Non scherziamo: il macellaio non ha ragioni


Moni Ovadia ha rilasciato giorni fa un’intervista al quotidiano Il Riformista in cui appoggia le parole del pontefice che condanna l’aumento delle spese per finanziare una guerra.
Detta così, non sembrerebbe nulla di strano, anzi, si direbbero parole apprezzabilissime da qualunque mente sana. Malauguratamente l’attore e e scrittore di origini ebraiche si spinge oltre: “Il pensiero militarista, e le sue miliardarie ricadute affaristiche, sono il frutto avvelenato di un’ideologia atlantista. Ora, uno è libero di pensare che l’atlantismo è utile, però c’è tanta altra gente che pensa che sia un ferrovecchio. Si devono confrontare le opinioni, però lealmente, senza assumere quell’aria di chi pensa, davanti all’interlocutore che dissente: “come si fanno a dire queste cose che non stanno né in cielo né in Terra?”. Non è così che si fa. Un interlocutore lo si ascolta, si analizzano le sue argomentazioni e si risponde nel merito. E il merito è molto più complesso di quello che i “pensatori” in divisa vorrebbero far credere…” (da Il Riformista)
Sebbene conosciamo Ovadia come un provocatore molto acuto, peraltro noto a livello artistico e politico solo in Italia, non possiamo approvare questa linea di pensiero che presenta in sé due punti essenziali altamente criticabili.
Il primo punto è la critica tout-court all’atlantismo, fatta da un cittadino del mondo occidentale che – pur nelle sue continue contraddizioni e manifestazioni sempre “poco allineate” accetta pur sempre il regime di vita di questa parte del pianeta, con le sue incongruenze ma con un notevole carico di benessere portato proprio dalla comunità di intenti e di morali di cui sono intrise le due sponde dell’Atlantico.
La seconda critica che si deve muovere a Ovadia sta nel suo porsi dalla parte della ragione a prescindere. Quando esorta a considerare le voci di chi dissente non lo fa con l’intento di promuoverne l’ascolto: dalle sue parole traspare (ed è un difetto di gran parte della sinistra italiana) la convinzione che quelle voci devono essere ascoltate perché sono nel giusto!
Da ciò discendono poi le considerazioni che Ovadia fa relativamente alle ragioni dei due contendenti in Ucraina, e qui devo allargare il mio discorso ad una platea molto più vasta di un solo attore.
Mi rivolgo, quindi, a tutte le persone che in queste ultime settimane hanno, in un modo o nell’altro,sostenuto almeno in parte le ragioni di Putin. Pur nella mostruosità di tali affermazioni vanno considerate le ragioni che per certuni devono essere tenute in conto, prima di tutto il fatto che da otto anni l’esercito ucraino sta bombardando le popolazioni del Donbass.
Bisogna subito sgombrare il campo da un falso ideologico clamoroso: dal 2014 nel Donbass è in corso una guerra civile, iniziata nel momento in cui i russi hanno annesso la Crimea con un referendum fasullo e la popolazione russofona delle regioni ucraine orientali hanno pensato che fosse giunto il momento di distaccarsi da Kiev per ritornare nel grembo della Grande Madre Russia. Quest’ultima non si è fatta pregare a fornire le armi alla fazione separatista e gli scontri, anche molto sanguinosi si sono succeduti per otto anni senza che nessun occidentale se ne avvedesse. In altre parole, non gliene fregava niente a nessuno, in primis agli Stati Uniti, che invece di spingere sull’acceleratore dell’allargamento della NATO avrebbero dovuto accorgersi che stavano superando quella sottile (ma ben visibile!) linea rossa che avrebbe portato a conseguenze gravissime.
Ma prima Trump, che addirittura volva bombardare la Russia con aerei sotto falsa bandiera cinese, e poi Biden, del cui figlio conosciamo bene gli interessi miliardari nei gasdotti che attraversano l’Ucraina, non hanno mosso un dito per frenare questa espansione suicida, finché non si sono accorti che era troppo tardi. O quasi… Sì, perché ai primi di febbraio Biden, invece di gufare sull’ammassarsi di truppe ai confini ucraini avesse imposto uno stop alle velleità di Zelenskij, bloccando qualsiasi possibilità di ingresso nella NATO e, magari, proponendo uno status di Stato cuscinetto, una neutralità che già allora doveva sembrare una soluzione ovvia, non si sarebbe giunti alpunto in cui ci troviamo.
Ma Biden è sempre stato amico della lobby dei fabbricanti di armi e di tecnologia militare; c’è la sua ombra dietro a molte guerre che gli USA hanno combattuto in un passato anche recente. Così adesso ha combinato il suo capolavoro: ha portato all’Occidente una crisi da cui usciremo solo con le ossa rotte, ha provocato una guerra sanguinosa nel cuore dell’Europa senza schierare un solo uomo, ha messo tutti i Paesi del Patto Atlantico sotto scacco del macellaio di Mosca e adesso ci venderà pure il gas, mentre noi anziché mandarlo dove merita gli dimostriamo appoggio e gratitudine!
Detto ciò, e tornando al discorso iniziale, è bene non dimenticare mai che la Russia è il Pese invasore, che sta massacrando donne e vecchi con bombe al fosforo (vietate, con bombe a grappolo (vietate) e con missili ipersonici (vietati pure quelli). Tuttavia i buonisti, gli irriducibili della sinistra, i nostalgici del comunismo, e mettiamoci pure i male informati che forse sono la maggioranza, continuano a insultare quel presidente attore (ma Reagan, allora?) che oggi è diventato un simbolo sacro per il suo popolo. Può darsi che alle prossime libere elezioni venga sconfitto (è accaduto anche a Churchill, nessun disonore quindi) ma ora è il rappresentante di quell’Ucraina che non si vuole piegare, che probabilmente subirà un secondo Holodmor come nel 1937 e non si piegherà ai criminali post-sovietici.
Putin, da questo punto di vista ha già perso. Forse, paradossalmente, ha meno sostenitori a casa sua di quanti ne abbia in Italia, dove abbiamo schiere di benpensanti che condannano con feroce sdegno i massacri avvenuti in Donbass negli ultimi otto anni, senza voler minimamente sforzarsi di capire che i massacri c’erano da entrambe le parti. Era una guerra civile, gente, non una pulizia etnica! Eppure sono gli stessi che oggi si svegliano e criticano i bombardamenti della NATO su Belgrado e nella guerra del Golfo, mentre a quei tempi facevano il tifo per Rossigni e Cocciolone e per chi sganciava più bombe e più proiettili all’uranio impoverito dai Tornado.
A tutti costoro, compreso il sig. Ovadia, chiedo: dov’eravate negli ultimi otto anni? Come mai solo adesso vi svegliate a maledire l’America mentre mangiate i suoi hamburger e guardate i suoi film? Avreste dovuto iniziare molto prima a maledire lo Zio Sam, non oggi, che forse è il solo a poterci fornire un ombrello contro una pioggia di testate atomiche!
Vediamo cosa dirà Moni Ovadia se il macellaio del Cremlino deciderà di invadere anche la sua natia Bulgaria. Magari sarebbe capace di approvare: non ci sarebbe da stupirsi visto che da ebreo bastian contrario appoggia le ragioni dei palestinesi. Eppure non mi risulta che lui e gli altri che oggi buttano la croce addosso a Zelenskij si siano mai spesi dal 2014 al 24 febbraio scorso a favore dei russi d’Ucraina. Invece adesso, tutto a un tratto, si mettono a dare addosso a un popolo invaso e massacrato.
Auguro a tutti loro un biglietto di sola andata per Kiev, insieme a prurito al culo e braccia corte.

Note:
Moni Ovadia è tante cose. Attore, cantante, musicista, scrittore. Soprattutto, è uno spirito libero che sa andare controcorrente, che non ha paura di “provocare”. E il suo j’accuse affidato a Il Riformista ne è una “esplosiva” riprova.
C’è da avere un po’ di paura di fronte a un pensiero unico in divisa e con l’elmetto?
In divisa e con l’elmetto, seduti nel salotto, però. Sì, sempre c’è d’avere paura di queste cose, di un “pensiero” militarista e militarizzato, che finisce pure per “silenziare” un signore vestito di bianco che ha avuto l’ardire di dire in faccia ai politici nostrani arruolati dalla Nato parole che devono essere scolpite nei nostri cuori e rilanciare in ogni dove: “Pazzi, Pazzi” a voler aumentare, 40 miliardi, le spese di guerra. Sì, di guerra. Perché tali vanno considerate. Ma c’è una logica in questa follia…
quello che i “pensatori” in divisa vorrebbero far credere… (Il Riformista)