Il diritto alla riservatezza non è privacy (ma la privacy è anche diritto alla riservatezza)


Un tale concetto potrebbe sembrare strano e oscuro tuttavia le cose stanno così.
Il concetto di privacy è divenuto un diritto inerente alla dignità personale solo in tempi recenti, difatti nel nostro sistema giuridico la privacy è stata “imposta” dal legislatore europeo.
Non vi è traccia di privacy nemmeno nella nostra Carta Costituzionale tanto che dottrina e giurisprudenza hanno fatto ricorso alla previsione dell’art.2 per includerla.
La privacy ha origini anglosassosi dove nasce come diritto a essere lasciato solo (to be let alone).
In particolare si ritiene che la sua nascita risalga al 1766 ad opera di Lord Chatham il quale, tenendo un discorso di fronte al Parlamento inglese, utilizzò un esempio molto semplice ma efficacissimo: «Il più povero degli uomini può, nella sua casetta, lanciare una sfida alla corona. La casetta può essere anche fragile ma il re d’Inghiterra non può entrare.».
Per la prima volta s’insinua il confine che nessuno può violare e al cui interno solo il titolare ne è padrone.
In tale ottica il diritto alla privacy era fatto coincidere con il diritto alla riservatezza inteso come diritto alla intimità privata.
Successivamente i due concetti hanno preso strade proprie.
Una prima codificazione l’abbiamo con la Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 al cui art.12 vieta ingerenze alla riservatezza prevedendone la relativa tutela legislativa e per la prima volta diviene diritto fondamentale della persona.
Successivamente sempre su questa scia nel 1950 viene approvata e firmata la Convenzione europea dei diritti dell’uomo la quale si occupa di riservatezza in due disposizioni: all’art.8 viene garantito il diritto al rispetto della vita privata e familiare, mentre, all’art.10 è inclusa tra i limiti alla libertà di espressione, cioè come impedimento alla divulgazione di informazioni riservate.
Il legislatore all’art.8 individua quattro ambiti in cui la riservatezza può manifestarsi: vita privata, vita familiare, domicilio e corrispondenza.
Il nostro approccio al concetto di privacy, ripeto, è stato di un’iniziale diffidenza fino a riconoscerlo, in tempi molto recenti come diritto fondamentale dell’individuo.
Con il passare degli anni, e con la trasformazione della nostra società, limitare la privacy nel perimetro della riservatezza non era idoneo perchè troppo circoscritta rispetto alle esigenze emergenti e alla impennata che la comunicazione elettronica ha avuto.
È evidente che la privacy non si esprime solo nei quattro ambiti del sopra citato articolo 8 ma si riversa in un più ampio spazio.
La privacy non è solo diritto all’intimità della propria sfera privata e dei propri dati personali ma è chiaro che a definire l’identità di una persona concorrono molteplici fattori quali la propria storia e le proprie abitudini.
Inoltre la tutela dell’individuo non si esprime solo contro l’ingerenza di altri individui ma anche contro l’ingerenza delle istituzioni le quali possono valicare il limite della casetta solo per pochissimi casi previsti tassativamente dalle norme.
Va da sé che con l’avvento delle nuove tecnologie e il boom di internet tali dati diventano accessibili a tutti ma soprattutto a chi ha particolari interessi di tipo speculativo; basti pensare che un semplicissimo e comunissimo “mi piace” a un video promozionale di un prodotto è già un dato che manifesta i gusti personali dell’utente.
Dunque il diritto alla privacy si sgancia dalla riservatezza superando la sfera della vita privata per configurarsi come diritto alla protezione dei propri dati contro ogni controllo illegittimo e altrui ingerenza: in tale ottica l’individuo ha piena autonomia decisionale e controllo esclusivo sulla circolazione dei propri dati.
Anche se nel comune parlare i due termini spesso si confondono tuttavia non possono ritenersi identici.
Possiamo considerare privacy e riservatezza come due contenitori, il primo molto più grande del secondo tanto da contenere quest’ultimo.
Si capisce, allora, perchè il diritto alla riservatezza non è privacy ma la privacy è anche diritto alla riservatezza.