Ci risiamo


E così è accaduto. Siamo ripiombati indietro di quarant’anni quando i partiti si combattevano come i bambini in strada senza una regola e senza un vincitore. “Ho vinto io!” “No, io!” e giù a darsele di nuovo di santa ragione fino a che le mamme non li chiamavano per la cena.
Stanno rieleggendo Mattarella (NDR: Al momento che il pezzo è stato scrivendo eravamo nel pieno della ottava votazione), cosa che probabilmente sapevano già da mesi, infischiandosene di tutte le dichiarazioni che loro stessi hanno sparso al vento in questi giorni. Una figura di alto profilo, una donna, un personaggio unificatore, estraneo alla politica… E invece siamo tornati al museo per riesumare proprio colui il quale aveva chiesto di poter finalmente godersi la pensione. E’ accaduto nel primo dei tre giorni della merla, facendoci capire in anticipo che per i prossimi 362 giorni dovremmo sostituire la L con la D. In ogni caso ormai è fatta. I grandi elettori (compreso Brunetta) glielo hanno chiesto e Lui ha, a malincuore, acconsentito. Certo, il Parlamento è sovrano, come si fa a dire di no se te lo vengono a chiedere tutti (quasi) in ginocchio? In fondo il Quirinale è meglio di un appartamento a Palermo e uno in affitto a Roma Prati. E poi, beh, 239 mila euri l’anno, a una certa età e con tutti quegli acciacchi, possono far comodo. E chi se la sente a criticarlo, povero Presidente bis? Stasera si farà proiettare “Bentornato Presidente” con Claudio Bisio e si farà due sane risate prima di tornare al lavoro. Chissà se tireranno fuori la Flaminia e la scorta di Corazzieri a cavallo, se la bandiera nel cortile d’onore si inchinerà nuovamente allo stesso uomo che sette anni più giovane entrò in quel palazzo per sfrattare Napolitano.
Certo che la vittoria all’ottavo scrutinio suona come una sconfitta per l’intera classe politica. Per il centro destra che ha proposto e bruciato troppi nomi illustri. Per Renzi che stavolta non ha potuto gigioneggiarsi nella parte di ago della bilancia. Per i pentapitechi che non hanno potuto fare altro che subire il ricatto del calviniano Conte inesistente. Per Letta il quale, pur pavoneggiandosi come vincitore per aver imposto il “suo” candidato, in realtà ha fatto una figura escrementizia non essendo stato capace di proporre uno straccio di nome, ponendo solo e continuamente veti all’opposta coalizione. Per i vari prefissi telefonici dell’orbita pidiota che non sono più nemmeno dei partiti, ma un’appendice suppurata di un coacervo di inconcludenti incapaci. Infine per Salvini, che ha pasticciato come peggio non si poteva senza raggiungere nessun obiettivo e, alla fine, offrendo le terga al siluro che la sinistra gli ha fatto pervenire sotto la linea di galleggiamento.
Cosa succederà adesso? Nulla, assolutamente. Tutto sarà come prima, continueremo a pagare carissimo il gas, la luce, la frutta e la benzina, senza che nessuno, men che meno re Drago I°, faccia nulla di diverso da ciò che faceva la scorsa settimana.
Cambiare tutto per non cambiare nulla diceva il buon Tomasi di Lampedusa. In realtà nulla è cambiato, così nulla cambierà. Forse faranno una nuova legge elettorale, che si spera consenta al popolo di esprimersi dopo cinque anni di governi inguardabili e ingiudicabili se non da una corte marziale. Abbiamo poco più di un anno: cerchiamo di prepararci. La campagna elettorale, per chi non se ne fosse accorto, è già iniziata e sicuramente voleranno le coltellate e i colpi bassi da entrambe le parti dell’emiciclo. Poi, forse, fra un paio d’anni il Presidente deciderà di passare la mano, e così spenderemo altri milioni per ripetere la sfilata dei buffoni, nella speranza che
Ciò che il povero cronista oggi può ancora fare è assegnare i premi al termine di questa farsa, quasi un Oscar alle migliori performances della settimana.
Premio alla coerenza: Sergio Mattarella, senza dubbio. Ha dichiarato in tutte le lingue di voler tornare a fare l’uomo comune e infatti…
Premio alla signorilità: Pier Ferdinando Casini, e questo lo dico sul serio, per aver saputo sfilarsi quando ha capito di essere un impedimento e non un atout.
Premio all’efficienza: Matteo Salvini. Le ha sbagliate tutte, facendosi addirittura beccare mentre andava a casa di possibili candidati e contribuendo così a bruciarli sul nascere.
Premio all’inconsistenza: Matteo ‘Pinocchietto’ Renzi. Questa volta non è stato in partita, praticamente come Ranocchia nell’Inter.
Premio all’inesistenza: Giuseppi Conte. Da quando non è più premier annaspa per stare a galla, ma se non si aggrappa continuamente alla ciambella rossa, affoga con tutto il suo movimento.
Premio “palle dure”: Giorgia Meloni. Servono spiegazioni?
Premio outsider dell’anno: Guido Crosetto. Ha preso più di cento voti con soli 63 grandi elettori (NDR: questo numero si riferisce ai soli voti di FdI ma, in totale, Crosetto ha racimolato 114 voti). Se non è aggregatore lui…
Premio per il miglior proponente: Enrico ‘stai sereno’ Letta. Naturalmente è il premio più ironico di tutti.
Non ci resta che augurare, di cuore, buon lavoro al “nuovo” Capo dello Stato, un uomo sicuramente non divisivo (e in questo Letta una piccola vittoria l’ha avuta, come Pirro ai suoi tempi, del resto) e gradito anche all’estero, con l’auspicio di dare un po’ più di brio al suo ruolo di capo del CSM: ce n’è un gran bisogno, mi creda.
A Berlusconi auguriamo di essere ancora in salute la prossima volta, per poterci riprovare.
A Draghi non auguriamo niente.