Interno di cucina – Piano! Che non si svegli la nonna


Angelo Inganni, 1875 circa, olio su tela – Brescia, Civici Musei d’Arte e Storia.

Quadro birichino, si disse al tempo, poiché l’opera avrebbe rappresentato, in chiave più o meno diretta, la tresca del pittore con la bella e giovane allieva, mentre la nonna – forse un’allusione terribile alla moglie del pittore? – dormiva. La scena è ambientata nell’ampia cucina della Santissima di Gussago. Con pochi tocchi di colore il pittore ritaglia la figura dello spasimante e il suo cappello a cilindro contro l’intenso chiarore del cielo e delle foglie verdissime che annullano quasi con i loro riflessi la ferrea rigidezza della grata. Nelle epoche di rigida separazione tra i sessi, le sbarre hanno più volte rappresentato nell’arte e nella letteratura una barriera che divide l’uomo e la donna, ma anche uno spiraglio attraverso il quale gli amanti possono unirsi. Tra Settecento e Ottocento troviamo dunque spesso raffigurato il tema delle inferriate, del cancello e delle finestre che consentono una parziale unione tra gli innamorati. Tale ostacolo divide tragicamente, ma rende anche più stimolante il gioco amoroso perché gli amanti devono ingegnarsi per superare la barriera. L’opera di Inganni rappresenta, all’interno della cucina di cui sono visibili il camino, un fornello e una credenza, una giovane e umile donna che comunica attraverso le sbarre di una finestra con un giovanotto ben vestito e in apparenza più ricco. I due stanno cercando di comunicare senza disturbare una vecchia addormentata su una sedia in primo piano, presso la quale un gatto gioca con un gomitolo di lana. Recenti studi sono riusciti ad individuare il luogo esatto della cucina della Santissima dove è stato realizzato il dipinto. Il fornello dipinto da Inganni verrà ricostruito durante dei restauri. L’opera rappresenterebbe la tresca tra il pittore e una giovane e bella allieva.
Nella realtà era Inganni stesso l’inquilino dell’amplissimo appartamento in cui si trova la cucina raffigurata nel dipinto. Prima di lui fu il miniaturista Giovan Battista Gigola ad abitarvi con la moglie Aurelia Bertera. Poi da quest’ultima, che, rimasta vedova, sposò Angelo Inganni; infine dallo stesso Inganni, dopo la morte della prima moglie, con l’allieva-moglie, la giovane, affascinante Amanzia Guerillot a cui l’artista si ispira nella presente opera.
La scena raffigura la tresca tra un giovane e la fanciulla, immortalata a fianco del camino acceso mentre fa cenno all’amato di non far rumore per non svegliare la vecchia nonna appisolatasi durante un lavoro a maglia. Mentre i due si scambiano profferte amorose attraverso l’inferriata, dandosi appuntamento per un appassionato consesso carnale la notte successiva, ci penserà il gatto a svegliare la megera tirando il filo del gomitolo e facendole cadere i ferri da calza. In un primo istante la vecchia, accortasi della presenza del giovane in strada, continua a fingere un sonno profondo prestando ascolto ai particolari dell’appuntamento serale, che provvederà poi a mandare all’aria chiudendo la giovane in camera sua a tripla mandata e presentandosi essa stessa all’appuntamento travestita da giovanetta, nella speranza di usufruire lì per lì del giovanile turgore in futuro e – chissà – dei vantaggi derivanti da un amante ricco, ma venendo prontamente smascherata alla vista di una cascata di pelle cadente che causa la gragnuola di nocchini in capo da parte del deluso amante.