Il malaffare dei fondi russi irrompe sulla campagna elettorale


Negli Stati Uniti si definisce october surprise, sorpresa di ottobre, un evento di grande portata a ridosso delle elezioni, che oltreoceano si tengono sempre a novembre, tale da poterne cambiare l’esito. Mutuando lo slang americano, potrebbe allora essere piombata una september surprise sul foto finish dell’apertura delle urne italiane? Basterà intanto a rasserenare gli animi la successiva telefonata che Supermario ha avuto con il sottosegretario di Stato statunitense, Antony Blinken, in cui è stata confermata l’assenza di partiti politici italiani dalla lista di chi ha beneficiato di fondi da parte della Russia? Quale sarà davvero l’epilogo di questa ennesima puntata della telenovela “DIO DENARO…..e politica”? Basterà ancora una volta Draghi?

Il Belpaese sembra una canna sbattuta dal vento. Questa campagna elettorale sciatta, che poco interessa un popolo rassegnato all’incapacità e alla corruzione della classe politica, quanto fiaccato dalla temperie abbattutasi sull’economia reale, diventa ulteriore terreno di scontro tra le superpotenze. Sì, lo Stivale, con la sua posizione baricentrica fra variegati interessi, a seconda di come si orienti sul piano geopolitico, può disturbare il sonno a Russia e Stati Uniti.

Ed è così che, se la Russia può ipoteticamente aver ingrassato di rubli inediti eredi, per dislocazione parlamentare, di Armando Cossutta e compagni, a pochi giorni dal voto incombe il j’accuse di una intelligence USA, ormai del tutto dimentica che pure lo Zio Sam foraggiava di biglietti verdi DC e dintorni ai tempi della guerra fredda. In tal modo, sembra perpetuarsi ancora lo schema ponzi di una doppia ingerenza, con cui i ficcanaso di Mosca e Washington da troppo tempo si palesano nelle nostre faccende domestiche. E la presenza di partiti in vago odor di sovranismo, rende gli angeli custodi, aspiranti o supponenti, del tricolore di Mameli più agitati, più famelici, nell’ora in cui capire che cosa veramente stia accadendo in Ucraina e di riflesso sui mercati mondiali non è nelle facoltà di sociatri da strapazzo.

Ma cosa accade in pratica, qui sul suolo patrio, al netto di tale preoccupata e amareggiata premessa? Di certo, è partito il minuetto dello spargimento di veleni e dello scaricabarile, roba già sin troppo vista, messa in atto dalle forze politiche per incassare consensi fra i più ingenui indecisi, tra i volubili della crocetta sul simbolo elettorale. Con lo spettro dei fondi russi, non può non partire lo scontro sinistra-destra, i tristi non luoghi della politica contemporanea. Ma subito la Lega attacca: c’è una battaglia epica sul nulla, prima ancora che emerga davvero qualcosa dalle preziose carte degli spioni a stelle e strisce e Salvini con la faccia di Putin stampata sulla maglietta è solo un brutto ricordo. Così reagisce un vecchio amico del nuovo Zar, tanto corrucciato che le rughe gli scompaginano il cerone, l’ex Cavaliere: noi non c’entriamo. Prudenza invece in Fdi: importante sapere se c’è stata influenza.

Nelle stanze romane del potere, l’iniziale auspicio di molti papaveri è che non sia stata appositamente rivolta all’Italia la «bomba americana», che inneggia a certi occulti finanziamenti dei russi a tanti uomini politici nel mondo. Giungono, poi, guarda caso le rassicurazioni del senatore Adolfo Urso, presidente in uscita del Copasir (NDR: in foto Adolfo Urso e Franco Gabrielli al COPASIR), che si trova negli Stati Uniti per cercare di accreditare la sua capa di partito, Giorgia Meloni, presso l’estabilishment yankee. Sperando forse in bene per quest’ultima, dopo che le ha suonate di misura a Letta durante la sfida all’OK Corral andata in scena nei giorni precedenti, si attacca al telefono per parlare con il sottosegretario Franco Gabrielli, l’autorità politica che sovrintende ai servizi segreti. Alla fine, può bisbigliare il fido Adolfo che «al momento» non risulta che l’Italia sia citata nel dossier americano. E la sora dagli occhioni blu tira commossa un respiro di sollievo. Fino a quando? Una lacrimuccia di gioia intanto le scende sul velo di cipria.

L’intero centrodestra pare comunque caduto nell’occhio del ciclone. I suoi tre maggiori partiti e le frattaglie, da Toti fino a Lupi, sono tutti apparentemente uniti a rigettare le accuse fintanto che restino allusive. Ma, se dovessero emergere prove a carico di qualche alleato, siamo sicuri che comincerebbero le prese di distanza, i distinguo, se non le botte da orbi per contendersi le marginalità residue delle urne all’ultima ora. Si torcono come serpenti assetati verso una sorgente sotterranea, profilandosi una dilaniante spartizione delle ultime briciole per un seggio di più su cui contare nel miraggio di posti di governo e sottogoverno per clientes ed affini.

Chi arriva a praticare persino riti voodoo, affinché la notizia dei 300 milioni di dollari pagati da Mosca per finanziare partiti e candidati politici in 20 Paesi possa contemplare qualche nome caro dello schieramento opposto, è invece Enrico Letta. Questo giano bifronte con la faccia di gomma, è bellamente capace di sorvolare sul fatto che, se il PCI (di cui è massimo erede il PD al cui timone ora naviga a vista) era finanziato dall’Urss, la Dc (dove cominciò sgambettando in braghe corte la sua brillante carriera) prendeva soldi dagli Usa. Da buon nipotino di Gianni, gran ciambelliere di corte del Caimano, con l’hybris del condannato alla sconfitta, non più capace di sfoggiare il potere incantatore del partito dei lavoratori sulle masse tradite di disoccupati e precari, si fa forte della sua illibatezza ricostruita tuonando con toni pesanti, gridando ai colpevoli. Ma resta un poco deluso: non potrà conglobare il suo sempiterno affossatore, Matteo Renzi, nel novero delle sagome del suo funesto tiro al bersaglio.

Si accodano, dunque, i paladini della specchiata moralità e dell’inossidabile coerenza, con altrettanti echi assordanti, frammisti di moniti e minacce. Eccoli truci e impettiti, tralasciati microbi e corpuscoli, il leader di Azione, Carlo Calenda, improbabile spartiacque di destra e sinistra, che ulula alla luna, cercando di coprire i latrati inferociti di un ineffabile animo inquieto, come Luigi Di Maio, ancora alla ricerca di sicuri approdi per i suoi molteplici contorsionismi.

L’ex bibitaro, in particolare, si prodiga in una stoccata contro l’arcinemico Giuseppe Conte: pure al M5S soldi dalla Russia? L’ex avvocato degli italiani però garantisce che, giammai, possa esser accaduto tale misfatto durante la sua reggenza sul partito. Ma incrocia le dita per quanto riguarda il passato: nulla ancora di rilevante circa i partiti italiani dalle indiscrezioni sinora circolate. Salterà il paradigma per cui il M5S agisce in maniera trasparente e non c’è possibilità che possa subire simili interferenze?

Se non è più condivisibile la concezione del denaro come “sterco del diavolo”, è però innegabile il ruolo assolutistico, ossessivo e dominante assegnato ai soldi nella nostra società. Perdipiù, quando i soldi si insinuano nella vita politica possono instillare dubbi negli elettori, mettono in crisi altre certezze ideologiche. Storie solite di corrotti e corruttori, narrazioni create ad arte al momento giusto da professionisti della manipolazione mediatica possono fare sì che i soldi, veri o presunti, elargiti a partiti o simili si possano trasformare in un virus, che produce una vera e propria malattia in una democrazia, nel momento in cui è chiamata al voto.

Che voltastomaco! Americani, Russi, governanti italiani di turno, intrisi di socordia e cupidigia, sono gli squallidi protagonisti di una reiterata e vergognosa pagliacciata alla faccia dei tapini che sudano sette camicie per pagare i tributi. Basterà intanto a rasserenare gli animi la tsuccessiva elefonata che Supermario ha avuto con il sottosegretario di Stato statunitense, Antony Blinken, in cui è stata confermata l’assenza di partiti politici italiani dalla lista di chi ha beneficiato di fondi da parte della Russia? Prendiamo per ora atto dell’affondo di Draghi a Mosca: “L’Italia non si fa battere da pupazzi prezzolati”. Ma quale sarà l’epilogo di questa ennesima puntata della telenovela “DIO DENARO…..e politica”?