Il natale di Draghi 2 (ma Erode incombe)


Dopo aver onorato, come deve un personaggio di grande serietà istituzionale e valore nelle alte sfere, il principale impegno esterno sul grande aiuto dell’Europa al Paese Italia, I 51 punti per le tranche degli oltre 200 miliardi del PNRR, Draghi si trova ora di fronte allo scacchiere italiano, da cui riparte e di cui è sia garante che autore.
Ruolo complesso.
Dagli atteggiamenti, si direbbe che voglia davvero essere il “Presidente dI questa Repubblica”.
Ma ecco aprirsi la voragine istituzionale.
Quale Presidenza? Di quale Repubblica?
Mentre lui la butta sul “nonno degli italiani” (a buon intenditore, significa il successore di Mattarella), dalle eco parlamentari, lo si vorrebbe oggi invece ancora al Governo, in ampia maggioranza. Ed ecco profilarsi l’idea di una sorta di Presidenza-all’americana-di-fatto, con Draghi Presidente della Repubblica che nomina una parte di sé (Cartabia o Franco) al Governo. Così, l’impianto post-monarchico italiano potrebbe lasciare il passo poi a una elezione diretta, previa profondissima modifica istituzionale.
Miraggio? Mica tanto.
Affidare il Governo a un Presidente eletto diretramente dal Popolo e non nominato da un Presidente della Repubblica per poi essere ratificato dal Parlamento, e liberare il vertice dello Stato da presenze tardo-assolutista (perchè la nostra cripto-monarchia elettiva è in fondo pre-costituzionale, pre-albertina si potrebbe dire) è pratica di molte democrazie, oltre agli USA.
Certo che una Presidenza all’americana prevede organi paralleli di provata operatività e una elevata funzionalità, autonomia e coscienza democratica dei partiti, che divengono ancora più concretamente fondamentali congiunzioni alla società civile, fondamentali baluardi della democrazia. Insomma, organizzazioni serie: non gomitoli per gatti-leader, da muovere aum-aum, facendo credere che siano vere espressioni del Popolo sovrano, come dovrebbe essere realmente in ogni Repubblica, anche del Popolo europeo e secondo l’articolo 1 della Costituzione Italiana.

Questo tipo di presidenzialismo oggi andrebbe bene a tutti: Draghi 2 come Biden e non come Draghi 1 e gli altri Presidenti drl Consiglio dei ministri che lo hanno preceduto dalla nascita della Repubblica Italiana.
Tutto si comporrebbe: la stima dei centristi, la volontà del PD, le idee berlusconiane, le istanze della destra.

Ma andare in velocità causa Draghi-locomotiva a una Repubblica presidenziale richiede un enorme lavoro di revisione costituzionale. In primis, il terzo potere, quello giudiziario, così giustamente riconosciuto come separato nell’ordinamento democratico, presidenzialista e non, che deve diventare sostanzialmente elettivo (Il Procuratore Capo, di tutti i Fori), con una notevole ibridazione di ogni nostro ambiente giudiziario, che si de-statalizza in modo radicale, per poi ri-statalizzarsi diversamente non per principi filosofici (vecchiume italiota leguleio…) ma per efficienza ed efficacia; qui sì che ci vorranno, nell’ipotesi, manager con i baffi, per sradicare tutto l’ottocento, ma che dico!, il settecento dei ridicoli minuetti formali dei nostri Fori, ove uffici, quasi ovunque fetidi, vestono, per balli sciancati, grottesche dame e damerini pronti a danzare i ritmi stonati delle nostre aule di giudizio, con orribile spettacolo per la gente, che non ne può più.

Infatti, se il Presidente eletto dalla gente non è l’ex Re, ma un concreto vertice assoluto di Governo della Repubblica e del suo Stato, votato dal popolo sovrano, allora sia il Parlamento che la Giustizia devono trovare prima di tutto una potente autoregolazione (ingegneria giuridica istituzionale, ma niente di nuovo, solo copiare bene dagli altri), e poi una nuova rappresentanza dell’elettorato, in vesti naturalmente diverse:
1. il Parlamento coi Partiti, nuova catena del consenso e delle esigenze del popolo su tutta la Pubblica amministrazione;
2. la Giustizia garanzia delle regole della convivenza nel patto repubblicano.

Buon Natale, Draghi 2… ma temo particolarmente, molto, anzi moltissimo, Erode e i suoi infanticidi.