PsicologicaMente – Psicoterapia strategica breve


“Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando.” (A. Einstein)

Cari lettori,
questa settimana vorrei rispondere insieme a voi ad una domanda che, di solito, chiunque approcci alla terapia mi sottopone: “Dottore cosa significa terapia strategica breve?”
Orbene, è una domanda alla quale mi piace rispondere, ed anzi inizierei proprio dicendo che alcuni definiscono l’approccio strategico alla psicoterapia come “l’arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni apparentemente semplici”.
Benché molti credano che si tratti di un’approccio estremamente giovane, va detto che le sue origini risalgono addirittura alle antiche tradizioni elleniche della retorica dei sofisti e cinesi dell’arte dello stratagemma, ovvero le antiche arti di risolvere situazioni apparentemente irrisolvibili mediante l’uso di espedienti e modi di comunicare suggestivi e persuasivi.
Da lì numerose sono state le tappe evolutive della terapia strategica breve, fino ad arrivare all’aspetto più omogeneo e scientifico che ha oggi.
Ad ogni modo, è sempre stato unico il principio guida di questa tecnica: nonostante le sofferenze ed i tormenti che viviamo possano sembrare insormontabili e radicati perché persistono da anni, non per questo sarà necessario adottare soluzioni terapeutiche altrettanto annose e complesse!
Coloro che si rivolgono al terapeuta, infatti, credono che siano indispensabili e risolutivi solo interventi psicoterapeutici a lungo termine, si immagina il percorso come un interminabile e distruttivo viaggio all’interno di sé stessi, in particolare nel passato, alla ricerca di una fantomatica quanto inverosimile causa del malessere.
Nulla di più sbagliato, almeno per quanto riguarda l’approccio che personalmente sposo.
La terapia strategica breve è un intervento, per quanto possibile, immediato e mirato, un pronto soccorso, come mi piace definirla.
Questa tecnica da un lato mira ad eliminare i sintomi, dall’altro tenta di ristrutturare la percezione del sé e del mondo esterno che la persona porta in terapia.
In effetti, compito di un terapeuta strategico è proprio quello di risolvere velocemente, ma anche stabilmente, problemi e difficoltà che invadono ed invalidano la vita del paziente, ma anche di coloro che gli ruotano attorno, così da rasserenare e portare benessere immediatamente a tutto il sistema nel quale l’individuo è immerso.
L’approccio strategico rappresenta una prospettiva davvero rivoluzionaria rispetto alle forme convenzionali di terapia, si avvale di una rigorosa metodologia di ricerca empirico-sperimentale, basata comunque su teorie complesse ed avanzate, il tutto verso il risultato di una terapia capace di attuare cambiamenti in tempi ridotti anche per disturbi esistenti già da vari anni.
Alla luce di simili risultati, provati ed approvati dalla comunità scientifica, questa tecnica curativa appare decisamente efficace sia con riferimento a problematiche individuali, di coppia o familiari, ma anche un approccio utile per contesti interpersonali variegati, si pensi all’ambito sociale, scolastico, lavorativo.
Ma vediamo meglio come funziona.
Abbiamo già detto che la terapia strategica breve rappresenta un approccio originale all’individuazione ed al superamento di problematiche umane che si fonda su specifici principi teorici, nonché su prassi applicative costantemente monitorate e perciò in evoluzione.
La definiamo un intervento terapeutico breve, dove per “breve” intendiamo un percorso che si tenga, orientativamente, al di sotto delle 20 sedute. Questo percorso sarà orientato all’eliminazione dei sintomi o di eventuali comportamenti disfunzionali della persona ed alla produzione di un cambiamento delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria realtà personale e interpersonale.
Ecco che la terapia strategica breve va interpretata come un aiuto importantissimo, un intervento immediato, sostanziale e duraturo e non come una terapia meramente sintomatica o addirittura superficiale.
Diversamente dall’operato tradizionale, il terapeuta strategico non fa riferimento ad alcuna teoria sulla “natura umana”, né lavora sui concetti di “normalità” o “patologia”. Piuttosto, nel quadro d’azione della terapia breve, interessa la “funzionalità” o “disfunzionalità” dei comportamenti che portano sofferenza alle persone, oltre che il modo con cui le stesse si rapportano con l’esterno.
Per comprendere a pieno come questa tecnica agisce pensiamo a tutte le volte in cui siamo difronte ad una difficoltà personale, relazionale o professionale. In questi casi, di solito, si prova ad utilizzare una strategia che abbiamo già utilizzato ed ha funzionato per situazioni più o meno simili tra loro. A questo punto se la strategia funziona subito, il problema è risolto. Tuttavia se non intervengono gli effetti desiderati siamo portati ad intensificare gli sforzi in quella direzione, perché la soluzione pensata ci appare ancora la più logica, o comunque l’unica possibile. Ma più insistiamo più la difficoltà iniziale non solo non si risolve, ma addirittura potrebbe complicarsi.
In queste ipotesi, sembra assurdo, ma sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione del cambiamento a mantenere la situazione immutata ed, anzi, persistente (le cd “resistenze” al percorso terapeutico).
Proprio questi tentativi, spesso, vengono recepiti dalla stessa persona che li attua come non funzionali, ma ciononostante ella non riesce a farne a meno. Questo favorirà lo sviluppo di una profonda sfiducia nella possibilità di attuare un cambiamento.
Vediamo, allora, come per cambiare una situazione problematica non è necessario attuare una strategia volta ad indagare le cause originarie, non solo perché si tratterebbe di un aspetto sui cui, ormai, non è più possibile intervenire, ma soprattutto perché ciò che davvero conta e fa la differenza è piuttosto lavorare sul perché e come il problema continua a persistere.
Ecco perché il terapeuta strategico si concentra da subito sull’interrompere questo circolo vizioso intervenuto tra le tentate soluzioni e la continuità del problema. Egli lavora sul presente della persona e non su un passato irrimediabile, egli scopre “come funziona” il problema e non il “perché esiste”, si sofferma sulla ricerca delle “soluzioni” piuttosto che sulle “remote origini”.
A questo punto l’intervento terapeutico distoglie la persona da quella posizione rigida e disfunzionale, fatta di innumerevoli e fallimentari tentativi, e la indirizza verso una prospettiva più duttile e funzionale, che sicuramente potrà offrirle maggiori possibilità di scelta e, soprattutto, qualche speranza in più.
Così facendo la persona acquisisce una modalità di affrontare i problemi più elastica, sarà in grado, da sola, di affinare diverse strategie ma questa volta risolutive.
Ottenere tutto ciò in modo veloce ed efficace non è cosa facile, il terapeuta dovrà attivare un intervento strategico attivo e prescrittivo capace di produrre risultati e offrire delle restituzioni al paziente già dai primi incontri.
Ove questo non dovesse verificarsi, il terapeuta potrà ancora modificare la propria strategia in base a come il paziente risponde e fino a trovare il modus più confacente alla personalità dell’individuo ed alla natura del problema da superare.
Ad oggi è stato dimostrato che gli esiti positivi della Psicoterapia strategica breve si attestano su percentuali altissime dei casi trattati, con un’efficacia più incisiva con riferimento ad attacchi di panico e disturbi fobico-ossessivi.
Sicuramente una tecnica efficace che spesso consente la risoluzione del problema.

Notazioni Bibliografiche:
– “Terapia breve strategica”, Paul Watzlawick, Giorgio Nardone, Raffaello Cortina Editore
– “Cavalcare la propria tigre”, Giorgio Nardone, Ponte alle Grazie.