In attesa delle elezioni


A COSA SERVE UN PARTITO POLITICO?

Un’amica, giustamente sconvolta per le modalità con cui sono state disposte queste elezioni politiche, mi chiede per quale partito dovrebbe votare.
Le rispondo prima di tutto che la domanda è ben posta, in quanto “per quale partito votare”, e non “per chi” (la gente non si conosce mai abbastanza, e in particolare in un ruolo pubblico…) o “per che cosa” (destra sinistra, populisti statalisti, sovranisti globalisti, sudisti nordisti, laici cristiani, ecc.), è corretto in quanto la nostra Costituzione, come quella di tutti i Paesi democratici, dell’Occidente in particolare, affida proprio agli organismi di partito la rappresentanza del singoli cittadini maggiorenni, non alle persone e nemmeno alle idee, che vengono subito dopo.
La faccio ragionare, e le spiego che un partito è una organizzazione alla quale chiedere dei servizi, e che un simpatizzante o un attivista o un tesserato in qualche modo ne è parte. Ma anche ciascun elettore è interessato alla presenza di buoni partiti, perché una sana concorrenza tra loro è benefica per tutti. Le spiego che nessun candidato da solo ha le competenze per effettuare ciò che compete agli eletti: l’indirizzo è il controllo sull’immenso organismo dello Stato sono fuori dalla possibilità anche del più intelligente ed esperto individuo, perché lo Stato è fatto di un milione di processi, uno più complesso dell’altro e uno più importante dell’altro per la vita di un cittadino, della sua famiglia, delle formazioni sociali ed economiche a cui partecipa. Invece, tali competenze devono essere chieste ai partiti politici, i quali dovrebbero essere organismi compositi che espletano quelle funzioni complessive che sono impossibili a ogni singolo politico: in loro assenza, in assenza di serie organizzazioni di partito, ogni singolo politico è costretto a diventare bugiardo e arrogante, per coprire i suoi umanissimi limiti nella funzione…
Ciò detto, per quale organismo siffatto votare?
Per nessuno, perché questi organismi di partito nella nostra malatissima democrazia non ci sono. Salvo forse uno, che all’analisi socio-organizzativa risponde minimamente ai requisiti: il PD.
Ma, analizziamo subito il campo da questa eccezione. Diciamo subito che il PD:
1. ha una forte ramificazione nei corpi sociali intermedi, che però gestisce in modo opportunistico, la qual cosa è peraltro sbagliata ma comprensibile;
2. ha forte abitudine alla frequentazione dello Stato, la qual cosa di per sé non sarebbe male, se non sviluppasse delle forme perverse di integrazione, il cosiddetto Deep-State, Stato Profondo, ove il partito si fonde con gli uffici pubblici anziché controllarli attraverso i suoi eletti, causando profondi deficit di efficacia e produttività e di legittimità sostanziale;
3. attua una forte selezione centralista dei candidati, seguendo logiche di “carriera interna” anziché di competenza;
4. ha sì un progetto per lo Stato, ma non dialettico: appare una funzione più mimetica rispetto ai poteri forti o alle tendenze correnti che una visione a tutto tondo basati sulla sensibilità civile che il suo sistema gli donerebbe a iosa.
5. ha sviluppato cospicui meccanismi lobbistici, però non sostiene il lobbismo per non fare si che anche gli altri partiti capiscano come fare.
6. solo a questo punto appare la ideologia e la propaganda, che si basa su eventi storici indubbiamente importanti, ma deformati in esagerazioni comunicazionali finalizzate al mantenimento di un vantaggio culturale e istituzionale, rafforzati poi da una certa incidenza sugli organi di stampa.
Tutto comprensibile e, tutto sommato, coerente, in un regime di concorrenza tra partiti… Ma visto che questa dimensione della concorrenza non c’è in Italia, la decisione dell’elettore che si domanda per chi votare è bloccata. Ciò che il PD fa male, gli altri partiti non fanno. Nella mia interpretazione politico organizzativa attuale, escluderei il voto al PD in quanto il suo modello organizzativo porta a una profonda deformazione democratica. Ciò non toglie che, nei suoi modi, Il PD rappresenti una offerta elettorale che, per chi conviene con i 6 punti sopra (certamente persona di bassa cultura democratica) il Partito democratico può rappresentare una soluzione appropriata per il proprio voto.
Il funzionamento di una sana democrazia prevede che partiti politici si confrontino dialetticamente e organizzativamente nel proporre ai cittadini soluzioni che garantiscano il controllo democratico e il corretto indirizzo sullo Stato e, parallelamente, siano dei canali diretti tra l’organizzazione dello Stato e i bisogni dei cittadini. Questo lavoro che viene svolto come descritto sopra dal Partito democratico coi suoi corpi sociali intermedi di riferimento, pur in modo deformato, non è svolto da nessun altro partito dell’arco costituzionale.
Dagli anni ‘90 ai giorni nostri è intervenuto una progressiva diseducazione dell’elettore alla costruzione democratica, rispetto ai requisiti dell’esercizio della propria facoltà di voto e, in stretta conseguenza, dell’esercizio della rappresentanza che gli spetta in Parlamento e quindi sullo Stato. Gli anni ‘90 con la stagione di Mani pulite e il sopraggiunto grillismo casaleggiante hanno distrutto il concetto fondamentale proprio delle democrazie parlamentari. Esso afferma che la rappresentanza del cittadino deve stare dentro organizzazioni capaci, dotate di molteplici professionalità, di strutture competenti, di rapporti sani e costruttivi con i corpi sociali intermedi (sindacati, associazioni, patronati, terzo settore, mondo dell’economia, eccetera) e che eroghino concreti servizi di orientamento del cittadino elettore sostenitore o tesserato rispetto alle funzioni dello Stato repubblicano, di cui ciascun cittadino italiano è anche proprietario insieme agli altri concittadini italiani.
E veniamo ora al punto per cui la mia amica non trova una risposta: ha capito che cosa è il Partito democratico e considera che non faccia per lei. Di fronte alla spiegazione da parte mia sulla natura organizzativa delle altre forze politiche che non hanno nessuna corrispondenza rispetto ai requisiti fondamentali della rappresentanza prevista dalla Costituzione; ha sollevato i sopraccigli e a mostrato un’espressione attonita allargando le mani.
Purtroppo non c’è risposta al momento attuale e anche considerare di votare il meno peggio significa comunque votare delle realtà che non hanno nessun requisito rispetto al principio di rappresentanza costituzionale che sono al limite costituite da persone anche intelligenti e preparate nei loro campi specifici, ma che complessivamente non riescono a produrre quella rassicurazione del rapporto del cittadino con lo Stato che è deputata ai partiti dal buon senso, dalle esperienze estere di democrazia e dalla nostra Costituzione.
Alla sua condizione attonita mi sono trovato a rispondere anche storicamente in un altro modo: queste elezioni politiche sono state indette in estrema urgenza, peraltro con piena consapevolezza di ciò che stava avvenendo, probabilmente con l’intento di danneggiare forze politiche contrarie al processo di integrazione italiana nel mondo europeo, di appartenenza alla NATO e di comprensione rispetto all’utilità addirittura della moneta unica europea. Le condizioni di questa tornata elettorale volute scientemente e in modo tale da avere una alta prevedibilità del loro risultato, in particolare a favore delle forze favorevoli ai tre argomenti citati poco sopra, ha fatto sì che però venisse leso un punto fondamentale del processo democratico: il fatto che in democrazia debba essere possibile presentare partiti cioè organismi di rappresentanza dei cittadini italiani, che abbiano sostegno (le firme) e caratteristiche idonee a questa funzione, anche se non già rappresentate in Parlamento.
Infatti, il meccanismo elettorale che si presenta oggi agosto 2022 alla nostra esperienza, praticamente impedisce alle nuove forze politiche di presentarsi, per via del lavoro insostenibile di raccolta di firme per arrivare a scadenze (ormai superate), nelle quali il partito si presenti agli elettori e possa così qualificare la sua offerta di rappresentanza (e di servizi!). Ecco allora il verificarsi, che ho constatato personalmente in questi settimane, di una sorta di casba, colorito mercato delle partecipazioni politiche a sigle già presenti (quindi esentate dalla raccolta di firme) per procurarsi uno spazio di presenza politica verso l’elettorato ma, più frequentemente, date anche le condizioni, dei posizionamenti nelle liste elettorali che consentissero una qualche probabilità di elezione, per di più in un Parlamento ridotto da 1000 a 600 parlamentari.
Il volto della mia amica da attonito si stava progressivamente trasformando in arrabbiato. Aveva capito che anche questa tornata elettorale non avrebbe soddisfatto il suo bisogno di democrazia. Aveva capito che si sarebbe trovata “tra i piedi” un altro Parlamento imbelle, che non l’avrebbe rappresentata, con tutti i partiti privi di organizzazione e di strutture di servizi, e un solo partito, il Partito democratico, che fa i suoi interessi di casta politica interna e non quelli dell’elettorato (che ha tutto il diritto di non vedere il mondo come lo propongono i dirigenti del PD e la sua organizzazione).
Insomma cari amici, e cara amica mia ora delusa e quasi piangente, la strada per dare alla democrazia italiana una funzionalità moderna comparabile con quella delle altre democrazie occidentali è irta di mille difficoltà: non soltanto di cultura di organizzazione dei partiti ma di cultura del partito, di comprensione della sua importanza, avvilita da eccessi giudiziari degli anni 90 e dagli eccessi vacuamente ideologici e fantatecnologici del grillismo casaleggiante, che ha colpito tante menti fertili e giovani, e che rischia di creare condizioni di pericolo per la sopravvivenza della nostra stessa Repubblica, soprattutto in termini patrimoniali, ma anche in termini filosofici e istituzionali.
La prossima stagione politica che inizia il 25 settembre sarà determinante di sicuro per quanto riguarda i destini dell’importante valore che ha il nostro Paese, l’Italia, europea, occidentale, ma anche degli italiani… Sarà urgente il consolidamento di altre forze partitiche degne di questo nome cioè in grado di corrispondere ai veri effettivi bisogni di rappresentanza dei cittadini. Perché i cittadini non possono (per legge!) e non devono essere considerati semplicemente fornitori gratuiti di un loro diritto, di una loro facoltà (che è l’emblema della loro proprietà della Repubblica italiana), il proprio voto, per darlo a organizzazioni prive dei contenuti necessari alla rappresentanza… Questa è la prima missione che dobbiamo perseguire noi democratici, convinti assertori del bene pubblico e del corretto funzionamento delle istituzioni e dello Stato.
Ricreare al più presto sane e organizzate strutture di partito, con organi operativi interni, volti al servizio dei cittadini e delle tante organizzazioni che compongono un Paese civile e moderno, com’è l’Italia, se non guardiamo la sua tragica, contraddittoria e invalida democrazia.
E dunque, cosa dire alla mia amica? Vota, per non disabituarti, ma non aspettarti nulla di significativo e di nuovo dal prossimo Parlamento: sarà una pena, come il vecchio, solo ancora più acquiescente ai pericolosi poteri forti che non aspettano altro che di avventarsi sulle nostre bellezze e ricchezze.
Poi le ho promesso che farò tutto il possibile per creare qualcosa di buono, che sia utile davvero alla rappresentanza che è democrazia, e quindi di aspettare il prossimo ciclo elettorale. Perché c’è un gran bisogno di democrazia vera, funzionante, e, anche, insieme, di sussidiarietà.
Forse, allora sì… Chissà!