PsicologicaMente – Autorealizzazione 2.0


“ Un musicista deve fare musica, un pittore deve dipingere, un poeta deve scrivere, per poter essere definitivamente in pace con se stesso. Ciò che uno può essere, deve esserlo.
Egli dev’essere come la sua natura lo vuole.
Questo è il bisogno che possiamo chiamare di autorealizzazione.” (A. Maslow, Motivazione e Personalità,1954)

L’autorealizzazione è la propensione dell’essere umano a realizzare concretamente le proprie potenzialità, sia dal punto di vista della maturazione interiore, psichica ed emotiva, sia da quello del comportamento esteriore. Il raggiungimento di questi obiettivi può essere visto come la massima aspirazione, ciò verso cui tendere usando le proprie qualità; essere ciò che si desidera sulla base dei propri valori, dei principi etici e morali, la possibilità reale di diventare tutto ciò a cui si ambisce.
Quello che l’uomo riesce a realizzare seguendo i propri desideri e le proprie aspirazioni, ciò che chiamiamo appunto autorealizzazione, contribuisce in modo primario al suo benessere. Così agendo, la persona si pone nella posizione di esprimere pienamente la propria individualità, il proprio essere unico, anche se questo potrebbe significare non rientrare in quanto ritenuto “ideale” dalla società.
L’autorealizzazione è, a giusta ragione, uno degli obiettivi che si pone la psicologia umanistica, sostenendo la persona ad affermarsi, a seguire la propria auto-affermazione: si ritiene che l’uomo abbia il compito di realizzare le proprie aspirazioni attraverso le sue capacità. Nel caso in cui ciò non avvenga, la persona potrebbe sviluppare un senso di colpa e di fallimento poiché ha tradito la sua vera natura.
Carl Rogers sostiene che la vera forza motivante per l’individuo sia “quella di attualizzare, mantenere ed esaltare l’organismo esperimentante”.
In questo processo un ruolo fondamentale è ricoperto dalle emozioni, poiché orientano e proteggono lo sviluppo dell’auto-attualizzazione e il suo mantenimento nel tempo, ed averne consapevolezza permette alla persona di mettersi in contatto con se stessa e muoversi in direzione dei propri obiettivi e della propria autodeterminazione.
Vale la pena ricordare brevemente che l’autorealizzazione è un concetto sviluppato da Abraham Maslow, il padre fondatore della psicologia umanistica, egli è stato il primo psicologo che ha studiato le persone sane in quanto profondamente convinto che un tale studio avrebbe costituito un solido fondamento per le teorie e i valori di una nuova psicoterapia. Maslow scoprì che gli individui sani sono spinti verso l’autorealizzazione, un processo di “continua realizzazione di potenzialità, capacità, talenti, come adempimento di una missione, di un richiamo, di un destino o di una vocazione, come una totale conoscenza e accettazione dell’intrinseca natura della persona, come una tendenza sempre più forte verso l’unità, l’integrazione o la sinergia all’interno della persona stessa”.
Il processo di autorealizzazione, pertanto, sembrerebbe l’atto del divenire pienamente se stessi, il quale esula dal mero soddisfacimento dei soli bisogni istintuali.
Guardando ora alle proposte della società contemporanea e alla propaganda dell’autorealizzazione a tutti i costi non si possono non notare delle notevoli differenze nell’evoluzione, o involuzione per meglio dire, del concetto stesso. L’autorealizzazione dell’uomo moderno nell’epoca della globalizzazione, quella che Bauman definisce società liquida, sembra essere legata a beni di consumo, dunque al possesso di oggetti materiali, al divertimento a tutti i costi o all’estremo opposto, al dover essere vittime sacrificali della perfezione a tutti i costi, all’essere sempre in tempo e sempre aggiornati, ad apparire in un determinato modo per essere più appetibili su quello che è diventato il mercato sociale, dove social network mettono “in saldo” ogni giorno l’immagine distorta di chiunque, che allo stesso tempo spera di essere gradito a gran parte degli acquirenti.
Oggi si parla di autorealizzazione 2.0, niente di più lontano dal concetto di cui avevano parlato Maslow e Rogers.
Abbiamo visto come per loro l’autorealizzazione è un agito che viene dall’interno ed ha a che fare con il conoscere, accettare e far crescere ciò che realmente siamo (ovviamente in una logica funzionale e sana), viceversa oggi, appare un processo estrinseco all’essere umano e proprio per questo più semplice da ottenere. Il vero problema è che, una volta ottenuta, non genera quella gioia e quella pienezza che può dare il sentirsi veramente coerenti a se stessi, sentire che si sta dando il proprio contributo per rendere il mondo un posto migliore, anzi ci si sente spesso vuoti, depressi e senza uno scopo nella propria esistenza. Questo accade perché bisogna tener ben presente che ciò che rende intimamente felice l’uomo non è il raggiungere facilmente degli obiettivi, ma che questi obiettivi appartengano realmente a se stessi e non agli altri.
Una persona “funzionante” e orientata all’autorealizzazione si presenta aperta e non difensiva, consapevole, in accettazione di se stessa, capace ad adattarsi in modo creativo alle novità, in grado di vivere con gli altri in armonia. Quante persone possono descriversi così?
Viviamo all’interno di una comunità disgregata, dove nessuno controlla nessuno e nessuno si prende cura di nessuno, tanto che diventa quasi impossibile ricevere conferma della propria identità e della propria differenziazione dall’altro. In una società frantumata, dove il legame con l’altro sfuma sino a scomparire del tutto, la realizzazione del Se diventa drammatica e impossibile.
Il diritto ad asserire la propria soggettività, a perseguire la propria autorealizzazione, diventa una sfida dolorosa e frustrante. Si trova una insormontabile difficoltà ad inserire il proprio punto di vista in un progetto comune, che possa essere condiviso dall’altro, dalla famiglia, dalla città.
Oggi ci si confronta con un disagio che non scaturisce più dal carattere repressivo e morale della civiltà, quanto piuttosto da una spinta coatta al godimento, al consumo inappagante e vuoto delle cose, all’uniformità che la globalizzazione impone, rendendo difficile la costituzione di una soggettività individuale ed il pieno accesso all’autorealizzazione.
L’iperattivismo, una vita sessuale priva di regole, il ricorso a vari tipi di droga e all’alcool, i disturbi dell’alimentazione, la violenza, apparentemente gratuita e immotivata, appaiono come una inclinazione compulsiva all’agire, che è tipica dell’uomo contemporaneo e che rimanda al quadro clinico della “personalità borderline”, ad un narcisismo al contempo grandioso e patologico, tale da impedire ogni effettivo avvicinamento all’altro. Il senso di vuoto, le “angosce di separazione” e le “angosce di intrusione” fanno da padrone.
Mi piacerebbe concludere segnalando al lettore che l’autorealizzazione non accade all’improvviso. Avviene per gradi, a mano a mano che impercettibili cambiamenti si accumulano l’uno dopo l’altro. Il primo passo è assumersi la responsabilità del proprio atteggiamento mentale, della propria situazione attuale e della propria salute. Il passo successivo è intraprendere le azioni necessarie per apportare i cambiamenti che si desiderano, nel rispetto del sistema sociale nel quale si è immersi.
E poi è fondamentale perseguire obiettivi senza il timore delle responsabilità che derivano da essi e che spesso invece bloccano l’attuazione per anni. Agire! Oggi urge fare scelte salutari in tutti gli aspetti di questa nostra caotica vita: solo così ne saremo ricompensati.

Notazioni Bibliografiche:
– Lowen, A., Lowen, L., Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica. Manuale di esercizi pratici. Roma, Astrolabio, 1979;
– Maslow, A. H., Motivazione e personalità. New York, Harper & Brothers, 1954;
– Maslow, A. H., The Farther Reaches of Human Nature, New York, Viking Press, 1971;
– Rogers, C., Cient-centered therapy; its current practice, implications and theory. London: Constable, 1951;
– Rogers, C. On Encounter Groups. New York: Harrow Books, 1970.