Finirà l’estate con l’inflazione a divorarsi in un sol boccone le promesse elettorali?


Quest’estate italiana sta finendo in modo insolito, grazie alle promesse più assurde dei politici in campagna elettorale. Mentre rimpiangiamo le giornate al mare o in montagna, ma non gli esodi autostradali, insolitamente vediamo gli esponenti di partiti e coalizioni fare a gara per conquistarsi il centro della scena, sgomitando nella calura e nella siccità. Dalle pensioni a mille euro fino all’abolizione del bollo auto: tornano le dichiarazioni più improbabili delle scorse tornate di elezioni, ovviamente mai realizzate. La fantasia certo non manca. Fa quasi tenerezza Berlusconi che, attraversando indenne i decenni, è passato dalla promessa di un milione di posti di lavoro a quella di un milione di alberi. Ognuno di quel milione che, nel frattempo, non ha trovato o ha perso il lavoro avrà il proprio albero personale a cui impiccarsi?

Nel corso degli anni ci siamo abituati alle promesse elettorali più stravaganti provenienti dai vari partiti. Ci si appella bellamente agli aspetti più vicini alla vita degli elettori, come le tasse o le pensioni oppure si promettono mirabolanti opere pubbliche – che puntualmente non vengono realizzate. Stagione a parte, la campagna elettorale del 2022 non è diversa: i politicanti parlano, discutono, s’accapigliano e promettono, insomma. Tuttavia, non si capisce se si augurino veramente o meno di finire al governo.

Chi vince avrà vita grama. La situazione è incandescente, per l’inflazione ad esempio. In agosto, essa ha subito un balzo record dell’8,4% rispetto allo stesso periodo del 2021. Un brutto affare: prezzi mai stati così alti dal 1985. Vogliamo vederli all’opera, i nostri prodi salvatori della patria, a tentare di calmierare un salasso che per abitazione, acqua, bollette e combustibili, sulle famiglie pesa con un incremento medio del 31,5%.

A Roma, tutti si augurano che Draghi, nella sua mesata di vita residua a Palazzo Chigi, ci metta un pezza ai rincari dei beni energetici e dei beni alimentari, che spingono l’inflazione a livelli inauditi. Per questa ragione assistiamo ad una campagna elettorale che, oltre a svolgersi in modo innaturale nel mese di agosto, quando la gente vuol essere lasciata in pace a godersi le ferie, a tratti procede fiaccamente, avviluppandosi sul nulla, in un orizzonte di eterni problemi irrisolti, con un dato sicuramente drammatico, certificato dall’Istat, forse ancor più del costo generale della vita pari all’8,4%.

Dove l’inflazione si tocca davvero con mano, diventa la tassa occulta sui poveri, è la corsa dei prezzi che condiziona il cosiddetto carrello della spesa (il paniere con i beni alimentari, per la cura della casa e della persona), che aumenta rispetto a un anno fa del 9,4%, un valore che l’Istituto di statistica non registrava addirittura dal 1984.

Sarà solo colpa della guerra? Non ci crediamo. La narrativa dominante semplifica – disorientando l’opinione pubblica – le cause di questi incrementi a un unico evento: la guerra in Ucraina, omettendo diverse variabili esplicative, una su tutte la speculazione delle imprese. A questa, si aggiungono uno squilibrio (nato prima del conflitto Kiev-Mosca) tra domanda e offerta del gas – la prima in crescita dopo la fase acuta della pandemia e l’altra stabile, in uno scenario che provoca l’aumento dei prezzi – e un rendimento dell’eolico inferiore alle attese, che si ricollega alle conseguenze del cambiamento climatico.

Grattando la superficie, dunque troppi lazzaroni ci speculano sopra. Ebbene lo sconsiderato aumento dei prezzi non potrebbe essere anche frutto malsano di una bolla speculativa? Ovvero, un meccanismo perverso nel quale i prezzi di vendita sono più alti di quelli reali, gonfiati dalla volontà di maggiori guadagni o contratti più vantaggiosi. Nella speculazione al rialzo – più famosa di quella al ribasso – gli individui acquistano dei titoli, prevedendo un aumento delle loro quotazioni (un incremento di “valore”), con l’obiettivo di rivenderli al maggior prezzo possibile. Lucro al limite dell’illecito?

Di fatto, sul banco degli imputati beni energetici (+44,9% su base annua) e beni alimentari (+10,2%). Una dinamica folle, che si quantifica su base mensile a partire dalla crescita complessiva dell’indice dei prezzi al consumo, nella quale, a restituire il quadro di quanto sta capitando al potere di acquisto di famiglie e imprese, fa da regina la tabella Istat, con l’indice dei prezzi al consumo per divisione di spesa.

Sorvolando sui dettagli, non è bastato l’effetto estate e turismo, spinto da una voglia tutta post pandemica di ritorno a vivere, servizi ricettivi e ristorazione registrano rincari considerevoli su base annua. Meno peggio per vestiti e calzature o qualche altra singola voce in questo pandemonio. Basti sapere, con sommo contorcimento di budella, che l’inflazione acquisita per il 2022 è già al 7%.

Il grido di allarme delle parti sociali, delle categorie imprenditoriali e sindacali, delle associazioni dei consumatori, si leva al di sopra del rantolo collettivo. Le chiacchiere non servono più. Così non si regge. Occorre andare oltre il decreto Aiuti bis, che mette ormai risorse inadeguate per i lavoratori e i pensionati: si invoca un intervento urgente per tutelare salari e pensioni, come pure compensazioni immediate e soluzioni strutturali per famiglie e imprese, a seconda di quale sia il lato interpellato del malcontento e della preoccupazione.

Se i timori per il potere di acquisto dei consumatori sono ormai di ordine generale anche in Eurolandia, con l’inflazione che in base ai dati di Eurostat nel mese di agosto batte un nuovo primato al 9,1% (a luglio era all’8,9%), come al solito nei singoli paesi, almeno in quelli meglio governati, i dati appaiono più soddisfacenti che da noi.

Già siamo indietro, nella…fino al collo, con il nostro gigantesco debito pubblico e la nostra amministrazione borbonica, la ripresa economica che pareva sostenuta dopo la pandemia si fa timida, si vanificherà? C’è intanto chi sogna rinegoziare il PNRR con la CE, sperando di spillare ulteriori finanziamenti, come se fossero sempre a fondo perso. Ma che fine ha fatto il Superbonus 110% che dovrebbe consentire all’edilizia di fare da volano per la nostra economia da lungo depressa, oltre che costituire uno degli incipit della transizione energetica?

In finanza, insegnano che la speculazione ingloba tutti i tentativi di ottenere un guadagno da fluttuazioni del mercato in tempi brevi attraverso operazioni rischiose. Molteplici i fattori in gioco. Inflazione. Stagnazione. Stagflazione. Spread. Banche. Signoraggio. Solo pochi, fuori dalla Bocconi e dagli altri templi borsistici, sono veramente consapevoli del significato di questi termini su cui si fonda l’economia politica. O, altrimenti detta, la dittatura di mercato, nella quale, oltre ai titoli, anche i beni possono essere al centro dell’opime attività speculativa.

In particolare, proprio i beni alimentari e quelli energetici che hanno subito negli ultimi mesi incrementi considerevoli, dettati non solo dal mancato incontro tra domanda e offerta ma anche dalla volontà dei paesi produttori e degli agenti economici di guadagnare di più dagli accordi esistenti. Una terza guerra mondiale in cui non sparano i cannoni degli eserciti, ma si fronteggiano altri tipi di potentati. Sono tanti, e in particolare le multinazionali, a sfruttare la paura della scarsità dei beni agricoli ed energetici per vendere a un prezzo maggiorato o per stipulare contratti più vantaggiosi.

In definitiva, che l’inflazione abbia avuto un impatto sui costi per le attività è innegabile, ma che il prezzo finale attuale di un bene o di un servizio scaturisca esclusivamente dal fenomeno inflazionistico e sia esente da logiche speculative è tutto da vedere. Chi agisce direttamente in nome e per conto di Dio denaro impera, erga omnes, alla faccia della sovranità degli stati. Tanto è il groviglio eterodiretto che solo un disperato atto di fede potrebbe far sperare in una soluzione in questa estate pazza, fagocitata delle promesse (scarsamente realizzabili) dei leader politici italiani, come è sempre avvenuto in occasione delle ultime tornate elettorali. Quante ne ricordate?

Promesse e promesse, quelle ci sono sempre, la cosa che manca davvero sono i fatti. Alcune sono megalomani, altre semplicemente impossibili da portare a termine, altre ancora si basano su informazioni false e alcune sono ormai così… inflazionate che quasi non facciamo più caso al fatto che si menzionino nei programmi. A casse dello stato che piangono miseria, non è difficile pronosticare che l’inflazione divorerà in un sol boccone Silvio Berlusconi che promette di piantare un milione di alberi all’anno… Come pure Luigi Di Maio che afferma di voler azzerare l’Iva sul pane e la pasta, mentre Giorgia Meloni va alla carica sul presidenzialismo…
E alla fine, non ci sono dubbi, pagherà Pantalone.