strumenti differenti , tra cui ad esempio questionari, focus group, interviste semi strutturate sulle famiglie etc.
In definitiva tale categoria di danno seppur manifestatasi in tempi relativamente recenti ha subito una crescita esponenziale comportando ingenti danni sia per i lavoratori e le proprie famiglie, sia per le aziende stesse e datori di lavoro in genere. Appare evidente che l’unico modo per limitarne la diffusione e gli effetti devastanti per la salute del singolo individuo ma anche per l’economia nazionale (se volessimo ampliare il ragionamento) è una collaborazione tra le parti, ovvero, come già scritto, è necessario che lavoratore e datore co-partecipino in maniera cosciente affinché, attraverso una comunicazione efficace, possano essere individuate le fonti di genesi di tale stress e successivamente adottare strategie utili di mitigazione. Un contributo preziosissimo, a tal proposito, può essere fornito da professionisti qualificati in materia di Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro che avendo specifiche ed adeguate conoscenze, oltre agli strumenti utili, facilitano la realizzazione di tale compito.