Psicologicamente – Nella mente del narcisista


“Narciso si chinò lentamente verso di lui e fece quello che in tanti anni della loro amicizia non aveva mai fatto, sfiorò con le sue labbra i capelli e la fronte di Boccadoro. Questi si accorse di ciò che accadeva, prima con stupore, poi con commozione “Boccadoro”, gli sussurrò all’orecchio, “perdonami di non averlo saputo dire prima”.” (H. Hesse )

Cari lettori, in questo numero della Rubrica ho ritenuto opportuno soffermarmi sull’analisi di un “profilo” che sovente incontro durante le mie terapie, come protagonista o come antagonista della storia del paziente, sto parlando del Narcisista.
In psicoanalisi il narcisismo è una gratificazione erotica, derivante da un eccessivo amore per se stessi, ed è considerato una fase normale di sviluppo quando non sconfina nella patologia vera e propria.
Il nome fa certamente riferimento a Narciso, un giovane della mitologia greca dalla bellezza sorprendente che, per mano della dea Nemesi, si innamorò del suo riflesso in una fonte di acqua fino a morirne. Fu tramutato quindi nel fiore che porta il suo nome, che cresce vicino all’acqua.
Da questo meraviglioso mito prende spunto la psicologia per dare un nome al disturbo che affligge
quelle personalità che si caratterizzano per l’espressione di idee di grandiosità, una necessità costante di ammirazione e una forte carenza di empatia.
Il soggetto narcisista è costantemente impegnato a difendersi da potenziali lesioni del proprio valore, può reagire nei confronti del presunto offensore o con manifestazioni di superiorità, arroganza e disprezzo, raramente assumendosi la responsabilità delle proprie azioni oppure sentendosi inferiore, vulnerabile alle critiche e spaventato dal confronto. Talvolta coesistono entrambi i comportamenti ma generalmente prevale una delle due dimensioni.
E’ facile che il narcisista si senta eccitato da una situazione competitiva e si carichi della necessità di dover essere a tutti i costi “migliore degli altri”, non perdendo occasione per mostrare la propria superiorità. Ciò accade in quanto egli ha la costante necessità di affermare ed accrescere il suo status, infatti soggetti che soffrono di tale disturbo, di solito, ricorrono alla terapia perché percepiscono la minaccia di una umiliazione reale o potenziale, si pensi alla perdita dello status lavorativo, sanzioni disciplinari, la perdita della relazione con un partner o un figlio, e così via.
Il problema è che difronte al terapeuta pongono resistenza nel mostrare veramente se stessi, cercano attenzione e ammirazione ma sostanzialmente scarseggia la volontà di operare un cambiamento.
I narcisisti si caratterizzano per impulsività ed instabilità e di solito questo disturbo si palesa più frequentemente nei soggetti di sesso maschile.
Le caratteristiche principali di chi soffre del disturbo narcisistico di personalità possono individuarsi attraverso il manifestarsi di due o più dei seguenti sintomi:
– Idee grandiose di sé riassunte nella convinzione di meritare un trattamento diverso dagli altri, di avere particolari poteri, talenti o di essere particolarmente brillanti o attraenti, di dover frequentare persone altrettanto speciali o di status elevato;
– Fantasie di successo illimitato, potere, fascino, bellezza o amore ideale;
– Ritenere di non essere sufficientemente apprezzati e riconosciuti nel proprio valore;
– Senso di vuoto e apatia nonostante eventuali successi;
– Richiesta eccessiva di ammirazione per le loro qualità speciali;
– Tendenza allo sfruttamento degli altri;
– Mancanza di empatia e quindi incapacità a riconoscere e identificarsi con i sentimenti e i bisogni degli altri;
– Sentimenti di disprezzo, vergogna o invidia e atteggiamenti arroganti e presuntuosi.
Ma quali sono, in effetti, le cause che sono all’origine del Disturbo Narcisistico di Personalità?
Molte ricerche rimandano a fattori ereditari e ambientali.
Per quanto riguarda i fattori ambientali, un ruolo chiave potrebbero averlo avuto genitori che hanno fortemente avallato l’idea della superiorità del figlio, che hanno premiato solo quelle qualità foriere di un’immagine grandiosa di sé e che veicolano il successo.
Viceversa, altri autori, ritengono che alla base del disturbo di cui parliamo vi sia un ambiente familiare che non riesce a fornire al bambino le attenzioni e le cure di cui ha bisogno, a riconoscere le sue emozioni, né a sostenere la sua autostima o le sue inclinazioni. Un contesto di questo tipo indurrebbe a sviluppare l’idea di vivere facendo a meno dell’altro e, quindi, facendo conto unicamente sulle proprie capacità e forze.
Ulteriore ed opposta ipotesi è quella di un ambiente iperprotettivo, che mina la fiducia del bambino in sé ovvero ancora un ambiente permissivo e indulgente che comunica a chi lo vive un senso di superiorità.
Ancora una possibilità potrebbe essere quella che vede il futuro narcisista, nei primi anni di età, vittima di offese e umiliazioni, soprattutto da parte dei coetanei, ecco che questo trasformerebbe la continua minaccia all’autostima sviluppando un senso di sé grandioso.
Insomma il narcisismo può avere davvero innumerevoli natali.
Veniamo ora alle conseguenze di questo disturbo, esso può certamente invalidare la vita professionale, sociale e affettiva delle persone che ne soffrono: nel momento in cui non si ottiene il riconoscimento sperato o addirittura si subiscono eventuali critiche, la reazione può essere di rabbia o vergogna. Oltretutto, abbiamo detto che lo status sociale ricopre un ruolo primario per l’immagine di questi soggetti, pertanto essi tendono a legarsi sovente a persone famose o speciali godendo così di una importanza riflessa. Purtroppo saranno destinati a sviluppare solo rapporti opportunistici e superficiali.
Quando il narcisista non riceve quell’ammirazione continuamente richiesta, trattamenti di favore o una immediata soddisfazione delle sue esigenze a discapito dell’altro, diventa furioso, mostra disprezzo e distacco e ricorre alla manipolazione o a comportamenti abusanti pur di raggiungere i propri fini. Non di rado, chi gli sta intorno decide di allontanarsi, con conseguenti periodi, per il narcisista, di solitudine, ansia e depressione, che diventa poi l’unica motivazione che lo spinge a richiedere un aiuto. Tuttavia allorquando si rivolge allo psicoterapeuta, questi manifesta, non la sua presunta unicità e superiorità, bensì un quadro più complesso, fatto di emozioni negative, disturbi sintomatici e problematiche comportamentali che altro non sono se non l’espressione dell’insoddisfazione del loro unico e solo desiderio: quello di essere riconosciuti per il proprio presunto valore speciale.
Il quadro sintomatologico è rappresentato da attacchi di panico o stati depressivi che scaturiscono dal fatto che la rappresentazione temuta di sé (un sé percepito come difettoso, fallimentare) si sia affacciata alla coscienza magari a causa dell’abuso di alcol o sostanze adoperate proprio al fine di ristabilire lo stato di grandiosità che ritengono aver perso.
Ma veniamo alla cura di questo problema. Sono vari i trattamenti di comprovata efficacia per la cura del disturbo narcisistico di personalità.
La terapia cognitivo comportamentale è uno di questi, mira al raggiungimento del benessere psicologico, relazionale e lavorativo della persona.
L’obiettivo di questo percorso è soprattutto quello di sostituire i pensieri negativi con altri più adattivi e realistici utilizzano la tecnica della ristrutturazione cognitiva. Ad esempio si lavora molto sul tipico pensiero del narcisista, quello del “tutto o nulla” che consiste nella tendenza a considerarsi o meravigliosamente superiori o completamente senza valore. La ristrutturazione di questo pensiero aiuta a limitare le aspettative eccessive che si ha su di sé e sugli altri e a sostituirle con convinzioni alternative più realistiche. Lo stesso processo di identificazione e sostituzione vale per altri comportanti disfunzionali come per esempio eventuali eccessi di rabbia.
Pertanto sarà necessario abbinare alla terapia cognitiva tecniche comportamentali volte a migliorare le abilità sociali: appunto la capacità di gestire la rabbia, di entrare in intimità con l’altro, l’espressione dei propri bisogni senza manipolare il prossimo, l’empatia e quindi la capacità di riconoscere il valore e l’importanza delle esigenze altrui.
Altra possibilità di curare il disturbo la offre la Schema-Focused Therapy. In questo caso si combinano aspetti della terapia cognitivo-comportamentale, esperienziale, interpersonale e psiconalitica in un unico modello di intervento. Le origini primarie dei più gravi disturbi di personalità, secondo la Schema Therapy, sono i bisogni emotivi dell’infanzia non soddisfatti, in particolare quelli riguardanti il rifiuto e l’abuso, allora l’obiettivo sarà quello di aiutare i pazienti a soddisfare questi bisogni emotivi primari attraverso rapporti interpersonali sani.
Possiamo, ancora, contare sulla Terapia Metacognitiva Interpersonale. Questa tecnica mira a migliorare il benessere dell’individuo partendo sempre dalla relazione terapeutica, ovvero creando un ambiente di fiducia e rispetto reciproco fra il paziente e il terapeuta che si impegnerà a promuovere l’autoriflessività del paziente, ovvero la capacità di accedere agli stati interni (pensieri, emozioni); ricostruire insieme a lui gli schemi Sé/Altro disfunzionali sostituendoli con altri più adattivi; ridurre la tendenza del paziente a finalizzare esclusivamente o prioritariamente l’incremento dell’autostima, far riscoprire al paziente ciò che gli piace davvero e che forse è stato offuscato dal desiderio di autoomaggiarsi.
Ultima spiaggia ed ovviamente parliamo dei casi veramente gravi, vi è il ricorso al trattamento farmacologico. In verità l’utilizzo dei farmaci per il trattamento di questo disturbo è apparso, ad oggi, poco significativo, salvo che si parli di stati d’ansia sociale, ipocondria, depressione, o impotenza rabbiosa. Infatti, la terapia farmacologica non interviene sulle caratteristiche di personalità, ma può essere utile con riferimento ad eventuali conseguenze secondarie.
A conclusione di questa disamina, certamente non esaustiva dato l’argomento estremamente impegnativo, vorrei concludere lasciando una mia personale riflessione.
E’ vero che il motto di noi terapeuti è “Amarsi prima di amare”, ma attenzione a non scambiare questa verità con l’incitazione a provare un amore sproporzionato, una celebrazione del vostro io più simile all’adorazione religiosa che ad una sana stima di sé stessi perché, come dico sempre, “virtus in media stat”!

Notazioni Bibliografiche:
• “Potere, coraggio e narcisismo. Psicologia e scienze umane”, Heinz Kohut, Astrolabio;
• “Il disagio del narcisismo. Dilemmi diagnostici e strategie terapeutiche con i pazienti narcisisti”, Glen O. Gabbard – Holly Crisp, Raffaello Cortina Editore.