Monnézza d’Italia. E nel mondo?


Igor Belansky nelle sue due raffigurazioni ci restituisce plasticamente l’impatto di un annoso problema sull’immagine all’estero del nostro Paese. La monnézza è una piaga, non solo più a macchia di leopardo, che rischia di estendersi all’intera Penisola. Ma gli altri non stanno meglio.
Con disegni di Igor Belansky.

Trasformare i rifiuti in capolavori. Tale pare essere stato l’obiettivo di artisti contemporanei, in un mondo sempre più avvezzo allo spreco e nel quale, se la produzione di beni di consumo si terminasse da un momento all’altro, ci troveremmo completamente spaesati. Se così fosse, forse finalmente potremmo capire come gli oggetti che sembrano aver raggiunto la fine del proprio ciclo di vita, possano in realtà continuare ad esistere in nuove forme, anche artistiche. Ed è l’essenza del riciclo.

Non da simili, eccessivamente ardui, pensieri ha preso il via l’intenzione dell’illustratore Belansky, da genovese e ligure coerente schietto, non incline a voli pindarici. Si è fermato a riaffermare la forza della denuncia riguardo a uno dei misfatti di cui è costellata certa parte della società nazionale sotto gli occhi del mondo. Gli stranieri osservano con costante attenzione l’Italia, spesso la giudicano per non divenire bancomat insoddisfatti della nostra non sempre conveniente industria turistica.

E ci capita spesso di non poter vantare bei biglietti da visita. Uno di essi nel tempo è stato infatti il caso della monnézza, di cui hanno parlato e parlano giornali a livello mondiale, causando effetti nefasti sulla reputazione internazionale del nostro Paese. Il Belpaese ha assunto i connotati dello ‘sporco Paese’, una fama deteriore da cui ci riscatteremo in maniera facile e rapida. Non tanto per gli europei, che bene o male conoscono le differenze tra le varie aree geografiche, afflitte in forma più o meno significativa dal problema, quanto per chi proviene da Oltreoceano, come Stati Uniti, Cina, Giappone, e non riesce a fare troppe distinzioni.

Dati alla mano, era parso che la questione fosse maggiormente appannaggio di una delle regioni più fertili e belle d’Italia, la Campania. Non abbiamo perso la memoria di ripetuti tristi primati, quali le montagne di rifiuti cosparse lungo le strade della città partenopea, come pure la realtà della “terra dei fuochi”, i disastri ambientali in essa compiuti, con danni incalcolabili provocati dallo sversamento di rifiuti tossici prodotti da imprenditori senza scrupoli, smaltiti dalla camorra con la connivenza di politici corrotti.

Sono rimaste agli annali inchieste di giornalisti e di scienziati, con competenze diverse per valutare, ciascuno dal proprio punto di vista, le cause di una catastrofe ecologiche senza precedenti e per proporre possibili soluzioni. Non è qui il caso di ripercorrere gli anni di intricate vicende giudiziarie, analisi di dati statistici relativi all’aumento di patologie tumorali e malformazioni congenite, divulgando, in modo semplice e comprensibile una realtà terribilmente complessa.

Gli impatti devastanti a fasi alterne sulle attività ricettive, l’annullamento di convegni già organizzati, i drastici cali di prenotazioni turistiche, le stagioni compromesse. I conseguenti tentativi delle Autorità competenti per correre ai ripari. Sul fronte turistico, campagne pubblicitarie sui principali quotidiani per promuovere pacchetti di sconti su servizi e iniziative. Quindi, i fatti inerenti al contrasto dei fenomeni illeciti, con la speranza di rompere il patto tra politica inquinata e clan, soprattutto quando il voto è dietro l’angolo. Tutto questo giocato fra infiltrazioni criminali e affari d’oro, circolari del ministero dell’Ambiente, disposizioni da parte delle società partecipate che gestiscono raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Quindi, costantemente in bilico tra legge e crimine, l’arte di spostare il problema, dalle discariche abusive o meno contrapposte ad ipotesi dispendiose, spesso mai attuate, di termovalorizzazione o tritovagliatura, all’alternativa dei viaggi della monnezza verso Veneto e Puglia, fino all’export milionario Italia-Romania per bruciare a costo zero, alle spedizioni via nave da Napoli in Olanda per togliere dalla strada una folla di camion stracarichi.

La tragedia solo campana quella dei rifiuti? Assolutamente no. Ne è afflitta tutta Italia, tutte le regioni, in una questione complessa e ha matrici differenti. Anche in Puglia, in Sicilia, in Calabria la situazione è talmente deteriorata da intravedere l’ingerenza delle cosche malavitose nel business dei rifiuti, con imprese specializzate nel settore che talora eludono la certificazione antimafia o addirittura sono sconosciute al sistema, prosperando in modo anonimo con i subappalti o con la prestazione di manodopera. Diciamo che in questi lunghi anni non ci si è fatti mancare nulla, tra cui le peripezie per montare semplici accertamenti in casi da Commissione parlamentare d’inchiesta.

Non migliore sorte è poi toccata alla Capitale, stando ai fatti più recenti passati alla cronaca. Riguardo alla Città «eterna», eternamente sommersa di «monnézza», l’espressione «Caput mundi», che significa in latino «centro del mondo», non potrebbe ormai essere reinterpretata con la forma maccheronica: «Caput monnézzae»?

Dunque, Roma centro della «Monnézza», il termine romanesco che richiama la spazzatura, l’immondizia. Ma ancora il latino, e di riflesso l’italiano, non finiscono di stupirci. Se «mondo» (lat. «mundus») nell’accezione comune equivale a dire «terra», cioè il nostro pianeta, in senso arcaico o figurato vuol dire «terso, pulito, privo di impurità».

Ulteriormente, «mondo» e «monnèzza», entità nel concreto opposte, sono in fondo due facce della stessa medaglia, avendo radici comuni. La seconda parola era infatti in origine «immondezza» (dal lat. «immunditia», derivato di «immundus», «immondo», contrario quindi di «mondus» e «mondo»), per aferesi è poi diventata «mondezza» e finalmente «monnézza». Strane ma vera contraddizioni del significato attribuito alle parole. D’altro canto, le contraddizioni romane sono sotto gli occhi di tutti: la città, produttivamente spenta nelle sue istituzioni principali, risente di un degrado generalizzato tale che meraviglia il fatto che riesca, sebbene a stento, a sopravvivere all’anarchia.

Certo non risulta opportuno dilungarsi a parlare di etimologie, di calembours. Problemi, responsabilità, misure improcrastinabili sono purtroppo oggi commisurati alla gravità a cui assistiamo da giorni di roghi improvvisi che scoppiano a Roma al Centocelle e in altre località. Sono roghi di rifiuti. Sono roghi che hanno dietro un’unica regia: quella delle ecomafie. Una capitale, la nostra meravigliosa Roma, caput mundi, ferita, che è sotto assedio. E’ assai meglio spendere parole soltanto per gridare forte e chiaro un allarme. A chi? All’addormentata classe dirigente. Accesa la torcia, pare che un redivivo Nerone si gusti lo spettacolo dal palazzo imperiale suonando la lira…

Questo è il senso drammatico della questione. Tuttavia, se vuole, c’è un sindaco, Roberto Gualtieri, che dispone dei poteri speciali per poter far fronte a questi problemi. Non è certo questo il momento di fare speculazioni politiche, di produrre divisioni, di contestare o protestare basta. Invece è giunto il tempo di un’unità di intenti, perché i romani, le romane colpiti da questi disastri non debbano perire, non debbano avere fastidi più di quelli che già hanno. Si tratta di un popolo romano che speriamo che non venga visto dall’estero con la stessa immagine disperata e grottesca di «Er Monnèzza», il celebre personaggio cinematografico interpretato negli anni ’70 da Tomas Milian.

Roma, con la sua gente non se lo meriterebbe. Parliamo della capitale del mondo non d’Italia, quindi di un patrimonio universale che, per il suo splendore, per la sue vestigia, la sua cultura, le sue origini deve essere attenzionato in maniera diversa. Anche qui, sarebbe ragionevole che si mettesse mano immediatamente a una cabina di regia, per risolvere il problema dei rifiuti, per creare modernizzazione e dunque il rilancio della città. Tutto ciò ancora trovando il sistema di poter distruggere i rifiuti senza inquinare, quindi non i termovalorizzatori ma altre formule, elettrolipolisi o quant’altro, che possano ridurre l’impatto ambientale. Inoltre, Roma deve essere curata in maniera diversa e la polizia municipale deve sanzionare chi sporca la città, chi butta plastica in giro, chi deturpa le sue incommensurabili bellezze.

È chiaro che tutto questo va fatto nel bene non solo di una città, Roma, ma di tutta l’Italia, perché ne va della nostra immagine nazionale. Non c’è da scherzare. Faccio un esempio. Il turismo internazionale, che arriva a Roma, deve avere tutti i servizi di accoglienza e trasposto fruibili. Deve essere circondato da bellezza, da storia, non da «monnézza» e da problemi simili. Insomma, chi comanda non può perdersi in quisquilie! Quest’ultimo, un termine che giustappunto deriva dal latino quisquiliae -arum, propriamente «immondezza, feccia» … Un mare di disagi circonda invece questo periodo, quello di luglio, che di per sé è veramente un periodo di caldo, di stress, di spostamenti frenetici, di arrivi in alberghi spesso in difficoltà. Ma ricco anche di attrattive di ogni genere da offrire ai visitatori.

Ma davvero queste città, queste regioni – e l’Italia – sono le più sporche del mondo? Chi ha viaggiato saprà bene che di posti sporchi sulla faccia della terra ce ne sono tanti. A partire dall’emisfero meridionale, come il Sud America, il Sud Est Asiatico – a parte Singapore, chiamata la ‘Svizzera dell’Asia’ -, oppure il Sud Africa. Secondo la britannica Time Out, rivista specializzata nel settore dei viaggi, la quale svolge tra i propri lettori un sondaggio che copre ogni anno 328 città a livello mondiale, nel 2021 oltre a Roma, Bangkok e New York erano le tre città più sporche del pianeta. I risultati vengono poi utilizzati per trovare la città migliore del mondo, nello stesso anno era San Francisco.

Monnézza problema, dunque, fra i tanti, cambiamento climatico, crisi degli ecosistemi, inquinamento, esaurimento delle risorse, collasso ambientale: vi sono ancora ampie zone dove non sempre esistono impianti igienici e tutto ciò che non serve viene gettato fuori dalla finestra. Se questi sono i Paesi, considerati Terzo Mondo, c’è ancora molto da fare. Stupisce, invece, che anche cosiddetti Paesi civilizzati siano tuttora poco evoluti dal punto di vista igienico. Ed avviene nell’Antropocene – l’epoca dove per la prima volta gli esseri umani sono una forza della natura superiore alle altre, una forza capace di determinare il corso della storia del pianeta Terra, con aspetti che si ripercuotono su ecologia, ambientalismo, antropologia, sociologia e scienza politica, attraverso le domande principali poste dall’etica dell’ambiente e dalla filosofia politica.

Esiste un esteso dibattito internazionale che ormai da decenni ha assunto come emergenza la monnézza, dibattito che ha visto la pubblicazione di centinaia di volumi a cavallo tra diverse discipline. Ma in quest’epoca, dove a rischio è l’esistenza di tutti i viventi, al riguardo come a Belansky ci piace restare con i piedi per terra. Sicuramente sarebbe d’auspicio immaginare un paradigma di azione basato su nuove forme di partecipazione individuale e pratiche collettive. Quindi ben volentieri lasciamo ai grandi scienziati e, se quest’ultimi non bastano, a nuovi profeti come Greta Thunberg, l’icona del movimento climatico, che sta diventando in fretta una figura di culto morboso, il compito di salvare il pianeta.

In conclusione, non ci resta che analizzare le politiche concrete che sono state impiegate nei tempi recenti. È ora che finalmente si giunga a quelle misure che dovrebbero essere adottate da un governo attento. Come popolo elettore, dobbiamo impegnarci, e dovremo impegnarci, affinché venga messo in risalto, in tutta la sua gravità e urgenza, questo problema annoso. Altro non è che una delle battaglie di verità necessarie per conoscere ed invertire la rotta dell’autodistruzione.