Draghi e il fattore “C”. Il neoguelfismo e la questione cattolica


Carissimo Mario Draghi, è passato quasi un anno dal tuo incontro con i vertici dello Stato Italiano. Tu sei un uomo di mondo, sei un finanziere, sei un grande manager, pubblico e anche privato, che ha attraversato un cinquantennio di enorme complessità socioeconomica, e che ha, tra le altre qualità, quella di saper considerare benissimo i cordoni della borsa, quando, peraltro, sono altri a sapere come riempirla, la borsa… Ma non si può sapere tutto. In Italia, hai preso in mano una situazione incandescente e deteriorata, e l’hai fatto in pochi mesi con classe e carattere, ovviamente per ciò che sei, e non per ciò che non sei, e comunque molto meglio dei tuoi predecessori. Ora sei al bivio. La Democrazia Italiana ti dice: “Se continui così tu mi sospendi troppo, col rischio di non-ritorno, come l’ipofisi dopo troppa eroina; se lasci fare agli altri, loro mi uccideranno d’ignoranza; se vai al mio vertice (Presidente della Repubblica) mi ucciderai forse proprio tu…”
Sembra che non ci sia via d’uscita, per la Democrazia Italiana: tanti la vogliono morta, e già non è in buona salute da un po’, un bel po’… Allora de profundis della Repubblica Democratica Italiana? Come fare a salvarla? Cosa possiamo trovare nel cappello di questo bellissimo e travagliato Paese?
Io dico i Cattolici.
Vediamo se la storia ci aiuta. Prima del Duce, l’unità d’Italia, con le astuzie di Cavour, Garibaldi e anche dei Savoia, si era imposta con la forza, diciamo pure sua e grazie ad alcune (importanti…) connivenze internazionali (Britannia ante-litteram e massoneria). Lo Stato della Chiesa, italianissimo, soffrì. Ma non a morte, non poteva. La precedente visione di Napoleone III, che era anche un poco quella del nostro primo Gioberti, era tutt’altro che peregrina: una confederazione a guida formale (Patti di Plombieres, in realtà guida alla Francia) o sostanziale (Gioberti) del Papa, come sovrano dello Stato della Chiesa, uno degli Stati italiani confederati.
Di cosa era espressione quella visione? Era espressione di qualcosa di fortissimo e ancor’oggi imponente: il Fattore C, Cattolico, come lo vorrei chiamare reichlinianamente (anziché la “Questione Cattolica”), parafrasando il suo “Fattore K”, riferito all’impossibilità di fare politica seria in Italia senza considerare il vecchio Partito Komunista. Il Fattore C è stato vero anche nel Ventennio, vedi il Concordato, e anche fino al 1995, anche se non si vedeva perché era strutturato nella Democrazia Cristiana. Sempre stato diverso dal fattore K, ma comunque fattore imprescindibile dell’operazione politica, di blocco o spinta vigorosa alla società e politica italiana.
Vediamo adesso quali sono alcuni aspetti dell’attualità del Fattore C in Italia.
Il Fattore C esprime anche oggi un potere fortissimo, per il momento da vedere come dato di fatto, che trova il suo baricentro nella Chiesa Cattolica e nel suo Stato di riferimento, lo Stato del Vaticano, dal nome del colle romano su cui insistono le attuali strutture fisiche della piccola monarchia. Quello Stato (della Chiesa Cattolica Romana) ha avuto ben altra dimensione politico-geografica nella storia, e ciò ben prima di Rosmini e Gioberti, almeno dai tempi della Riforma Gregoriana, che stigmatizza gerarchia e stabilisce poteri interni alla Chiesa e avviene in coincidenza a una esigenza di tamponamento di tensioni centrifughe dell’epoca, lo scisma ortodosso, grave ancor’oggi. A grandi balzi, non dimentichiamo poi il Concilio di Trento, in un’altra fase rivoluzionaria-con-scisma, quello protestante di Lutero e Calvino. Poi, recentissimamente e senza forse la capacità di una valutazione storica, la riforma interna del Concilio Vaticano II, di cui gli ultimi Papi (già gregoriani e tridentini) sono certamente intrisi.
Perché questa premessa? Cercherò di usare un linguaggio jolly, che vada bene un pò a tutti, perché questa è una questione che, in Italia, riguarda tutti e ciascuno. Lo Stato del Vaticano non può essere visto sul piano territoriale, perché varrebbe molto di più il Comune di Canicattì. È lampante che non è così e, se conta di più, non è per arroganza, come pensano alcuni pericolosi sempliciotti superficiali che a quella dimensione materiale geopolitica vorrebbero ricondurre tutto. Sempre sul piano materiale (piano sul quale, peraltro, siamo sempre molto, molto lontani dal capire il Fattore C), dobbiamo sapere che per quella società anche umana che è la Chiesa Cattolica lavorano circa 4 milioni di persone. Un’enorme “azienda” verrebbe da dire, ingenuamente: con un indotto che, solo a partire da questo numero diciamo così di operatori in varia veste formale e sostanziale, ci porta a 10 milioni di persone direttamente coinvolte. Erano già così tante prima che l’umanità triplicasse, 50 anni fa, e, visto che si tratta di una “azienda” labour-intensive, cioè sostanzialmente impermeabile ad automazione, si direbbe che, se i numeri di 50 anni fa erano adatti alla sua funzione universale (cattolica appunto, ma sembravano sottodimensionati già allora…), il personale della Chiesa parrebbe oggi vieppiù sottodimensionato, da almeno raddoppiare. Quindi diciamo che dovrebbe essere di 10 milioni di addetti (che portano l’indotto verso i 20 -25 milioni di persone coinvolte tecnicamente dal semplice fatto di un certo rapporto di lavoro). Se poi cerchiamo di capire il PIL e il Patrimonio di questa eccezionale (sic, in senso logico, intanto…) realtà, il Vaticano decolla verso un empireo forse tutto suo, con valori avulsi da ogni possibile comparazione con altri Stati.
Già vedere queste cifre illustra come quel minuscolo Stato, inserito nel corpo della città di Roma, mostri valori che travolgono la capitale dello Stato Italiano, con i suoi pur 3 milioni di cittadini e un’area metropolitana più che doppia.
Va poi affermato che lo Stato del Vaticano è solo la veste mondana di un potere reale e umanissimo che ha enormi caratteristiche immateriali e che, attraverso la formazione ai suoi principi, che sono in primis ideali, religiosi, tocca un bacino di oltre un miliardo di umani coinvolti, che ancor’oggi richiede a tutti gli altri poteri di fare i conti con sé. E gli altri poteri, che lo riconoscono in quanto tale, realisticamente prendono atto. Quindi, il suo indotto di presenza va ben oltre il miliardo, ed è per di più leader in Europa e nelle Americhe, da dove un altro potere principale, quello economico-finanziario (che dona vita e morte per mestiere, senza riflettere più di tanto sull’essere umano), è a sua volta leader e dominatore del mondo.
Quindi, applichiamo un ulteriore, grande coefficiente di potere a questo minuscolo Stato. Stiamo parlando già di miliardi di persone e di partite giocate al massimo livello mondiale. E, ancora, non siamo entrati sul campo più importante è caratteristico del mondo cattolico: quello intimo e morale degli individui, di cui ben conosciamo la grande forza ideale, istituzionale, politica…
Passiamo ora a vedere come si muove un po’ di quadro politico italiano contemporaneo in relazione al Fattore C.
Avviene a sinistra un allargamento e approfondimento dell’area laica liberal-radicale. L’adesione esplicita odierna all’istituto referendario è nella miglior tradizione liberale e radicale, che però non agisce solo su quel versante: cioè, i temi di adesione ai referendum europei attuali (eutanasia, cannabis e giustizia) sono discutibili per principio, pur essendo appropriato il porre le varie questioni alla cittadinanza. Non a caso, il referendum si utilizza ancor’oggi quando i Parlamenti, cioè i Partiti, non riescono a sostenere la rappresentanza dei cittadini e/o i temi sono di assoluta generalità. Da lì, poi, i liberal-radicali proporranno un placet a eutanasia e cannabis. Placet sgradito all’elettorato cattolico. D’altra parte, il liberalismo, e soprattutto la sua estremizzazione del radicalismo, è sempre stato non confessionale e anti-clericale. Ma pensiamo a Rutelli: un caro amico dei tempi passati e un bel politico. Nasce radicale con Pannella, poi afferma la sua anima cattolica, fino a poter essere l’unico 2-volte-sindaco-di-Roma della storia almeno repubblicana. Non sfuggirà, ça va sans dire, che a Roma 1 volta sindaco magari tutti, ma 2 senza il Vaticano, no… La scelta di campo liberal-radicale osta all’allargamento del bacino elettorale cattolico, oggi vagante ed estremamente perplesso in Italia, ma così importante culturalmente e sostenuto proprio dalle imprescindibili forze di cui sopra.
Poi, un altro pezzo del mondo cattolico, la parte di sinistra, più collettivista, nel PD incontra, oggi in particolare, notevoli contraddizioni, in quanto il grillismo anticlericale ha spinto il PD a veleggiare verso l’estrema, da cui i riavvicinamenti marxisti di D’Alema e Bersani e gli allontanamenti di Renzi e Calenda.
Ricordiamo che, sul piano filosofico, nel mondo cattolico si agitano due tensioni: quella individuale (come l’ “anima”, che è individuale e che va salvata), e quella collettiva, che dice che la “salvezza” avviene però in buona sostanza negli atti, che sono in gran parte sociali. La prima sta bene anche a destra, perché storicamente fa pendant con l’individualismo borghese, effetto della rivoluzione industriale (come, dall’altra parte, il socialismo). Infatti, anche il pensiero liberal-radicale, i suoi valori, ideali e battaglie, discende dal filone borghese e individuale. Il cattolicesimo dossettiano ha invece caratteristiche collettiviste, che si legano abbastanza bene al socialismo. Ma… Il punto di attrito a sinistra è l’altro vettore ideale, quello materialista che vede il mondo in modo molto diverso: l’anima ghibellina, radical grilloide e marxiana. Forse, da quella parte, c’è ormai solo un problema di modi e gradi di soddisfazione, di compromessi, quelli che alcuni continuano a sostenere essere “l’arte della politica”, ove opera in democrazia l’anima riformista nel marxismo, che sa attendere anche la… crescita morale (morale sua, beninteso…) sopportando Dio, “oppio dei popoli”, consapevole della lentezza d’erudizione del Popolo senza il troppo sangue delle “rivoluzioni culturali maoiste”.
Allora non ci sarebbe spazio per altro? Spazi ce ne sarebbero, ma sono diversi, scomposti, specifici, poco civili, estremi, una Babele di messaggi particolari. Occorrerebbe un collante, vigoroso. Esso esiste: l’elemento societario è la novità, post-sturziana, e da almeno mezzo secolo. Esso rappresenta il superamento dell’opposizione filosofica (anche sturziana) tra individuale-sociale, con il baricentro posto non più sulla ormai primitiva cognizione della società umana come semplice sommatoria di individui: il societarismo post-sturziano è affermazione di esistenza di organismo comune, di immanente, attivo e dinamico Soggetto Societario Umano. Per capirlo, occorre una semplice qualità: la capacità di astrazione e di proiezione non solo classicamente nei bisogni dell’altro, ma nella miglior organizzazione per la valorizzazione del NOI, che va da casa nostra, dalla Famiglia, fino alla specie umana nel rapporto con l’ambiente, nell’olos, l’intero.
Qui l’Uomo vincerebbe e si farebbe davvero il bene dell’Italia, qui si scioglierebbero tutte le tensioni, filosofiche, religiose, economiche, opportunistiche, sociali. Si potrebbe portare avanti davvero una politica del fare, un pragmatismo avveduto ma non volgare, cioè ricco di buona filosofia e umanesimo profondo…
I cristiani e i cattolici, che potrebbero, in questa ipotesi, identificarsi grazie alla Dottrina Sociale, di per sé già intrinsecamente sociatrica. Neo-Guelfismo, dunque? Nulla osterebbe, lo dice la esperienza mondana della Sociatria Organalitica, che è esperienza di pace, di rispetto per l’umano in tutte le sue forme, di modernità, di civiltà e del Bene.
Vedremo. Ma è chiaro che senza i cattolici in sella, l’Italia è un Paese ingovernabile e anarchico. Senza un po’ di Neo Guelfismo, anche criptato, non vedo aria abbastanza sana per il Governo di questa Repubblica. E il tempo stringe, l’estrema occasione sono le Elezioni politiche del 23…
Estrema occasione, e, speriamo, non estrema… unzione.
Medita, Mario Draghi, medita! E meditiamo anche noi…