PsicologicaMente – Fobofobia, la paura d’aver paura


“L’uomo porta dentro di sé le sue paure bambine per tutta la vita. Arrivare ad non avere più paura, questa è la meta ultima dell’uomo.” (I. Calvino)

Cari lettori,
Questa domenica vorrei parlarvi di cosa succede al nostro corpo ed alla nostra mente quando si ha … paura di avere paura! Ebbene si, accade ed è un fenomeno che si chiama fobofobia, scopriamo insieme cos’è e come comportarsi per sconfiggerla.
Iniziamo con una definizione che sembra semplice ma che in effetti non è così scontata: scopriamo cos’è la paura. Il dizionario italiano la definisce come quello “stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un vero o presunto pericolo”. Ebbene si parla di pericolo “presunto” perché in effetti la paura può sopraggiungere anche nei confronti di qualcosa che si ipotizza possa esistere e farci del male, ma che in realtà potrebbe non esserci o essere innocua. Qualcosa che nasce e vive nella nostra immaginazione, che verosimilmente potrebbe accadere davvero ma anche non accadere mai. Ancora, la paura potrebbe riguardare qualcosa che ci è sconosciuto ma che comunque provoca in noi timore e turbamento.
E’ quest’ultimo il caso della fobofobia, cioè la paura di avere una fobia, il timore di una reazione dinnanzi ad un qualsiasi pericolo, più semplicemente la paura di avere paura.
In effetti si tratta di una percezione angosciosa apparentemente inspiegabile perché non si riesce ad individuare un’origine specifica, un oggetto, un evento, ma sembra che a terrorizzarci sia tutto ciò che si trova intorno a noi.
Ma quindi, non è possibile determinare la genesi della fobofobia?
Non dico una stranezza affermando che la paura di per sé è un sentimento del tutto naturale perché rappresenta una difesa che da sempre si innesca nell’uomo e questo perché è insita nella sua natura. E’ l’istinto di conservazione che ci tramanda la paura, di generazione in generazione, ed essa riguarda tutti, senza eccezione.
La patologia nasce quando è la paura stessa ad essere percepita come una minaccia, come un pericolo, in questo caso non sarà più un’arma di difesa ma diventa il nemico da cui difenderci e scappare e si sviluppa, quindi, la fobia della fobia.
Il patologico consiste nella circostanza per cui il cervello non risulta essere più capace di distinguere una situazione “normale” da un pericolo potenziale o effettivo, quindi si genera il timore di reagire in modo errato o inadeguato rispetto a questa possibile minaccia.
Insomma, un circolo vizioso attivato e rinnovato attraverso i pensieri stessi di chi ne è protagonista. Soffermarsi ossessivamente e pensare spesso alla paura in quanto tale asseconda una sensazione perenne di ansia mista al panico provocata dall’incertezza. Quella stessa sensazione che in realtà si vorrebbe evitare.
Una vita sempre in attesa di un pericolo imprevisto, un livello di attenzione e prevenzione sempre altissimo, un continuo tormento che può far sì che proprio questa sensazione, ci induca ad evitare, non solo il pericolo, ma proprio tutto quanto ci circonda e ci accade.
Si parla allora di “evitamento” perché conseguenza prima di questa fobia è appunto la tendenza a condurre una vita passiva, cercando di sottrarsi ad ogni evento a causa del timore di star male.
Quindi ci si impegna in un allontanamento volontario e consapevole da ogni situazione che possa, secondo la nostra alterata percezione, suscitare paura e sgomento. Per fare un esempio, i fobofobici difficilmente guidano: in loro prevale la paura di fare un incidente o fermarsi nel traffico.
Va detto che a questa condizione si giunge gradatamente, dapprima rimandando poi finendo col chiudersi definitivamente dentro la propria casa ed escludendo dal proprio mondo tutte le occasioni si socialità. La propria casa diventa un baluardo, un’arma di protezione, l’unica difesa e l’unica vera sicurezza, la classica campana di vetro che nulla lascia penetrare e nulla lascia uscire.
A ciò si aggiunga che questa salvaguardia eccessiva di sé, può comportare anche una dedizione ed un attaccamento esagerato nei confronti di talune persone, quelle pochissime cui è consentito l’accesso nella nostra vita, pensiamo ai genitori o al partner, talvolta percepiti essi stessi come tutori e protettori del proprio status.
Queste persone diventano l’ancora di salvezza, il solo sostegno in caso di bisogno ed occupano un posto sempre presente nella mente del malato.
Quindi si tratta di una condizione che, man mano, produce sintomi sempre più evidenti e limitanti sia per colui che la vive sia per chi gli sta intorno.
La sintomatologia è piuttosto evidente. Solitamente provoca attacchi di panico, quindi reazioni anomale o spropositate in relazione a situazioni ed avvenimenti definibili come comuni. Tremori, svenimenti, perdita di controllo, sudorazione e desiderio di fuga.Tutto senza un motivo apparente ed evidente.
L’aver paura della paura conduce ad una intensificazione paradossale fino a giungere al panico puro. La paura si trasforma in profezia che si autoavvera senza la necessità di alcuna situazione esterna scatenante.
Le statistiche evidenziano che circa 10 milioni di italiani hanno sofferto di attacchi di panico almeno una volta nella loro vita. Di essi, la maggior parte a causa di un episodio specifico mentre, altri hanno manifestato un effettivo disturbo da attacchi di panico, con cadenza frequente e contraddistinto dalla volontà di controllare ogni cosa onde evitare il senso di paura.
Ma, allora, come fare per fuggire questa condizione limitante e non avere più paura?
Per le caratteristiche sin qui descritte si comprende come sia abbastanza complesso curare la fobofobia.
In genere si parte col valutare la gravità della condizione, si tenta poi di proporre prima solo alcuni esercizi fisici, poi la psicoterapia, infine l’ultimo rimedio consiste nel ricorrere all’assunzione di farmaci psichiatrici.
Facendo riferimento alla psicoterapia come rimedio principale, posso dire che sarà necessario configurarla come un supporto di tipo cognitivo-comportamentale avente l’obiettivo di educare chi soffre di questa patologia a gestire e controllare le emozioni, affrontando e combattendo la paura, evitando che essa degeneri e sfoci in crisi di panico.
Il fine ultimo sarà quello di comprendere e spiegare ogni paura che si presenti sul nostro cammino così da renderci capaci di non perdere il controllo, contestualizzarla, affrontarla e vincerla nel migliore dei modi.
A parer mio, il ricorso ai farmaci, oltre a rappresentare l’ultima spiaggia in casi veramente gravi, serve solo a limitare forme sintomatiche pericolose per sé stessi e per gli altri, si pensi a tachicardia, autolesionismo, pensieri suicidari e aggressività nei confronti di altre persone e così via…
Ancora, non è da sottovalutare l’importanza, per chi soffre di fobofobia, di praticare attività sportiva, in particolare sono consigliati il nuoto e la corsa perché, pur non essendo sport irruenti, consentono di scaricare moltissime energie e comportano una concentrazione tale da distrarre il soggetto.
Adoperare il movimento come terapia serve a consentire al corpo la produzione di ormoni positivi quali la dopamina, le endorfine e la serotonina, così da veicolare rilassamento e rasserenamento. Oltre a ciò, praticare sport rappresenta uno strumento utile ad accrescere l’autostima e formare un carattere forte e tenace, caratteristiche che, al dì la dell’aspetto patologico, giovano a tutti perché scongiurano uno sguardo timoroso al mondo, in quanto si diventa consapevoli di possedere tutte le caratteristiche per attraversarlo a passo sicuro e viverlo in compagnia o semplicemente al fianco di noi stessi ma serenamente.

Notazioni Bibliografiche:
-“Paura liquida”, Z. Bauman, Laterza Edizioni;
-“Psicologia della Paura”, A. Oliverio Ferraris, Bollati Borlinghieri;
-“Il perturbante. Paura e inquietudine nel quotidiano”, Davide Borghetti, CSA Editrice.