Le bottiglie di Vostro Odore


In ufficio trovate decine di bottigliette contenenti un «liquido di colore giallastro». Il giudice: «Per la promiscuità nei bagni del tribunale nella fase dura di Covid temevo di contagiarmi».

Poche settimane or sono, al tribunale di Catania negli uffici della quinta sezione civile, si era reso necessario accogliere i nuovo funzionari dell’Upp (Ufficio per il processo), che la riforma Cartabia prevede. Catania è sede di un progetto-pilota a livello nazionale, per il quale coi fondi del PNRR ne sono stati destinati 130: 63 per il solo settore civile, di cui 10 alla quinta sezione. Si era reso necessario quindi trovare un posto a sedere per questi nuovi operatori, riprogettando gli spazi di un ambiente non certo dei più spaziosi.
Per ricavare alcuni posti in più in una stanza già condivisa da alcuni magistrati, si era reso necessario lo spostamento di un pesante armadio con vetrina, solitamente utilizzato da un giudice. Per facilitare il trasloco del pesante mobile, gli addetti avevano quindi pensato di alleggerirlo vuotandolo almeno in parte. Vengono quindi aperte le ante inferiori, le uniche non chiuse a chiave, e con enorme stupore dei presenti, si scopre che su due ripiani sono stipate decine di bottigliette di plastica da mezzo litro dello stesso tipo e delle stesse marche di quelle presenti nel distributore automatico del tribunale. Dentro, però, non c’è acqua minerale, ma un liquido che verrà sommariamente definito come «di colore giallastro».
A questo punto il trasloco è stato sospeso in attesa di chiarire provenienza e contenuto delle misteriose bottiglie. Ci si chiede anche da quanto tempo sono lì, visto che alcune recano la data di scadenza del contenuto originale nel 2021. Ma soprattutto, chi le ha messe nell’armadio?
Il presidente della quinta sezione civile, Francesco Cardile viene informato dei fatti, e a sua volta segnala riservatamente il caso al presidente del tribunale, Francesco Mannino. Sentiti i testimoni del ritrovamento e alcuni magistrati, che danno tutti la stessa versione dell’accaduto, Mannino e Cardile qualche giorno dopo, (non c’è mai fretta nei tribunali) effettuano un sopralluogo nella stanza: riaprono il mobile e verificano che il contenuto è proprio: un numero imprecisato di bottigliette contenenti un liquido giallastro, sistemate in piedi accanto ad alcuni fascicoli.
Ovviamente viene chiamato in causa il magistrato titolare dell’armadio (anche se non è dato a capir dove fosse fino a quel momento e per tutto il tempo trascorso dal ritrovamento degli strani reperti). Il magistrato, forse un po’ contrito, ammette che le bottigliette  sono di sua proprietà. Non soltanto le decine scoperte per caso dai traslocatori, ma anche quelle conservate in un altro mobile della stanza, che però risultava chiuso a chiave. Quindi, confermando quanto già detto ufficiosamente alla collega all’indomani del ritrovamento, conferma che la natura del contenuto: «… è mio materiale liquido organico». Di fronte all’ovvia sorpresa dei suoi interlocutori, racconta di quanto fosse impaurito, soprattutto durante la fase più pesante dell’emergenza Covid, dal rischio di «promiscuità» nei bagni del tribunale, in uso sì ai magistrati ma aperti anche al pubblico. Per questo pare che il magistrato avesse preso l’abitudine di fare i propri bisogni a una distanza diciamo… di sicurezza dalla toilette, oltre a quella di disinfettare la sua scrivania ogni mattina arrivando al lavoro. All’ovvia domanda successiva (perché  quelle bottigliette sono ancora lì?) lo sbadato togato sembra si sia giustificato dicendo che talvolta «per leggerezza e sbadataggine» non le aveva portate via; ecco perché si sono accumulate negli anni!
Il magistrato si è quindi impegnato con il suo presidente a rimuovere e smaltire immediatamente gli ambrati contenitori, cosa che risulta abbia fatto con estrema solerzia.
Naturalmente, come ci si doveva aspettare, la notizia fa il giro del Tribunale e per giorni e settimane il nome dell’ “imbottigliatore di pipì”è sulla bocca di tutti. Circolano anche alcune foto in rete, non si sa bene su quale social, degli strani reperti.
Per carità di Patria i dipendenti del Palazzo di Giustizia catanese fanno muro e non rivelano l’identità del titolare della piscioteca, sebbene voci incontrollate accreditino lo strano magistrato di essere uno tra i più competenti, puntuali ed equilibrati» dell’intero settore civile.
Naturalmente la notizia è destinata a morire com’è nata, finendo in un WC e tirando lo sciacquone. D’altronde su cosa si potrebbe basare un procedimento disciplinare, sull’abbandono di rifiuti? Ma erano ben conservati, mica abbandonati! E poi per che motivo bisognerebbe sanzionare un giudice che fa – pare – bene il suo lavoro, solo per una sbadataggine?
Con tutti i giudici che nei loro armadi hanno fior di scheletri, ce la dobbiamo prendere con uno che nel suo conserva bottiglie di urina? Suvvia!
Semmai, ci chiediamo che fine avranno fatto i contenitori dell’altro materiale organico, quello solido, che il magistrato timoroso di beccarsi il carognavirus non avrà certo depositato nei bagni del Tribunale.
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Fonti:
Mario Barresi (La Sicilia, 22 giugno 2022)
www.agi.it