Dal biciclo alla bicicletta


In questo periodo di pandemia e la conseguente segregazione in casa, fra le tante necessità ho sentito il bisogno di una bella pedalata in bicicletta, mi sono dovuto accontentare del circuito del mio giardino, ma ciò mi ha portato a riflettere proprio sulla storia della bicicletta che mi ha appassionato. La bici ha fatto sognare intere generazioni, dai piccoli ai grandi, il primo prototipo era chiamato biciclo da cui poi il nome bicicletta.
A proposito della bellezza di questo mezzo a due ruote, la bicicletta nella mia infanzia non è stata tanto clemente, un piccolo incidente infatti mi ha lasciato ricordi indelebili … così, a ricordamelo a distanza di 60 anni, è sempre il mio ginocchio! Oggi si chiamano incidenti di percorso, a quel tempo io andavo a lavorare in bicicletta, ma la malinconia è incompatibile con l’andare in bicicletta, infatti la bici ha accompagnato e realizzato parte dei miei sogni e anche quelli di moltissimi giovani.
Il prototipo nasce nel 1870 con il nome di biciclo, aveva la ruota anteriore più grande e quella posteriore più piccola, ed era un’esclusiva per le famiglie aristocratiche; da lì a poco però, nel 1885, l’evoluzione tecnica avrebbe portato alla creazione della bicicletta come la conosciamo noi oggi con due ruote di uguale diametro. Già nel 1896 in Italia circolavano 30 mila biciclette e nel 1916 un milione e 300 mila biciclette. Questo mezzo per la sua utilità e bellezza non ha conosciuto rivali.
Ha scritto un anonimo che la bicicletta è l’unica catena che ti rende libero, infatti l’Italia è piena di percorsi ciclabili urbani ed extraurbani.
La ciclofobia, l’avversione alla bicicletta, è trasversale, Cesare Lombroso, padre dell’antropologia criminale e spirito laico abbinava biciclette e delinquenti, in parallelo la chiesa temeva che le due ruote potessero favorire una forma di neopaganesimo, tanto che nel 1894 il cardinale Giuseppe Sarto, futuro Papa Pio X, ne proibì l’uso ai sacerdoti anche se per molti di loro era comodissimo inforcare la bici per raggiungere i parrocchiani in campagna. La bici era troppo moderna in una società conservatrice, andare in bici era un gesto quasi sfrontato. Ricorda un docente che: una donna in bici si staccava dalla casa e dal focolaio, un uomo prendeva distanza dai luoghi dell’educazione tradizionale.
Per Antonio, il protagonista di Ladri di biciclette di Vittorio De Sica le due ruote sono la vita, la speranza, il lavoro.
La bici comunque rimane l’emblema del rispetto della natura e distributrice di vita, gioia e felicità.