Il mistero di Valle Christi


Il monastero di Valle Christi, sopra Rapallo (GE), è stato realizzato nei primi anni del 1200 e si narra che al suo interno fu murata viva una suora colpevole di un amore proibito.

Nel XII secolo Genova è travagliata dalle continue sanguinose contese fra le opposte fazioni che lungamente tormenteranno la vita dell’antica repubblica marinara. Il governo dei consoli non riesce a contenere le violente discordie che sfociano in una vera e propria guerra civile, pertanto si approda quindi alla nomina di un podestà, chiamato da fuori, nella speranza che sappia superare le divisioni di parte e riportare la pace tra i genovesi.
In uno di questi ripetuti scontri fratricidi, nel 1187 era stato assassinato il console Angelo De Mari, gettando in un dolore sconfinato la sposa Attilia Malfante.
Da questa tragedia scaturirà alcuni anni dopo la nascita del Monastero di Valle Christi sulle coline prospicienti la cittadina di Rapallo, nei luoghi dove già sorgeva la chiesa di San Massimo, contornata dall’omonima frazione e dalla minuscola parrocchia.
Desiderando reagire al clima di odio imperante e nella appagante visione di un’oasi di serena pace religiosa, l’infelice Attilla trova condiviso il suo disegno da un’altra nobile genovese, che i documenti indicano solo col nome di Tibia e che parrebbe essere parente se non addirittura sorella di Attilia. Entrambe decidono così di far sorgere, nella campagna retrostante Rapallo, ove possedevano terreni, un centro di preghiera e di meditazione che accolga monache di clausura.
L’Arcivescovo di Genova, Ottone Ghilini, asseconda con ampie lodi l’iniziativa delle due generose promotrici e, solennemente, con atto del 29 aprile 1204, accetta la donazione.
Il monastero venne posto sotto la giurisdizione diretta della Santa Sede, esentandolo così dalle tasse e collette imposte dalla Curia genovese.
Non conosciamo quando i lavori per l’erezione del complesso monastico ebbero inizio e se la prima costruzione ebbe già quelle linee architettoniche che oggi possiamo individuare dai ruderi che ci sono rimasti. Si sa comunque che lavori terminarono nel 1206 e il monastero venne fatto abitare da suore di clausura cistercensi che vi rimasero per quasi 300 anni. Nel 1508 vi si insediarono le monache (sempre di clausura) dell’Ordine di Santa Chiara. Fu soppresso nell’agosto del 1527, ma l’ufficialità sopraggiunse solo nel 1573.
È da presumere che nei tre secoli e mezzo di vita siano stati apportati non pochi ampliamenti e rifacimenti, ma è indubbio, comunque, che l’impronta superba dei maestri comacini che vi operarono sia ben definita, con l’armonia delle linee gotico romaniche amplificate dalla suggestività del luogo.
Il campanile romanico dalla svettante cuspide ottagonale e gli archetti a sesto acuto ch tradiscono il retaggio dell’architettura gotica, con le colonnine leggere che adornano la cella campanaria, l’abside rimasta pressoché integra ed i frammenti di mura, che con le vive pietre squadrate mostrano il robusto sviluppo dell’edificio, fanno da cornice al pavimento di mattoni corroso dal tempo ed ai gradini sbrecciati che l’erba costantemente si sforza di conquistare.
Le prime religiose che presero possesso del Monastero, come detto, erano dell’ordine cistercense, una emanazione di quello benedettino. Anche la dedicazione a “Santa Maria in Valle Christi” riecheggia i cenobi, pure benedettini, di Chiaravalle, Vallechiara, Valleverde ed Altavalle.
Il Monastero conobbe notevole sviluppo e nella sua chiesa ebbe particolare venerazione la reliquia di San Biagio, donata alle monache probabilmente da un capitano genovese al seguito di Gaspare Spinola nella fortunata spedizione in Dalmazia del 1380.


In seguito, la preziosa reliquia di San Biagio sarà invece traslata alla Basilica dei Santi Gervasio e Protasio in Rapallo, ove ancor oggi viene esposta alla venerazione dei fedeli per la festa il 3 febbraio.
Nel corso dei secoli le mura di Valle Christi, sgretolandosi, hanno fornito il materiale per la costruzione di case coloniche, mentre anche gli edifici attornianti la chiesa ed il chiostro diventarono il focolare ed il ricovero per i lavori di famiglie dedite alla vita dei campi.
Nel 1903 arrivò la nomina a monumento nazionale italiano con i relativi restauri diretti dall’architetto Alfredo d’Andrade (lo stesso che restaurò il castello di Pavone presso Ivrea e fece aggiungere le torrette al torrione del castello di Saint Pierre in Valle d’Aosta. Nuovi interventi sono poi sopraggiunti negli ultimi anni del Novecento, dopo un periodo di abbandono totale, rendendo questo luogo ancora più affascinante e suggestivo, tanto che oggi è teatro di appuntamenti culturali specie nel periodo estivo, ed è inserito all’interno del campo da golf cittadino.
Tra le rovine, sebbene non sia possibile accertarne la collocazione, e situata la sepoltura di Erdiprando da Vidigulfo, monaco benedettino con un passato di soldato del Sacro Romano Impero, uomo di grande cultura e saggezza, il quale nelle sue “Cronache” di cui ci sono giunti solo frammenti e citazioni si pone l’accento sul ruolo di guida dell’Imperatore, che dev’essere un padre ed un pastore per il suo popolo, senza alcun desiderio di predominio sugli altri popoli. Erdiprando fu ucciso mentre tornava a Valle Christi da una questua da briganti che lo assalirono a tradimento.
Il complesso monastico duecentesco è inserito nella lista dei monumenti nazionali, e il grande fascino che emana non è dovuto solamente alla struttura sacra, ma anche ad una storia misteriosa che pare abbia avuto un tragico epilogo fra le sue mura, di cui diremo più avanti.
L’ubicazione poco soleggiata del convento, che favorisce la crescita di muschi e licheni, e lo stato di quasi totale abbandono, esaltano il fascino un po’ lugubre delle strutture gotiche, delle volte a crociera basse e buie, della totale assenza di ogni compiacimento decorativo, secondo la ferrea regola cistercense. In una posizione così particolare, in cui il monastero slancia le sue linee sul verdeggiante sfondo della collina, non possono mancare le leggende: in particolare si narra di un mistero legato a una suora e a un amore impossibile e proibito.
Si racconta infatti che una delle monache di clausura che hanno abitato il monastero di Valle Christi si sia innamorata perdutamente di un pastore. La relazione sentimentale la portò a trasgredire le regole della clausura, ma soprattutto della castità. Il risultato di questa passione segreta fu una gravidanza che la condusse ad un destino crudele: la sua colpa infatti venne punita murandola viva  in una delle celle del convento con la piccola creatura che aveva dato alla luce.
Si dice racconta che nelle notti senza luna si possa sentire salire dalle rovine un lugubre lamento che si diffonde nella campagna. Secondo alcuni è la voce disperata della suora, secondo altri è il lamento di Erdiprando da Vidigulfo.
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Fonti:
www.comune.rapallo.ge.it
wikipedia.it