L’alito del Drago, ovvero: la magia del fare (male)


“Anal natrach utvas betod do chiel dienve”, pronunciato dal celtico “Anál nathrach, orth’ bháis’s bethad, do chél dénmha”, letteralmente significa: “Alito del Drago, magia della vita e della morte, preludio di realizzazione”.

Questa era la formula magica che pronunciava Merlino nel film di John Boorman “Excalibur”. Era la “Magia del Fare” e risvegliava l’alito del Drago, che nella rappresentazione era una nebbia magica e impalpabile in grado di portare chiunque ad uno stato di ipnosi permanente, creando così le condizioni per la realizzazione della sacra alleanza dei Cavalieri di Camelot intorno alla Tavola Rotonda intorno a re Artù, ma poteva essere anche un progetto di morte come quello che tentò di attuare Morgana, sopraffatta all’ultimo dallo stesso Merlino che si era risvegliato.
Chi ha un’anima complottista (ma non solo) non può evitare di scorgere analogie con la pandemia che come l’alito del dragone cinese, si è diffusa infettando tutto il pianeta, preludio – perché no? – alla realizzazione di un progetto di morte e forse di schiavitù.
Ma nella realtà, l’alito del drago inizia ad essere evocato molto prima, ed esattamente nel novembre del 2011, quando il governo Berlusconi venne cassato da un colpo di stato internazionale comandato da Francia e Germania (leggi Sarkozy e Merkel) a colpi di spread, che fu fatto arrivare a oltre 700 punti base con pesantissime ripercussioni sulla competitività internazionale delle nostre imprese.
I giornali asserviti al potere globalista titolavano “Occorre fare presto” oppure “Non c’è più tempo”; Romano Prodi pontificava amenità del tipo “Ve l’avevo detto” mentre il debito pubblico era sotto i 1900 miliardi e il rapporto debito/Pil era a quota 116.
Ma la gente comune, le menti semplici, non riuscivano a capire cosa stesse succedendo e quale fosse in realtà la causa di tutto. Pareva ovvio che il problema fosse stato causato dal governo di centrodestra, ma nessuno riusciva a spiegarne i motivi reali, nemmeno in termini macroeconomici. Ma come? si diceva, non sarebbe sufficiente che la BCE acquistasse i titoli di debito (i BOT per intenderci) dei paesi in difficoltà come l’Italia, il Portogallo e la Grecia per calmierare immediatamente gli spread e riportare equilibrio nella competitività all’interno della Comunità, dando al contempo impulso alla crescita? É dal 2008 che il Giappone lo fa ogni anno, ed è un’operazione tecnica che si prende il nome di “monetizzazione del debito”.
I ‘tecnici’ invece dissero che non era possibile (Ma come? In Giappone si può e da noi no? E perché mai?). I soloni da osteria tipo Prodi ma anche i supertecnici delle banche centrali spiegarono che era una soluzione impraticabile perché avrebbe avuto conseguenze dirette ed importanti sull’inflazione, e sarebbe stata penalizzante per le economie europee virtuose (leggi: a nord delle Alpi e ad est dei Pirenei).
La gente comune non capì che tipo di unione cercassero di costituire i partner nordeuropei al momento dell’adesione alla UE, ma negli anni seguenti la cosa apparve molto più chiara.
Nel frattempo il megapresidentissimo della Repubblica, re Giorgio Napolitano, accolse senza un fiato le dimissioni del magnate brianzolo e chiamò l’ex commissario europeo Mario Monti a “traghettare” il Paese fuori dalla crisi. Monti rimase in carica poco più di un anno, fino a dicembre 2012, giusto il tempo di mandare a bagasce le pensioni di un terzo degli italiani e di lasciarci in eredità un debito pubblico salito oltre i 2000 miliardi e un rapporto debito/pil di 126,5. Però le entrate fiscali erano aumentate di parecchio, spesso in modo suicida: il mercato immobiliare, fino ad allora era uno dei motori del Paese, maciullato dalle tasse, il cittadino sempre più vessato dalla burocrazia, nessun ritocco al cuneo fiscale e nemmeno l’ombra di un intervento a favore del popolo che l’unica cosa che vide crescere fu il livello della povertà.
Si era arrivati al paradosso enunciato molti anni prima da Churchill: “Una nazione che si tassa con la speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico.
La manovra voluta dal governo dei supertecnici, fatta di lacrime (della Fornero, coccodrillesche) e sangue (dei contribuenti), era così compiuta. Re Giorgio lodò in Super Mario 1° il salvatore della Patria e si andò ad elezioni più poveri e più mazzolati che mai.
La gente semplice di cui dicevamo più sopra era comunque d’accordo nel ritenere che la situazione italiana calata nello scenario europeo non aveva tratto alcun vantaggio dal governo dei supertecnici, anzi, si era pericolosamente avvitata su sé stessa. Invece per la UE non era così: quella che con Berlusconi era parsa una situazione emergenziale a livello comunitario dopo Monti pareva essere magicamente diventata un problema secondario, gestibile senza grossi problemi malgrado la deriva dei conti pubblici italiani (come più volte preconizzato da Tremonti) fosse disastrosa.
Occorre però dire che non fu tanto l’Italia a mostrare il fianco scoperto de propri limiti economici, quanto l’intero sistema monetario Europeo, al punto che nel 2012 Mario Draghi pronunciò il suo famoso “Whatever it takes”, e 3 anni dopo noi semplici popolani scoprimmo che quello che nel 2011 la BCE dichiarava assolutamente infattibile, nel 2015 era diventato addirittura la normalità.
Da allora oltre un terzo dei titoli di stato emessi dal nostro paese viene regolarmente acquistato dalla Banca Centrale Europea, con il famoso Quantitative Easing, e poiché USA, Giappone e perfino Cina fanno esattamente lo stesso, i rapporti di cambio tra le valute sono rimasti pressoché invariati. Nemmeno paventata ‘spaventosa’ inflazione è avvenuta, anzi, siamo addirittura finiti sull’altro versante, sperimentando la deflazione. Perché? Semplicemente perché a livello globale è stato svalutato il lavoro, e questa svalutazione socialmente criminale ha, nelle more, compensato quella delle valute, mantenendo invariati i prezzi. Peccato che gli altri Paesi nostri partner abbiano incentivato il mondo lavorativo con incrementi anche molto significativi di salario, cosa che invece in un’Italia governata da oltre 10 anni dalla sinistra (che dovrebbe essere attentissima a questi problemi!) ciò non sia accaduto manco per sbaglio!
E così… “Anal natrach, utvas betod, do chiel dienve!”, il drago venne risvegliato e il suo alito fu magia di schiavitù e di massacro sociale.
Lo spread (che strano…) non fu più un problema, perché grazie a questa Magia del Fare (male) l’aumento incontrollato del debito pubblico italiano, giunto nell’ottobre dello scorso anno alla cifra record di 2734 miliardi di euro, e il rapporto debito/Pil al 160% sono diventati magicamente sostenibili.
Com’è stato possibile? La risposta è addirittura banale: a palazzo Chigi è arrivato Super Mario 2°, evocato dal nuovo mago Merlino del Colle che non voleva essere da meno del suo predecessore, così l’alito di morte del drago è stato canalizzato nello strumento atto a realizzare il progetto di una nuova Camelot, un nuovo mondo in cui ogni libertà sarà vincolata al potere supremo di una tavola rotonda a cui siedono sinistri e oscuri personaggi, i quali restando nell’ombra avranno potere di vita e di morte su tutti noi, loro sudditi e servi, del tutto all’oscuro delle trame che vengono tessute sopra le nostre teste.
“Anal natrach utvas betod do chiel dienve” … beh, in effetti se non fossimo menti semplici avremmo dovuto capirlo già allora: una formula magica che inizia con “Anal” non poteva promettere niente di buono, perché alla fine si rivelerà sempre una grossa presa per il culo.

Fonti:
Corriere.it
www.lineaitaliapiemonte.it