PsicologicaMente – Il buio dell’incomprensione
“Il problema è capirsi. Oppure nessuno può capire nessuno: ogni merlo crede d’aver messo nel fischio un significato fondamentale per lui, ma che solo lui intende; l’altro gli ribatte qualcosa che non ha relazione con quello che lui ha detto; è un dialogo tra sordi, una conversazione senza né capo né coda. Ma i dialoghi umani sono forse qualcosa di diverso?” (I. Calvino)
Cari lettori, al rientro da queste tanto agognate vacanze ho pensato di soffermarmi sul tema del dialogo e della comunicazione, in particolare su quanto accade laddove nasce il fraintendimento. L’esperienza che ho maturato negli anni mi suggerisce una metafora che ritengo estremamente simbolica ed efficace: una incomprensione genera un buio, il buio nasce perché ci sono parole che riescono a spegnere gli affetti, a cancellare la memoria, ad uccidere l’amore.
Credo che nulla riesca a produrre più buio di quelle frasi che non ci aspettiamo, che ci colgono impreparati, di quelle parole torve che spengono la luce intorno a chi le pronuncia ed a chi le ascolta.
In effetti tutto è nato proprio durante questi giorni di breve vacanza, quando mi sono ritrovato a spiegare ad amici e conoscenti incuriositi dalla mia professione quale fosse l’istanza più frequente che i pazienti mi sottopongono. Allora mi sono interrogato ed ho concluso che, certamente, la percezione di non sentirsi capiti è la più grande delle preoccupazioni che le persone mi portano in terapia.
Inoltre, se dovessi tornare indietro, indubbiamente un tema comune che ha caratterizzato la mia adolescenza e quella di gran parte dei miei amici è il classico “mi sento incompreso”.
Sembra tanto un cliché che “tutti si sentano incompresi”, ma purtroppo quelli a cui, nella mia vita, ho sentito dire questo, hanno poi, a poco a poco, compreso che è vero.
Così, riflettendo sull’argomento, mi sono anche sorpreso a formulare diversi pensieri su cosa generi l’incomprensione, ho concluso che essa genera pesanti ombre, il buio, appunto.
Ho tralasciato il significato letterale di questo termine “buio” e mi sono soffermato sulle impressioni affettive e psicologiche di certe situazioni nell’ambito della vita che si conduce ai nostri giorni, sempre più caotica e sorprendentemente distratta e distante dal comprendere quanto importante sia la scelta di un lessico appropriato in un rapporto verbale a due.
Certamente è indispensabile intuire che, per salvaguardare la salute e il benessere delle persone che si amano, occorre sanare anche le parole che reciprocamente ci si scambia senza alterarne la natura e senza trascendere.
Ricordo di aver letto proprio questi sentimenti nelle lettere di una mia paziente, ella nel pieno della sua adolescenza, più o meno, scriveva: “Trascorro tutta la mia giornata, l’intera vita sperando di trovare qualcuno che mi capirà, ma a causa della mia natura, finisco per dover dare continuamente spiegazioni su come e perché agisco in un certo modo.”.
Ovviamente, in seguito alla terapia, la sua percezione di ciò è cambiata, all’inizio pensava che erano le circostanze, talvolta insolite della sua vita, che la portavano ad avere esperienze particolari, si è poi resa conto che, invece, si trattava di esperienze comuni tra i giovani di oggi.
In un universo veloce ed informatizzato come il nostro questi ragazzi si sentono intrappolati in un mondo che li “giudica” ad ogni angolo ed il non sentirsi aiutati e compresi li induce a comunicare poco e male, sicché il fraintendimento è davvero all’ordine del giorno.
Chi di noi non ha dovuto pagare le conseguenze più o meno gravi di un comportamento palesemente inadeguato, capace di rivelare a tutti i limiti delle proprie capacità comunicative?
La comunicazione tra umani è la più complicata tra tutti gli esseri viventi ed il linguaggio è spesso fonte di equivoci.
La verità è che non è sufficiente scegliere le parole giuste; il difficile non è scegliere cosa dire, ma imparare a dirlo nel modo più opportuno.
A volte non sono nemmeno le parole in sé, può essere il tono della voce ovvero i gesti che compiamo, la cosiddetta comunicazione non verbale, a fare la differenza.
Pensiamo al sarcasmo, quell’ironia amara di cui talvolta sono pregne le nostre espressioni, può cambiare completamente il significato delle parole, così come, ad esempio, non è possibile nascondere che siamo arrabbiati se il nostro atteggiamento viceversa lo rivela.
Ci sono poi momenti in cui intendiamo inviare un messaggio positivo, ma tono o parole non sono proprio quelli adeguati. Consideriamo una critica, essa può essere costruttiva solo se adoperiamo parole giuste, può tuttavia essere distruttiva e minare l’autostima della persona se tono e linguaggio risultano sbagliati. Inconsciamente, il nostro cervello coglie ogni piccolo segnale e fa scattare l’allarme quando percepisce un’incongruenza o un attacco.
Ma allora, quale la soluzione per assolvere ad una giusta comunicazione, che non sia foriera di fraintendimenti?
Innanzitutto non basta parlare, dobbiamo anche ascoltare ed è imprescindibile anche comprendere ed accettare.
Dobbiamo familiarizzare con i concetti di comunicazione lineare e comunicazione circolare per instaurare un buon dialogo, mi spiego meglio. La comunicazione lineare si riassume indubbiamente nel concetto di autorità, pensiamo ad un militare che esegue l’ordine di un superiore, egli non può discuterne, può solo eseguirlo. La comunicazione circolare, viceversa, esclude l’autorità e si fonda sull’autorevolezza, ed è questa che garantisce una interazione pulita ed efficace.
Pertanto, a prescindere dal contenuto oggettivo della comunicazione, diventa essenziale immedesimarsi nell’interlocutore, cercare di comprendere come possa interpretare il nostro messaggio, se esiste qualche ostacolo a che lui lo riceva nella sua autenticità e genuinità, ma senza che questo conduca ad una comunicazione artificiale o ad un celare le proprie emozioni.
Dobbiamo, insomma, imparare a comunicare partendo dalla nostra vera essenza.
Il problema principale, oggi più che mai, consiste nel fatto che spesso si cerca di celare ciò che realmente si pensa o si sente, sicché il nostro interlocutore si accorge che il messaggio che trasmettiamo non è autentico.
Ovvio che dobbiamo anche preservare le relazioni impedendo alle emozioni di prevalere ed esplodere, in particolare quando capita di provare sentimenti di angoscia o rabbia. Importante è garantire che il nostro messaggio sia recepito come autentico e quindi che possa raggiungere l’altra persona con un’aura positiva.
Dunque, prima di tutto riconoscere gli errori nella comunicazione e quindi provvedere a modificarli ci aiuta certamente ad evitare malintesi ma soprattutto ad essere più efficaci nel confrontarci con gli altri, insomma modificare anche una sola piccola cattiva abitudine, quale può essere il non guardare la persona che ci sta parlando, può facilitarci molto la vita.
Anche se alcuni sostengono che una comunicazione efficace possa essere frutto di una strategia studiata a tavolino, io dissento completamente. Ogni persona è unica, ogni storia è individuale, ogni esperienza è differente ed il tutto influenza la comunicazione, e quindi anche la relazione con l’altro, rendendo impossibile qualsivoglia pianificazione.
Una corretta interazione si basa su presupposti imprescindibili, quali l’empatia, l’ascolto, i feedback, la spontaneità. Tutto ciò contraddistingue anche quello che gli addetti ai lavori chiamano un atteggiamento di ascolto attivo, il quale ha poi la funzione di accogliere ed incoraggiare l’altro, restituirgli ciò che arriva del messaggio che intendeva inviare e, soprattutto, consente di eliminare atteggiamenti sabotatori quali il giudizio, la critica, le conclusioni affrettate.
Allora, possiamo affermare che comunicare correttamente significa trovare la via migliore per esprimere se stessi e le proprie emozioni nell’autenticità, così da instaurare relazioni limpide e soddisfacenti, condividere bisogni, valori e obiettivi senza temere incomprensioni. Questa modalità interattiva permette di entrare in sintonia con tutto ciò che abita le nostre vite, ascoltare attivamente ogni forma comunicativa, anche i silenzi, rispettare i ritmi di chi ci sta di fronte ed arricchirci interiormente.
Notazioni Bibliografiche:
– “Fondamenti di psicologia della comunicazione”, Luigi Anolli, Il Mulino;
– “Libro Rosso. Liber Novus”, Carl Gustav Jung, Bollati Borlinghieri.