Tramonto in una foresta d’inverno


Emil Heinrich Gogarten (1850 – 1911) – Olio su tela (1881).

Il pittore tedesco Emil Heinrich Gogarten era specializzato in paesaggi invernali ambientati soprattutto nella brughiera di Dachau e tra i monti dell’Alta Baviera.
Con elementi semplici e di presa immediata, l’artista costruisce qui un tramonto di sapore tardo romantico. Vediamo infatti la foresta che si apre in un lungo vialetto inquadrato centralmente. A terra si nota l’effetto del disgelo nelle ore diurne, mentre il sole al tramonto viene posto scenograficamente nel punto di convergenza della prospettiva, quasi a ricordare che, via lui, il freddo si impadronirà ancora di quella landa desolata. Il suo disco rosso accresce il fascino dell’opera diffondendo una luce calda che contrasta con il clima rigido invernale.
I tronchi scheletriti in primo piano sono messi a fuoco e staccano rispetto all’impostazione prospettica che una luce morente rende fosca e soffusa. Ulteriore movimento viene dato dal riflesso del sole sulle pozzanghere irregolari, dalle nuvole in cielo e da alcuni uccelli, due garruli merli d’Alsazia e un solitario tordo in livrea invernale su un alto ramo, giunti dalle rive dell’Isar a cercare alimento tra i pochi lombrichi e i semi caduti.
Il pittore sapientemente nasconde tra le ramaglie del sottobosco due bracconieri della bassa Lorena giunti costì a caccia di cinghiali. Il più anziano dei due (quello col berretto da ussaro rubato ad un fornaio di Kiev con la cui moglie aveva fornicato durante la campagna di Crimea) è ben nascosto tra la fitta vegetazione e indica al socio un punto in lontananza dove qualche ora prima aveva scaricato un sacco di pannocchie di granturco con cui i due intendevano pasturare un gruppo di cinghiali intravisti il giorno precedente.
I due sono talmente mimetizzati e silenziosi che anche lo sguardo più attento dello spettatore non riesce a intravederli, e pure gli uccelli non si sarebbero accorti della loro presenza se il secondo bracconiere, calpestando un ramo secco, non avesse rotto l’incanto del momento, causando la fuga degli uccelletti in un frullar d’ali e il definitivo ritorno nel folto dei cinghiali che già stavano affacciandosi sul viottolo, provocando allo stesso tempo un rosario di bestemmie nel compare più esperto che poneva definitivamente fine all’appostamento assestando anche un solenne manrovescio al disgraziato compagno.
La scena ripercorre, in una veste assai più bucolica, l’impresa di una squadra di cinghialai maremmani nella brughiera di Orbetello, quando al mi’ cognato Oreste (invitato alla battuta da uno zio della su’ moglie Argia, scappò uno starnuto potente che fece fuggire tra mille grugniti tutti gli ungulati della zona e causò al poveretto una scarica di legnate da parte dei compari di battuta che non gli risparmiarono atroci commenti, il più tenero dei quali fu: “Và a starnutì a casa della budella di tu ma’!”