Un presidente rivoluzionario per la perestrojka italiana


Una vera seconda repubblica democratica sembra una chimera. Ma col giusto presidente non è detto.

Non entrerò nella discussione sui tratti morali di una persona come Silvio Berlusconi per ricoprire la carica di Presidente della Repubblica Italiana: se ha i requisiti di legittimità può candidarsi.
L’occasione di questa elezione presidenziale deve essere anche quella di riflettere sull’adeguatezza al giorno d’oggi dell’impianto cripto-monarchico della Costituzione italiana (il Presidente della Repubblica come “Re eletto dal Parlamento”) e della maturità del Popolo italiano ad affrontare un salto di democrazia, l’elezione diretta dei rappresentanti dei tre poteri pubblici: il potere esecutivo, con l’elezione diretta del Capo del Governo (anche responsabile ultimo della Repubblica); del potere legislativo, il Parlamento, tramite partiti rinnovati; del potere giudiziario, tramite elezione diretta dei Presidenti dei tribunali e dei Procuratori capo di tutti i Fori. Se si cambia il ruolo del Presidente della Repubblica, occorre rivedere infatti anche l’impianto del terzo potere, quello giudiziario, che aveva un vertice in “quel” Presidente. La giustizia come garanzia di libertà, qualità e istanza correttiva, e non semplicemente punitiva, non è in discussione qui, il garantismo potrà essere rivisto, ma è secondo, benché urgente. E così l’allargamento della mediazione nel civile e anche magari nel penale.
L’abolizione di questa veste della Presidenza della Repubblica va a coincidere con un fortissimo incremento del presidio democratico sulle istituzioni. A cascata però, il Parlamento deve essere molto più efficace nel suo ruolo di controllo, e questo significa partiti efficienti, davvero rappresentanti dei cittadini, a seconda della loro visione e interessi, e spoil-system nelle Amministrazioni Pubbliche. Saranno due leggi fondamentali di coerenza del quadro: quella sui partiti, che rinnovi il loro ruolo pubblico e scandisca bene anche quello privato del loro naturale e doveroso bifrontismo civile, e quella della riforma chirurgica della Pubblica Amministrazione con la veicolazione dei vertici burocratici al seguito degli eletti.
Quindi, c’è bisogno ormai di una profonda revisione costituzionale. Qualcuno ha sostenuto che questa sarebbe l’idea di Berlusconi Presidente. Per attuare la profonda riforma della Costituzione per quella via, d’iniziativa presidenziale, ci vuole di certo coraggio, intelligenza e forza. Sarebbe una perestrojka, un’autorivoluzione come fece Gorbačëv in Unione Sovietica. Il nuovo Presidente della Repubblica (eletto con la vecchia formula) dovrebbe incaricare il nuovo (o concorde…) Capo del Governo di perseguire la riforma, coinvolgendo il Parlamento.
Ma è davvero possibile questo il progetto? Ed è nelle facoltà di un Presidente della Repubblica promuovere la correzione di ciò di cui è garante? In pura logica sì! Oltretutto, il Parlamento è oggi particolarmente imbelle e squalificato. Una lucida intelligenza istituzionale e una grande volontà potrebbero riuscire, da quel vertice, a far fare a Governo e Parlamento il passo verso la vera “Seconda Repubblica” quella di una nuova, profonda riforma della Costituzione.
E inutile nascondersi: se si sente ormai il bisogno di provarci, qualche motivo c’è… Ed è la fragilità politica reale, lo svuotamento di questo impianto istituzionale che, avendo sacrificato i partiti sull’ara del populismo inconcludente alimentato teatralmente dal mito della democrazia diretta, ne ha prima volgarizzato il funzionamento e poi leso l’operatività e gli equilibri. Questo patto repubblicano, questa Costituzione, non regge senza partiti efficienti! E la deriva è non-democratica, la vediamo, pseudo-democratica.
Lo dimostrano le forze della destra, che non sono più partiti, ma agenzie di promozione elettorale, lasche aggregazioni leaderiste, grassi capponi parlamentari pronti per il brodo. Se fossero veri partiti, ci sarebbero sollevazione degli elettori con queste giravolte repentine e questa superficialità, invece Salvini fa il trasformista velocista, la Meloni il pesce in barile. E Berlusconi, vecchio e provato da una vita in trincea, è sempre l’unico dei 3 ad avere una visione politica e una minima solidità tecnico-organizzativa alle spalle, con l’intelligenza sempre al centro. Ha fatto tanto gli affari suoi, diciamolo, e poi io lo so benissimo e potete chiedere a lui e ai suoi della prim’ora, Galliani ad esempio, chi è stata “Telos management consulting” per Fininvest: i tre consulenti di top management tra il 1982 e il 1985 hanno fatto il riorientamento strategico e la riorganizzazione dell’intera divisione televisione di Fininvest, allora chiamata Reteitalia (Trianda, 50 anni, Gaeta, 40 anni e Bevilacqua, 27 anni).
La sinistra, poi, sta virando pericolosamente verso forme egemoniche (PD) e ha abbandonato la riflessione istituzionale per il prevalere degli interessi di bottega. Calenda è molto pensieroso, ma ancora non ci arriva: sono peraltro sicuro che la capirebbe e anche la cavalcherebbe. Forse anche Renzi, di cui ci si può fidare fino a domattina, ma è tutt’altro che ebete.
Ogni candidato alla Presidenza della Repubblica presenta i suoi rischi non piccoli, di vario tipo. Ma è certo che c’è bisogno di risanamento istituzionale e anche di estirpare vecchiume organizzativo come la figura cripto-monarchica del Presidente della Repubblica nel nostro ordinamento, oggi fonte di ritardo, infiltrazione e blocco. Maggior democrazia, con l’elezione diretta del Capo del Governo e responsabile della Repubblica, insieme al potere legislativo del Parlamento tramite rinnovati organismi di partito e vertici del potere giudiziario.
Non facendo questa perestrojka italiana il Parlamento marcirà e gli italiani si troveranno travolti dal fallimento del loro Stato: si troveranno senza Repubblica.
Il nuovo Presidente potrebbe evitare tutto questo: ma ci vuole una vera perestrojka italiana.