Non un nuovo partito ma un partito nuovo


“Democrazia e Sussidiarietà”, dalla dottrina sociale alla politica sul campo.

Nel campo dell’organizzazione di un partito, siamo a cavallo di diritto costituzionale, pubblico, privato e amministrativo. È materia certamente complessa, si deve cominciare, e confrontarsi con le normative democratiche estere esistenti in materia. E fare non solo filosofia del diritto, che non ci serve molto, ma proposte di testi. Per la Sociatria organalitica la politica sono fatti. In democrazia, fatti di serio orientamento, indirizzo, e controllo dello Stato.
In Italia il problema è oggi l’assenza di organizzazioni politiche in grado di esprimere questi fatti. La democrazia idealmente e concretamente, seppur in modo imperfetto, è fatta di visioni concorrenti espresse da partiti che dovrebbero avere analoga capacità d’indirizzo e controllo dello Stato.
Il gioco democratico ha le sue armonie e sintonie, anche nella competizione.
La “nostra” democrazia, che non è quella ateniese o di Aristotele, ha strutture definite e non travalicabili. Alcuni aspetti marginali sono anche programmatici.
Ma soprattutto si tende a dimenticare un tema vitale: la democrazia amministrativa.

Cioè il modo attraverso cui lo Stato agisce nel bene del Popolo. La Pubblica amministrazione esiste per le funzioni operative in modo stabile e attende indirizzo e controllo dagli eletti. Così in tutte le democrazie. l collegamento tra Popolo e Stato sono gli eletti e i Partiti che li esprimono, in modo vari a seconda dei ruoli nello Stato. Viene infatti come modus operandi. Un partito deve essere così, sano.
Invece, se è malato, genera individualismo e fuoco amico.
I contenuti tecnico-operativi dell’amministrazione pubblica sono espressi nel modello italiano (che è quello di matrice francese, cioè senza spogliamento dei vertici tecnici da parte degli eletti) dai cosiddetti “uffici” e dai dirigenti dipendenti delle amministrazioni. Questi soggetti detengono le competenze tecniche di tipo esecutivo, e sono strutturati in modo permanente in organizzazioni complesse di dimensioni variabili. Ivi, hanno tutto ciò che serve per operare nei settori di competenza appunto (servizi sociali, infrastrutture, territorio, strade, sanità, tributi, sicurezza, giustizia, ecc. ecc.).
Di per sè, se si lasciano operare queste strutture, esse svolgono il loro lavoro anche senza la garanzia che sia il migliore per la comunità. Questa è la tecnocrazia, un potere esistente che deve essere bilanciato dal potere politico in democrazia per evitare che risulti arbitrario.

Lo studio e la prassi delle democrazie hanno messo a punto diversi modelli per fare sì che lo Stato (fatto da una miriade di “uffici” come sopra, nelle sue varissime articolazioni) non cada nella tecno-crazia (potere dei tecnici) ma operi per il popolo (demo-crazia). Il nostro modello prevede che gli eletti rappresentanti del popolo indirizzino e soprattutto, professionalmente rilevante, controllino l’operato degli uffici. Solo così si evita la tecnocrazia: per cui gli eletti devono essere competenti dei settori di delega, altrimenti sono inutili e dannosi alla democrazia, che si struttura nei comportamenti concreti della amministrazione pubblica.

Nessuna politica senza democrazia amministrativa sarà mai realmente democratica.
Sarà sempre uno specchietto per l’allodola elettore e per la promozione d’interessi parziali. Segnalo che tra i Paesi civili, l’Italia è ridicolmente indietro a sinistra e a destra su questo piano fondamentale.
Solo delle organizzazioni serie e professionali, consapevoli del loro ruolo e non succubi di leaderismo e carismatismo sudamericani, né di potenti tycoon, né di interessi solo di parte (ma anche di parte sì, accanto alla comune difesa della democrazia) come devono essere i partiti anche in Italia (perché nei Paesi civili sono già così da almeno 70 anni) possono svolgere al meglio questa funzione.

Dunque, partiti funzionanti contro tutte le lesioni della democrazia e i rischi di arbitrio, tra cui la tecnocrazia.
In tutte le organizzazioni complesse, inclusi i partiti, ad esempio, il funzionamento manageriale è quello che garantisce meglio di ogni altro il processo di selezione di personale politico idoneo all’indirizzo e al controllo anche della cosa pubblica, essendo basato sulla separazione funzionale delle competenze e su meccanismi collegiali per la cooptazione ai livelli più elevati.
Si tratta di un’acquisizione fondamentale di tipo socio-antropologico da manutenere con estremo rispetto.