PsicologicaMente – L’autoinganno


“E’ come se ci fossero degli invisibili macchinisti che di volta in volta montano la scena – il mondo che è attorno a noi e dentro di noi – in ogni minimo dettaglio. Chi possono essere queste potenze tuttofare della mente, e da dove vengono?” (Daniel Goleman)

Cari lettori, compagni di viaggio nei reconditi meandri della mente, questa settimana vorrei parlare del modo con cui proprio la mente, spesso per fini che oserei descrivere “di sopravvivenza”, tenta di ingannarci.
Si tratta di un meccanismo che il Dizionario di Psicologia di U. Galimberti descrive alla voce “autoinganno” ovvero un “atteggiamento mentale di difesa attraverso cui l’individuo falsifica consapevolmente l’immagine che ha di sé per non perdere l’autostima o per non rinunciare al soddisfacimento di bisogni istintuali coscientemente rifiutati. Così facendo il soggetto riesce a raggirare la censura del super-io, offrendo a se stesso false motivazioni che giustificano ai suoi occhi i propri comportamenti ed i propri pensieri”. Detto in altre parole: l’arte di mentire a se stessi.
L’autoinganno (o self-deception) è, dunque, una strategia nota a tutti noi e che procediamo a mettere in atto quando la realtà che si palesa ai nostri occhi è troppo diversa dalla rappresentazione di un “sé ideale” che elaboriamo dentro di noi. E’ allora che subentra l’urgenza di difenderci per non perdere la nostra autostima e/o la nostra personale visione del mondo ed iniziamo a “mentire”.
In questo modo incorriamo inconsapevolmente in un inganno della mente e ne restiamo affascinati perché che ci garantisce la possibilità di “cambiare canale” nonché di “mettere in onda” un racconto alternativo più accettabile e plasmato sui nostri desideri e aspettative.
Nel corso della vita cerchiamo cioè, quasi fossimo attori, di rappresentare ciò che più ci fa piacere di noi stessi e di ciò che facciamo, e questo a tutti i costi, anche a costo di riflettere un’immagine di noi che non corrisponde affatto alla realtà.
Vi garantisco che nessuno di noi è immune da questa tentazione.
Ma analizziamo meglio quali sono le caratteristiche di questo ingannevole meccanismo, in cosa consiste precisamente?
Esempi da farsi ce ne sarebbero molti, il più classico è quello del marito che si rifiuta di accettare che la moglie lo tradisca nonostante abbia prove incontrovertibili dell’infedeltà, ma anche della madre che si rifiuta di credere alla colpevolezza di un figlio che ha, viceversa, commesso un reato, o ancora di coloro che si dichiarano felicemente single ma in realtà sono alla disperata ricerca di un partner e potrei portarne tanti altri ancora…
In linea generale c’è da sapere che la prima caratteristica dell’autoinganno è che in esso si racchiude l’assoluta discordanza tra quanto il soggetto sa, anche se in modo inconsapevole, e ciò che invece è disposto a riconoscere e ad ammettere all’esterno.
Un altro aspetto di questo meccanismo menzognero è che si differenzia dalla bugia per un elemento fondamentale e consistente nel fatto che, mentre nella bugia si conosce la verità e si racconta una falsità intenzionalmente, nell’autoinganno si accetta per vera una falsità senza rendersene conto.
Non a caso parliamo di un processo che non di rado riguarda anche le condizioni di dipendenza, o comunque tutte quelle patologie in cui la realtà viene mistificata dalla persona che ne è affetta e questo al solo fine di giustificarsi, evitando sensi di colpa o scrupoli e dunque sentirsi meglio.
Nondimeno esistono differenti ipotesi di autoinganno da tenere in conto e che tutti mettiamo in atto più o meno frequentemente.
Un autoinganno che possiamo definire di tipo funzionale è quello che si paventa allorquando ci prefiggiamo un obiettivo ma, non riuscendo a raggiungerlo, proviamo a convincerci che in realtà non era la cosa giusta da fare. Questa tipologia può provocare danni seri ed importanti alla personalità, perché ci induce a rallentare, a stanziare all’interno della nostra zona di comfort e non ci stimola mai ad attivarci e ad impegnarci per poter ottenere ciò che, in realtà, desideriamo ardentemente.
D’altro canto esiste anche un autoinganno del tipo opposto, ovvero riconoscere all’obiettivo raggiunto un valore maggiore di quello reale e ciò accade quando l’ottenimento di qualcosa ci richiede un grande sforzo, impegno o in ogni caso un investimento elevato. In questo caso la tendenza è quella di suffragare ed attribuire moltissimo valore alla decisione presa o all’obiettivo raggiunto elencandone tutti i pregi e fino a dare a noi stessi la prova che ne sia veramente valsa la pena. Si tratta di un tipo di autoinganno che mi piace definire “positivo”.
Vi è poi l’autoinganno consolatorio. Questa tipologia di menzogna genera un ulteriore meccanismo consistente nell’individuare la causa del mancato raggiungimento di un dato scopo in circostanze esterne a noi. Il tutto al fine di consentirci di salvaguardare e proteggere la nostra autostima offrendole uno scudo da tutto ciò che potrebbe attaccarla, ovviamente questa estrema protezione ha una controindicazione: ci impedisce di proseguire lungo il nostro percorso di crescita e di naturale evoluzione.
Altro frequente comportamento di autoinganno consiste nel mentire agli altri al fine, però, di persuadere noi stessi: più ripetiamo un racconto, anche se non veritiero, più esso ci convince e “diventa vero”. In principio, forse, si è anche consapevoli delle distorsioni ma poi si finisce irrimediabilmente per immedesimarci a tutto tondo nel personaggio o nella narrazione che il nostro ego ha creato, e ciò fino a rimuovere completamente le bugie dette.
Orbene da un lato l’autoinganno sembra essere un meccanismo del pensiero quotidiano, normale, quindi assai frequente e che riguarda tutti indistintamente, dall’altro però allenarsi a svincolarsi da queste insidie mentali certamente gioverà al miglioramento ed al raggiungimento di determinati obiettivi, insegnandoci a rapportarci in modo più costruttivo con la realtà che ci circonda.
Ogni volta che riusciamo a smascherare un autoinganno cui la nostra mente ci indirizza, demoliamo a poco a poco questo nostro comprensibile ma deleterio bisogno di difenderci dalla realtà, ma soprattutto compiamo un importante passo verso l’autorealizzazione e l’accettazione personale.

Notazioni Bibliografiche:
• “Menzogna, autoinganno, illusione”, D. Goleman, Rizzoli;
• “La dimensione delirante. Psicoterapia cognitiva della follia”, R. Lorenzini e B. Coratti, Cortina Raffaello;
• “La Terapia cognitivo-comportamentale”, J. S. Beck, Astrolabio.