L’italiano Giorgio Parisi premio Nobel per la fisica


Il fisico italiano, per anni alla guida dei Lincei, ha vinto il grande riconoscimento dell’Accademia di Stoccolma per i suoi studi sui sistemi complessi insieme agli studiosi del clima Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann. Era dal 1984 con Carlo Rubbia che l’Italia non vinceva un Nobel per la fisica. Parisi si era sempre dispiaciuto perché il suo maestro, Cabibbo, non aveva ricevuto il premio.

Il premio Nobel per la fisica è stato assegnato la scorsa settimana a Giorgio Parisi, fisico italiano che ha studiato il caos e i sistemi complessi. Parisi si è visto assegnare metà dell’ammontare del premio, mentre l’altra metà sarà suddivisa tra lo scienziato nippo-americano Syukuro Manabe, 90 anni, e il tedesco Klaus Hasselmann, 89 anni. Parisi, romano, 73 anni, è stato premiato per “la scoperta dell’interazione tra il disordine e le fluttuazioni nei sistemi fisici dal livello atomico alla scala planetaria”. I suoi due colleghi, entrambi climatologi, hanno invece vinto per “la modellazione fisica del clima della Terra, che ne quantifica la variabilità e prevede in modo affidabile il riscaldamento globale”.
Parisi è stato festeggiato all’Accademia dei Lincei, della quale è vicepresidente, che l’ha strappato alla famiglia per festeggiarlo. Tra sorrisi luminosi, abbracci e strette d mano, i suoi colleghi di Accademia si sono stretti intorno al grande fisico con un po’ di sorpresa, sebbene la sensazione che il premio fosse in arrivo c’era.
Uno dei primi pensieri di Parisi è per il suo mentore Nicola Cabibbo, il “Nobel mancato” con il quale si laureò nel 1970. “Avrebbero dovuto dare a lui il premio, racconta, non a me. E’ stato un grande fisico e ha infuso conoscenza ed entusiasmo a una generazione di fisici italiani, me compreso”.
Ma cosa ha scoperto effettivamente Parisi? “Mi sono occupato del caos” spiega lo scienziato. Non c’è nulla di più affascinante che trovare un ordine al suo interno. Dalle particelle ai sistemi neurali, fino ai componenti che formano un pezzo di vetro, ci sono sistemi le cui regole sono tutte da scoprire e il mio lavoro è provare a farlo. Ci sono ancora tante cose che mi piacerebbe scoprire”.
L’Italia quindi sembra essere ancora un paese adatto alla scienza. “Io mi ci sono trovato bene e ci sono sempre rimasto. E’ vero che nella scienza non c’è più tanta fiducia al giorno d’oggi. Pensiamo che abbia smesso di aiutarci a creare un futuro migliore. Ma sbaglia chi pensa che staremmo meglio senza di lei. Quello di cui abbiamo bisogno è più scienza, non meno scienza”. E potrebbe aiutarci anche nel fronteggiare il cambiamento climatico. “La scienza ha il compito di aiutarci a prevedere il futuro” afferma Parisi. “In questo caso ci avverte che qualcosa di grave potrebbe accadere, se non agiamo al più presto per fermarlo”.
Parisi nella sua carriera ha studiato argomenti molto diversi, accomunati dal poter essere chiamati sistemi complessi: dal bosone di Higgs alle interazioni fra i neuroni del cervello, che lo hanno portato a occuparsi di reti neurali e intelligenza artificiale, fino al comportamento dei singoli uccelli all’interno degli stormi in virata. Oggi fa ricerca sulla struttura di materiali eterogenei come i vetri. Anche lo studio del clima è considerato parte dei sistemi complessi. Per questo il fisico italiano è stato premiato accanto a due colleghi climatologi.
I suoi studi sui sistemi complessi risalgono a più di quarant’anni fa. Ha cominciato a lavorarci durante le vacanze di Natale del 1978.
Per capire cosa sia un sistema complesso iniziamo a definire un sistema semplice: ad esempio un bicchiere d’acqua. Quello che si può fare è soltanto misurare la temperatura, il volume, la pressione. Le molecole dell’acqua, poi, sono tutte uguali, ecco perché è semplice.
Un sistema complesso può essere, con un altro esempio, un gatto. Lo si può descrivere guardandolo fisicamente da fuori. Poi però ci sono tutti gli ormoni e tutte le cellule, internamente. E ancora: c’è la complessità che riguarda la descrizione affettiva del rapporto con il padrone.
Gli studi su questi sistemi trovano ormai applicazione nella nostra quotidianità. Ad esempio l’intelligenza artificiale. Dice Parisi in un’intervista, parlando del suo lavoro in questo campo: “Gli studi sono connessi a quelli fatti negli anni Ottanta. Molte cose sono già state utilizzate, ma molte altre possono essere ancora sfruttate. Ora vorrei io stesso riprendere in mano l’intelligenza artificiale per rimetterla in moto… i campi di applicazione sono tantissimi, molto pratici. Come per esempio, la possibilità di trovare nuovi medicinali,… la guida automatica dell’automobile. È un campo dove si sta andando avanti molto lentamente, ma penso che fra dieci anni ci si arriverà, così si ridurranno gli incidenti automobilistici. L’intelligenza artificiale ha la capacità di informarsi sul mondo esterno molto meglio dell’uomo. Però bisogna stare attenti, ci sono anche risvolti pericolosi dell’intelligenza artificiale. Il sistema di armi letali non può essere lasciato in mano alle macchine. Non possono essere loro a decidere chi uccidere o meno. Parlo dei droni, non possono avere la capacità autonoma per decidere, chi colpire mortalmente, dietro ci deve sempre essere l’intervento umano.”
Alla domanda su come evitare questo pericolo, Parisi risponde con molta semplicità: “È stata fatta una convention sulle armi chimiche, bisognerebbe farne una anche su questo”.
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Fonti:
repubblica.it
corriere.it