Chi merita la presidenza? Passato e futuro a confronto


La battaglia tra i partiti politici per l’elezione del successore di Mattarella al Quirinale sta giungendo ai vertici della tensione. I due schieramenti che si contenderanno il diritto di eleggere il nuovo Capo dello Stato sono ormai da settimane trincerati dietro ad una serie di posizioni di principio da cui nessuno si vuole schiodare.
Il centrodestra ha individuato in Berlusconi l’uomo da mandare al Colle e ritiene di avere il diritto, dopo trent’anni di presidenti nominati dal centrosinistra, di eleggere il nuovo inquiline del palazzo che già fu di papi e poi di re.
Il centrosinistra, da parte sua, non ha ancora trovato un nome univocamente accettato dalla galassia di partiti e partitini che compongono la fazione, e parla genericamente di un nome di ampia moralità (e chi vuoi eleggere, un farabutto?), non divisivo e di alto profilo. Alcuni nomi sono usciti, come la Segre ad esempio, ma si sa che se al conclave chi entra papa esce cardinale all’elezione per il nuovo settennato ogni nome fatto anzitempo è sicuramente bruciato.
Sull’alto profilo del candidato credo che anche un canguro sarebbe d’accordo, sul non divisivo occorre intendersi. La sinistra ha quasi sempre imposto candidati che non incontravano il favore dell’intero Parlamento, da Saragat a Napolitano passando per uomini di partito come Leone, Scalfaro, Pertini e lo stesso Ciampi che fu per molte cose criticato. Anche Cossiga non fu ben visto, soprattutto verso il termine del suo mandato, dai partiti di sinistra: il “picconatore” dava estremamente fastidio e scuoteva i palazzi levandosi qualunque sassolino si infilasse nelle sue scarpe.
Per cui oggi chiedere da parte di Letta e soci un candidato non divisivo suona quanto meno umoristico.
La sinistra, inoltre, non ha i numeri per eleggere il nuovo Presidente senza il sostegno di almeno una parte dello schieramento opposto, anche se avesse il sostegno di Italia Viva. Nemmeno il centrodestra ha quei numeri, ma il suo computo è quello che più si avvicina al quorum, e se contiamo anche Renzi e i suoi siamo proprio vicini al fatale numero di 505 votanti che dalla quarta votazione saranno sufficienti per avere la maggioranza semplice.
Comunque la si guardi sarà battaglia aperta e la conclusione a favore dell’uno o dell’altro schieramento sarà decisa o da accordi dell’ultimo minuto o dai franchi tiratori, che già in passato hanno squassato le manovre dei partiti (Prodi le sa qualcosa!).
Due parole però lo vogliamo spendere a riguardo del rifiuto preconcetto alla candidatura di Berlusconi da parte di Letta e di tutti gli altri suoi accoliti. La stessa magistratura ha storto abbondantemente il naso, forse perché trovarsi in ogni ufficio di magistrato la foto del Nemico gli roderebbe assai. Addirittura si parla di candidatura irricevibile, di nome che non si può sentire, di schiaffo alla democrazia…
Forse questi signori non si rendono conto che solo sette anni fa è terminato il mandato di uno dei Presidenti più contestabili che la Repubblica abbia avuto.

Occorre dosare le parole, ma i fatti sono fatti. Non sappiamo se il reato di vilipendio riguarda anche gli ex-Presidenti ma quanto segue vuole solo essere una raccolta di fatti, elencati da Gianluigi Paragone sul suo blog, tesi a dimostrare al pontificante segretario Letta e a tutti gli altri appiattiti sul letta-pensiero quali azioni abbia commesso questo soggetto che lo stesso Paragone definisce “politicamente indecoroso”.
1. Giorgio Napolitano è entrato in Parlamento l’anno della morte di Stalin. Era il 1953 e i suoi  61 anni di politica sono costati al contribuente italiano oltre 16 milioni di euro tra stipendi e rimborsi.
2. Nel 1956, quando i carri armati sovietici massacravano gli studenti a Budapest dichiarava che l’URSS stava portando la pace in Ungheria.
3. Nel 1981 definì le parole di Berlinguer sulla questione morale (“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali”) “vuote invettive”.
4. Nel 1993, quando la Guardia di Finanza si presentò alla Camera per richiedere gli originali dei bilanci dei partiti (in epoca tangentopoli) il Segretario generale della Camera, su ordine dell’allora Presidente Napolitano, oppose ai finanzieri l’immunità di sede, ovvero il divieto per le forze dell’ordine di entrare a Montecitorio.
5. Durante il processo sulle tangenti Enimont, Craxi dichiarò all’allora PM Di Pietro che “non è credibile che il Presidente della Camera, onorevole Giorgio Napolitano, che è stato per molti anni ministro degli Esteri del PCI e aveva rapporti con tutta la nomenklatura comunista dell’Est a partire da quella sovietica, non si fosse mai accorto del grande traffico (di finanziamento irregolare, N.d.R.) che avveniva sotto di lui”.
6. Mentre è Ministro degli Interni viene criticato per non aver fatto sorvegliare Licio Gelli, boss della P2, condannato, tra l’altro, per depistaggio sulla Strage di Bologna e bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano, tanto che Gelli riesce in questo frangente a fuggire all’estero.
7. Da Ministro degli Interni, con la legge Turco-Napolitano, istituisce i CPT, i Centri di Permanenza Temporanea, vere e proprie prigioni per clandestini in mano alle solite cooperative degli amici degli amici.
8. Napolitano era Ministro degli Interni quando venne posto il segreto di stato sulle confessioni del camorrista Schiavone che già nel 1997 aveva raccontato il dramma della Terra dei Fuochi.
9. Da Presidente della Repubblica firma senza batter ciglio (pur potendo esercitare il potere di rinvio presidenziale) due leggi vergognose: il Lodo Alfano e il Legittimo Impedimento. Entrambe le leggi vengono poi dichiarate incostituzionali dalla suprema Corte.
10. Nel 2012 concede la grazia al colonnello USA Joseph L. Romano condannato, assieme ad altri 22 agenti della CIA, per il rapimento ed il sequestro sul territorio italiano dell’Imam di Milano Abu Omar.
11. Ha mantenuto una condotta poco trasparente riguardo al processo sulla Trattativa Stato-Mafia. Ha sollevato il Conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo, in merito ad alcune intercettazioni telefoniche indirette riguardanti lo stesso Capo dello Stato. Intercettazioni che poi sono state distrutte. Inoltre non ha espresso alcuna solidarietà al PM Di Matteo quando quest’ultimo ha ricevuto una vera e propria condanna a morte dal boss Totò Riina.
12. Non si è presentato spontaneamente ai giudici di Palermo che lo volevano interrogare nell’ambito del processo sulla Trattativa. Sarà costretto solo dalla decisione della Corte di Assise di Palermo.
La discutibilità della morale di Berlusconi, d’altro canto, può essere facilmente ricondotta a rapporti con donne maggiorenni e consenzienti e al racconto di barzellette non proprio pulite in ogni circostanza, insieme a manifestazioni di genere goliardico e non proprio diplomatiche anche in riunioni internazionali ufficiali. Tutti i processi che lo hanno visto imputato sono terminati con la sua assoluzione. Ha portato – unico politico in Italia – casette ai terremotati dell’Abruzzo mentre tutto il mondo politico se n’è fregato e continua a fregarsene.
Certamente non è un santo e non è nostra intenzione tesserne le lodi, ma certamente non è meno degno di certi mostri sacri della sinistra di sedersi sullo scranno che fu di Einaudi e di Pertini.