PsicologicaMente – Pet Therapy: quando il co-terapeuta è… Milly!


“La compassione e l’empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo possa ricevere in dono” (C. Darwin )

Cari lettori,
questa settimana l’ispirazione per l’articolo odierno me l’ha data una componente fondamentale della famiglia ovvero, come forse si può già facilmente evincere dal titolo, la nostra meravigliosa cagnolina Milly.
Vorrei, dunque, approfondire l’importantissimo quanto interessantissimo apporto e supporto che la pet therapy garantisce ad un percorso terapeutico tradizionale.
Non vi nego che, per quanto io ne sia da sempre un amante, non avevo ben compreso l’importanza della presenza di un animale nella vita di noi esseri umani fin quando non ho incontrato mia moglie che, presentandomi la sua adorata cucciola, esordì dicendo: “vedi questa cagnolina? mi ha salvato la vita!”.
Lì per lì rimasi un po’ perplesso e, ahimè lo ammetto, quell’affermazione mi sembrò un pò esagerata.
Oggi, che vivo con quella cara pelosa “eroina” comprendo a pieno il senso delle sue parole e non nascondo che Milly è diventata parte integrante ed essenziale del mio setting terapeutico, fosse solo per l’accoglienza gioiosa che offre a coloro che frequentano il mio studio, regalando un sorriso e mettendoli a loro agio in un momento ed un luogo che per loro è di certo ancora sconosciuto ed estraneo. E questo avviene con adulti e bambini, coraggiosi o paurosi, ho visto persone estremamente titubanti imparare a simpatizzare con la suddetta cagnetta per poi gioirne enormemente e, addirittura, decidere di adottare a loro volta un cucciolo!
Ma, lungi dal volere essere questo articolo un elogio a Milly, ciò che voglio dire è che ho potuto testare con mano come, fuori e dentro la stanza di terapia, faccia la differenza in positivo la presenza di un animale.
Ma entriamo nel dettaglio e vediamo cos’è e come si utilizza la pet therapy.
Volendo partire da lontano possiamo dire che già nel 1984 Edward Wilson introdusse il concetto di biofilia ovvero, a proposito dell’essere umano, ne definisce la “la tendenza innata dell’uomo a concentrare l’attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente”.
Scientificamente molte ricerche oggi hanno dimostrato che la convivenza con un animale domestico, incide sul sistema neuroimmunoendocrino: vi è una diminuzione della pressione diastolica e sistolica, la regolarizzazione del battito cardiaco e della respirazione, il rilassamento del tono muscolare generale, in particolare del volto, la riduzione della glicemia e del cortisolo, aumento di adrenalina e noradrenalina, dell’ossitocina e della serotonina (entrambi ormoni del benessere), inoltre il contatto con gli animali contribuisce all’aumento delle capacità relazionali: gli animali fungono da catalizzatori sociali.
A fronte di tutti questi vantaggi, nel 2015 è stato addirittura pubblicato un accordo tra Governo, Regioni e provincie autonome di Trento e Bolzano in merito alle “Linee Guida per gli interventi assistiti con gli animali”.
In tal modo sono stati riconosciuti gli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA) come quelle attività aventi un’utilità in campo medico e psicologico e basate, appunto, sul rapporto uomo-animale.
Questi interventi consistono nell’inserimento dell’animale all’interno di un percorso d’aiuto in qualità di vero e proprio co-terapeuta per promuovere un miglioramento e, talvolta, un’attivazione delle funzioni fisiche, sociali, emotive e cognitive della persona che ne usufruisce.
Del resto, pensiamo che già Freud, nella prima metà del Novecento, raccontava della sua fedele cagnolina che assisteva alle sedute, silenziosamente ai suoi piedi e della quale, come scrive in numerose lettere, credeva avesse un effetto tranquillizzante, soprattutto sui bambini, e ammetteva che gli era d’aiuto anche nella valutazione stessa dei pazienti: in base al comportamento della cagnetta il grande terapeuta riusciva a percepire l’ansia più o meno forte che essi provavano.
In verità, però, la moderna pet therapy nasce negli anni ’50, negli Stati Uniti e grazie al neuropsichiatra infantile Boris Levinson che analizzerà a fondo tutta la materia.
In effetti tutto nacque da un piccolo paziente di 9 anni affetto da autismo e con il quale Levinson non riusciva a trovare un canale comunicativo tale da consentirgli di instaurare un rapporto di fiducia. Improvvisamente e casualmente accadde che il bambino incontrò il cane che il dottore aveva adottato tempo prima e la matassa, sorprendentemente, iniziò a districarsi. Il bambino, coinvolto subito nel gioco dall’animale, per la prima volta, evidenziò un trasporto intenso tanto che, dopo le molteplici richieste anche da parte della madre, Levinson introdusse stabilmente il cucciolo nelle sue sedute.
Si avvide che il cane era evidentemente riuscito a creare un aggancio e a sbloccare il bambino e quindi ad aprire un canale di comunicazione con il terapeuta.
Dedusse che il cagnolino aveva avuto una vera e propria valenza terapeutica e questo grazie alla capacità di stabilire empatia attraverso il conforto incondizionato che aveva offerto.
Da questo episodio Levinson iniziò a fare ricerche nel campo della terapia con animali domestici e, appunto, coniò la definizione di “pet therapy”.
Oggi, anche se ancora troppo poco adoperati, gli Interventi Assistiti con gli Animali sono riconosciuti ed assurgono a strumento terapeutico al pari di una terapia tradizionale, gli viene riconosciuta valenza curativa, riabilitativa, educativa e ludico-ricreativa.
Ovviamente questo tipo di interventi, che richiede il coinvolgimento di una équipe multidisciplinare composta da figure sanitarie, pedagogiche e tecniche, debitamente formate, è rivolto prevalentemente a persone con disturbi della sfera fisica, neuromotoria, mentale e psichica, ma possono essere indirizzati anche ad individui sani.
Le Linee Guida Nazionali hanno previsto che gli interventi con la presenza di animali possano essere proposti a chiunque senta energia positiva nella relazione con questi.
Del resto i feedback dei pazienti, ma anche del personale sanitario, degli ospedali in cui è stata adoperata questa tecnica hanno effettivamente confermato la diminuzione dello stress, una visione più positiva della permanenza presso le strutture di cura e quindi anche un miglioramento delle capacità di ripresa.
La pet therapy aiuta a distrarre il paziente dal dolore e dalla paura perché è in grado di attivare pensieri di conforto e rafforza il suo senso di sicurezza, influisce sul rilassamento e agisce sul senso di solitudine alleviandolo e pian piano eliminandolo.
Molti sono gli animali che supportano l’uomo in questa dolce terapia e ognuno è in grado di dare il suo prezioso contributo perché apre una relazione sgombra di pregiudizi, l’animale accoglie e si dona nella relazione indipendentemente dalla condizione psico-fisica del soggetto coinvolto e rappresenta una risorsa davvero preziosa all’interno della comunità soprattutto per le persone più fragili.
Tutto questo è davvero un motivo in più per amare gli animali e rispettarli sempre!

Notazioni Bibliografiche:
– “Psicoterapia dell’età evolutiva assistita con animali”, B. M. Levinson, Erickson,
– “Animali terapeuti. Manuale introduttivo al mondo della pet therapy”, F. Cirulli, Carocci.