5 Stelle: la fine è vicina


Ormai manca meno di un anno alla fine naturale della legislatura, e non ho alcun dubbio che ci arriveremo, data la protervia con cui tutti i partiti che sostengono il governo fanno la qualunque per rimanere in sella fino alla fine, nonostante debbano quotidianamente fare salti mortali carpiati per tradire la fiducia dei loro elettori il più possibile a loro insaputa.
Assistiamo infatti ogni giorno a dichiarazioni apodittiche su questo e su quello, ma poi alla fine vince sempre re Drago I°, con le buone oppure sventolando l’arma del voto di fiducia, più temuto che le bombe atomiche di Putin.
Così Salvini si scaglia contro la messa all’asta degli stabilimenti balneari, ma poi china la testa e vota come vuole il padrone. Sa che ormai anche per lui sono finiti i giorni di gloria e vede sfoltirsi ogni giorno che passa la rappresentanza parlamentare della Lega.
Così Conte grida no alle armi per l’Ucraina e poi si mette a bucoritto aspettando impavido il siluro che lo affonderà tra un anno e giura che sosterrà il Governo fino all’ultimo (e ti credo!).
Letta invece fa il pesce in barile (strizzando forse l’occhio alle sardine per le future liste) e si appiattisce sulle posizioni del premier qualunque cosa egli dica, vuoi per puro leccaculismo pre-elettorale, vuoi per mostrare al popolo che lui e solo lui è l’alfiere del salvataggio del Paese, contro tutti i populismi e tutti i sovranismi.
La Grande Paura è dunque il sacrosanto diritto del popolo al suffragio, purtroppo universale. Dico purtroppo perché a sentire le interviste di molti giovani analfabeti funzionali fuori dai pub e dalle discoteche c’è da chiedersi se davvero uno che pensa che gli italiani siano in tutto centomila o che le Regioni siano 42 possa avere il diritto di esprimere un voto politico.
A ciò ci ha portato mezzo secolo di governi di sinistra, con la scuola ormai relegata a una cosa di cui purtroppo non si può fare a meno, ma che non deve istruire troppo perché il popolo si governa meglio se è ignorante. Non fu solo il ’68, fu tutta la tragica sequenza di avvenimenti che seguirono a condurci su una china ormai quasi impossibile da risalire.
E, come ci si doveva aspettare, i risultati saltano oggi agli occhi perché hanno raggiunto i banchi del Parlamento.
Una volta fare politica era una cosa seria: c’erano le scuole di partito che oltre ad indottrinare formavano i futuri governanti. Oggi invece la politica è considerata una burla, una cosa che anche un bibitaro dello stadio senza titoli di studio particolari può esercitare ad altissimi livelli.
E alla fine sono arrivati i pentapitechi, Il loro capobanda urlava, tra un vaffa e l’altro, di voler aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Oggi ha perso totalmente il suo carisma, ha dovuto persino lasciare il bastone del comando a un essere inesistente che si dice faccia l’avvocato e si è rifugiato nella sua villa in attesa che gli condannino il figlio per stupro, cosa che, naturalmente, siamo ben lungi da augurargli.
Così adesso i pentapitechi si aggrappano a tutto pur di non affondare; i sondaggi sono impietosi e il vincolo dei due mandati sta diventando anche una zavorra eccessiva, tanto che qualcuno ha proposto di candidare in Regione chi non sarà più eletto in Parlamento. Di tutto, pur di continuare a puppare soldi ai contribuenti e a fargliene sprecare con quella farsa di reddito di cittadinanza utile come uno sfintere sul gomito, estremo vertice della più colossale montagna di letame che un partito abbia mai creato.
Cari pentapitechi, abbiamo visto come siete stati bravi a governare. Siete stati e siete ancora la più grande nullità che la politica abbia mai espresso. Il fatto che affermiate di credere davvero in ciò che dite non fa altro che confermare la vostra crassa ignoranza delle Civiche Istituzioni e il vostro menefreghismo del Bene comune. Siete politicamente dei parassiti; avete mentito non solo ai vostri elettori, ma anche a voi stessi, alleandovi proprio con coloro che più avversavate (abiura ricambiata, del resto, vero Zingaretti?), coprendovi di ridicolo e di disprezzo pur di mantenere i vostri culi al caldo su uno strapuntino.
Politicamente siete la vergogna d’Italia e alla prossima occasione vi faranno sparire; ecco perché fate di tutto per prolungare la vostra agonia: sapete che la vostra esistenza ormai ha le stesse chances di un gatto sull’Aurelia e temete la fine di questa legislatura perché sarà anche la vostra fine: il popolo farà giustizia della vostra ignobile tracotanza.
Sarà già un grande risultato se sarete ridotti a un prefisso telefonico.