Egregore, spettro sociale?


Spesso interpretiamo il nostro mondo attraverso schemi che ci permettono di mappare mentalmente da dove veniamo e dove stiamo andando, con un procedimento che si ripercuote anche sulla comprensione dei fenomeni sociali. Questo articolo analizza aspetti inerenti alla consapevolezza del pubblico e di coloro che sono rivestiti di responsabilità e gli impatti sugli ambiti in cui operano. A partire dall’inquietante illustrazione di Igor Belansky, con un approccio il più possibilmente scientifico, si introduce il termine «egregora» come strumento per comprendere come agire per ottenere un auspicabile cambiamento. Una democrazia ed una economia avanzate di stampo liberale impongono uno stato forte per controbilanciare la deregolamentazione per la crescita economica e la regolamentazione per il bene pubblico, attraverso una migliore capacità politica e un buon governo. V’è anche bisogno di pubbliche amministrazioni dotate di funzionari competenti e onesti, esperti nell’arte dello Stato. La storia della grande crisi attuale di sistema, attraverso la valutazione delle sue origini e sue successive fasi, indica la via per evitare pericoli futuri.

Il filosofo della scienza Karl Popper, in uno dei suoi saggi sulla teoria della conoscenza, dal profetico titolo: “Tutta la vita è risolvere problemi”, parte dalla considerazione che l’essere umano è un “essere spirituale, almeno finché è in piena coscienza; è un essere spirituale, un Io, una mente, la quale è strettamente legata ad un corpo che soggiace alle leggi della fisica”.
Popper individua, pertanto, il millenario problema dell’interazione tra corpo e mente, a cui si accompagnano quelli della conoscenza e delle modalità del conoscere, laddove spesso le rappresentazioni adottate dall’uomo per dare un senso al mondo si traducono sotto forma di modelli, mappe e metafore. Non sono spesso affatto rappresentazioni accurate; ma, rimuovendo la maggior parte delle informazioni, forniscono più comprensione.
Analogamente, non solo le società descrivono sé stesse e i propri sistemi politici attraverso storie e miti, specialmente quelli che rimandano a un passato eroico, ma anche gli individui spesso rifiutano di credere a fatti e dati derivati empiricamente che complicano e contraddicono la loro visione della realtà, la loro falsa comprensione della propria coscienza, ossia quanto consente loro di orientare la propria vita.
Neuroscienziati e scienziati politici hanno indagato questi aspetti e monitorato non solo il modo in cui gli individui negano dati che contraddicono le loro convinzioni, ma effettivamente arrivano a credere notizie false o manipolate. In questo senso, si riconosce un sistema di credenze strutturato e rafforzato in piccoli gruppi omogenei di persone, come pure in più ampie stratificazioni di popolazione.
La ricerca condotta attraverso esperimenti cognitivi su individui e gruppi, supportati da scansioni di risonanza magnetica per immagini del cervello umano durante un processo decisionale evoluto, ci aiuta a comprendere che l’aggiornamento del valore e della fiducia in risposta alle informazioni di natura sociale implica un meccanismo di integrazione analogo a quello utilizzato nel processo decisionale percettivo primordiale.
Quale che sia livello a cui si sviluppa, un processo di «decision making» è quindi sempre il risultato di processi cognitivi ed emozionali, che determinano la selezione di una linea d’azione tra diverse alternative. In altre parole, le persone possono commettere errori in subordine a ciò in cui credono e, come hanno sostenuto a lungo i sociologi, c’è una costruzione sociale della realtà.
Di conseguenza, notevoli sono le difficoltà incontrate che da chi detiene ruoli decisionali nel tentativo di correggere malintesi e percezioni errate causate dalla mancanza di conoscenza e false informazioni. Da qui, si evince come impressioni falsate, pregiudizi, convinzioni ingiustificate talora continuino a influenzare i dibattiti politici anche dopo che sono state smontati. Ciò si verifica in una varietà di questioni quali i vaccini, le armi di distruzione di massa, la legislazione in materia di immigrazione, i cambiamenti climatici e la sostenibilità, ripercuotendosi indistintamente su tutto lo spettro politico, tanto conservatori quanto progressisti.
Quindi, occorrerebbe un altro modo per disvelare tali eufemistici malintesi.
Vasta è la terminologia che le diverse discipline hanno usato per cercare di descrivere il processo che porta a percezioni ampiamente condivise (giuste e sbagliate): “inconscio collettivo” dalla psicologia, “paradigmi” dalla scienza e dalle scienze sociali; “coscienza di classe” dalla politica, “immaginario collettivo” in antropologia e così via. Concezioni che sono tutte, o in parte, informate da ideologie. Le nostre narrazioni riflettono la nostra prospettiva e i nostri archetipi; anche a livello individuale molto comuni sono i miti eroici, che riconducono al desiderio di conquista da un lato o di affrancamento dall’altro.
Per capirlo, è forse utile soffermarsi brevemente sul termine «meme», coniato da Dawkins (1976) per definire, nell’ambito della valutazione della diffusione di idee ed esperienze sociali, un elemento di una cultura o di un sistema di comportamento trasmesso da un individuo a un altro per imitazione. Notiamo come esso sia stato abusato in alcuni casi nel corso degli anni, e persino abbia suscitato accese critiche.
Va considerato che il risultato dell’uso idiosincratico, strumentale, di storie, miti e paradigmi, tuttavia, va oltre un «meme» o, meglio, un «isomorfismo mimetico» ed è in realtà una sorta di «egregora», nelle sembianze strane e inquietanti che ci vengono restituite dal disegno a china, di grande effetto, di Igor Belansky.
Il vocabolo egregora si vuole derivi dal greco antico ἐγρήγορος, il cui significato originario, è «guardiano» (colui che veglia, vigila), e sembra essersi confuso con quello latino di «gregario», o «seguace passivo di un gregge, branco e, per estensione di un gruppo».
Sempre secondo svariati filoni dell’occulto e dell’esoterismo, le egregore possono crearsi, pure inconsapevolmente, da un pensiero ossessivo, e in tal caso si parla più comunemente di forme-pensiero elementali, cioè di esseri conosciuti anche nella mitologia, comprendenti ad esempio le Lamie dell’antichità greca, figure in parte umane e in parte animalesche, rapitrici di bambini; fantasmi seduttori che adescavano giovani e quant’altro. In questo ambito, vi sono inoltre teorie per cui l’essere umano, in quanto creatore di significati, si pone come agente nella rete di energia informata che costituisce il tessuto dell’universo (degli universi) e questa sua attività implica una sua grande responsabilità, alla quale un’eteria iniziatica ha il compito e il dovere di educarlo, allorquando si rivolge ad essa per intraprendere appunto un cammino iniziatico. In questo modo, una forma-pensiero può riferirsi a un’entità incorporea emanata da una o più persone, attraverso particolari metodi di meditazione collettiva o altre ritualità mistiche, in grado di influenzare pensieri e attitudini individuali. Se negativa, essa può nuocere alla persona di cui è parassita, sottraendole energia vitale.
Con il significato di entità psicologica che si costituisce per influenzare il processo di pensiero e la comprensione dei gruppi, fenomeni simili alle egregore, come sopra intese, sono osservati dalla sociologia e dalla psicologia sociale, ma ripuliti da connotazioni trascendentali. Così, le egregore possono essere riscontrate nelle imprese del settore privato e nella gestione del settore pubblico. Possono essere influenzate dalle ideologie, ma influenzano anche il modo in cui le ideologie vengono attuate e possono essere trasferite tra settori, gruppi e istituzioni. La classe dirigente dovrebbe esserne cosciente!
Riassumendo, il concetto base delle egregore prevede che un pensiero intensamente partecipato da un gruppo di persone, così come un sentimento, possa generare un’entità autonoma, una concrezione di quel pensiero o di quel sentimento. Più semplicemente, l’egregora si può ritenere come l’attribuzione di una personalità, di una forma, all’informe nuvola di pensieri e sentimenti condivisi intensamente da un gruppo.
In questa seconda accezione, l’egregora può essere considerata una forma-pensiero collettiva, alla stregua di quelle nate ad esempio da una fervente preghiera collettiva, da una terapia di gruppo, da un’energia di guarigione o in generale da un rituale.
Se pensiamo a certe correnti di pensiero come egregori contenenti le prospettive e i miti di un particolare approccio alla governance (pubblico e privato), questo può agevolare la nostra conoscenza del motivo per cui una determinata riforma o scelta sia avvenuta nel modo in cui è avvenuta. Una tale egregora non solo struttura la visione dei problemi, ma ne condiziona la comprensione ed è intollerante al dissenso. In effetti, non riconosce visioni del mondo diverse; il mondo o è piatto, o è piatto!
Ad esempio, se le istituzioni e gli individui operano con un’egregora “ideologicamente strutturato liberale” (anche se apparentemente influenzabile da parte di altre ideologie), paradossalmente questo è qualcosa di simile ad un “autoritarismo liberale”. Con conseguenze che diventano permeanti a livello globale, può portare i responsabili politici ad assumere decisioni inconsulte e i funzionari a comportarsi in modi inspiegabili.
Quali sono le scaturigini delle considerazioni appena fatte?
Non è per brevità questa la sede per una trattazione compiuta, ma non si può concludere non richiamando la necessità di rafforzare, sia individualmente sia in maniera sistemica, un «progetto umano» che sappia affrontare con successo le trasformazioni in atto nella società contemporanea. A rigore con un tale presupposto, non si può che condividere il refrain secondo il quale le istituzioni, i partiti, le aziende e tutte le forme di organizzazione del potere, «camminano con le gambe degli uomini». In ognuno dei molteplici ambiti, quindi, il funzionamento adeguato dei meccanismi di selezione della classe dirigente costituisce la principale delle chiavi di successo. Applicato all’Italia, questo assioma risulta ancora più stringente, poiché nell’attuale emergenza pandemica il nostro Paese si mostra strutturalmente carente di efficaci processi deliberativi che prescindano dal talento individuale dei decisori.
Ci potrà in questo campo aiutare la Sociatria, una nuova sociologia clinica per le società e le persone?