Cose d’altri e cose nostre


Dovendo commentare la settimana politica, il cronista in questi giorni è attanagliato da un dubbio: se sia più importante la politica nazionale o quella estera. Sì, perché due avvenimenti stanno scuotendo il polveroso sacco delle miserie umane e sinceramente parlare dell’uno o dell’altro può fare la differenza solo per quanto riguarda soggetti e verbi, mentre gli aggettivi qualificativi apparterrebbero comunque alla vasta schiera di quelli che compongono il voluminoso libro degli insulti.
Stiamo parlando, com’è ovvio, dell’elezione bulgara di Enrico Letta a ‘Dominator’ del Piddì per quanto concerne la politica italiana, mentre non c’è dubbio che l’attenzione del resto del mondo resti concentrata sulle parole di un altro neo-eletto: il presidente americano Biden.
Non sapendo da chi iniziare, optiamo per l’ordine alfabetico.
Joe Biden, 46esimo presidente sul trono di G. Washington, aveva impostato tutta la campagna elettorale dando del guerrafondaio e del pazzo a Trump, il quale per tutta risposta lo insultava nei comizi e in TV, casa che non dev’essere piaciuta troppo agli americani che non gli hanno più concesso una maggioranza tale da poterlo confermare alla Casa Bianca. In realtà sono stati in pochi a voltargli le spalle, forse perché sentivano che i suoi avvertimenti erano centrati, tuttavia un sistema elettorale antidiluviano ha portato all’immane casino che tutti sanno, con tanto di assalto al Campidoglio (non hanno abbastanza oche, laggiù) e ‘impeachment’ farsa per Beaver Tuft (ciuffo di castoro), com’è soprannominato il Tycoon newyorchese.
Ebbene, appena insediatosi il nuovo padrone del mondo ha subito dato prova di quanto fossero vere le previsioni del suo predecessore. Doveva essere il trionfo della democrazia, invece come prevedibile è stato il trionfo del solito imperialismo a stelle e strisce. La notizia riguarda il bombardamento in Siria ordinato dal “democratico” Joe Biden il quale già durante le precedenti amministrazioni de “Dem”, nei vari ruoli al tempo ricoperti, aveva dato prova di quanto gli piacesse bombardare il mondo. Ricordiamo la sua fulgida carriera di “World Bomber” per quelli con la memoria corta. Dopo aver sostenuto l’invasione di Grenada da parte di Ronald Reagan nel 1983 e i bombardamenti sulla Libia nel 1986, Biden continuò ad abbracciare l’invasione di Panama da parte di George H.W. Bush nel 1991. Ma i fatti più salienti furono:
Serbia (1999): il bombardamento voluto da Clinton che ha messo fine alla guerra in Kosovo fu da lui approvato in qualità di senatore. Anzi: lo stesso Biden alcuni mesi fa confessò di aver anche proposto di bombardare Belgrado! Il 24 marzo del 1999 Bill Clinton annunciava l’intervento della Nato e il fallimento delle trattative con il presidente serbo Slobodan Milosevic. I raid dell’Alleanza, senza mandato Onu, iniziarono la sera: l’ordine arrivò dal Segretario Generale della Nato, Javier Solana, e durarono 78 giorni. I bombardieri Nato decollarono anche da quattro basi aeree in Italia e da unità navali nell’Adriatico. La Serbia e il Kosovo si trasformano in morti e macerie, ad essere colpiti sono sia obiettivi militari sia obiettivi civili.
Iraq (2002 – 2003): dopo aver in un primo tempo osteggiato i piani di Bush (repubblicano) in quanto pensava che il presidente volesse solo un grosso embargo internazionale, con un sorprendente discorso al Senato Biden dichiarò di appoggiare l’invasione dell’Iraq voluta dal presidente Bush che portò alla morte e al ferimento di migliaia di soldati statunitensi, uccidendo circa un milione di iracheni e destabilizzando un’ampia fascia del Medio Oriente. Assolutamente cieco circa l’importanza di Saddam e del partito Baat per mantenere un minimo di pace nella regione, Biden così si rivolgeva al capo degli ispettori Ritter (incaricato di ispezionare i depositi di armi chimiche): “Sappiamo entrambi, e tutti noi qui lo sappiamo davvero, ed è una cosa che dobbiamo affrontare, che l’unico modo in cui ci libereremo di Saddam Hussein è che finiremo per doverlo iniziare da soli e richiederà a ragazzi in uniforme di tornare a piedi nel deserto e abbattere questo figlio di puttana. Tu lo sai e io lo so.”
Siria (2014): in qualità di vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha sostenuto le Primavere arabe e la destabilizzazione del Nord Africa e del Medio Oriente operata dall’amministrazione democratica. In Siria, l’amministrazione Obama-Biden ha sostenuto gli attori proxy, ossia la sfilacciata e ambigua opposizione siriana, nel tentativo di rovesciare il regime di Bashar al-Assad e instaurare un nuovo regime democratico. Opposizione “moderata” ben presto sostituita dai ben più organizzati jihadisti di Al-Nusra (poi Hayat Tahrir al-Sham). L’amministrazione Obama nel 2014 ha lanciato attacchi aerei contro lo Stato islamico in Siria e nel 2015 vi ha schierato truppe per combattere il gruppo terroristico, sostenendo finanziariamente – e militarmente – i curdi. Risultato: Assad è ancora al potere e molte armi americane inizialmente donate all’opposizione “moderate” sono finite nelle mani dello Stato Islamico.
Libia (2015): stessa strategia l’anno successivo con la Libia. In Libia gli Stati Uniti, nell’ambito di un’operazione Nato, hanno fornito supporto aereo in un intervento che ha portato alla cacciata di Gheddafi. Obama spiegò che Gheddafi stava lanciando azioni militari che stavano causando la morte di civili e costringendo i libici comuni a fuggire nei paesi vicini, minacciando una crisi umanitaria in Libia. L’esercito americano ha speso circa 2 miliardi di dollari e diversi mesi per sostenere la caduta di Gheddafi. Risultato? In Libia non c’è la democrazia e dopo 10 anni il Paese è ancora in guerra. A quanto pare Biden non ha imparato la lezione.
E veniamo ai giorni nostri, con l’invasione da parte di elicotteri d’assalto sui cieli della Siria. 17 morti, questo l’effetto collaterale. Ma per la democrazia e il progresso questo è ben poca cosa. Il copione ritorna sempre identico a sé stesso dal 1989: vi è lo Stato-canaglia dittatoriale, cioè non allineato con il consenso di Washington, che attende di essere gloriosamente liberato dal bombardamento umanitario e dall’imperialismo etico della gloriosa civiltà dell’hamburger. Che si è proclamata, senza che nessuno le attribuisse questo ruolo, come paladina del genere umano.
Dopo l’era di Donald Trump, che con tutti i suoi limiti aveva se non altro contenuto i conflitti nel mondo, possiamo ora essere certi che con il “democratico” e “progressista” Joe Biden si torna ai precedenti fasti dell’imperialismo USA senza limiti e senza ritegno.
Ma l’ultima sparata è veramente incredibile: l’Uomo-che-dorme-anche-da-sveglio è riuscito a dare dell’assassino a Putin. “Da che pulpito…” sarebbe il primo pensiero, non c’è dubbio. Ma la cosa grave è che un atto del genere non accadeva neanche ai tempi della Guerra Fredda, sotto la dittatura sovietica. E meno male che Biden doveva essere quello misurato e pacifista dopo l’estremismo del folle Trump. Chissà cosa dirà domani del presidente Xi Jinping o della dittatura sanguinaria nordcoreana? Magarì darà del serial killer anche all’alleato turco Erdogan o all’intera famiglia reale saudita. Di certo sarà poco amato, se prosegue su questa strada, dallo stesso Israele, che tutto desidera tranne un riaccendersi di conflitti semisopiti.
Vi immaginate Nixon che al suo famoso incontro con Mao Tse Tung gli dà del killer? O F.D.Roosevelt che a Yalta insulta l’ospite baffuto dandogli del delinquente criminale?
Aggiungo che la risposta di Vladimir Putin è esattamente quella che ci si può aspettare da un signore d’altri tempi:
“Per quanto riguarda le parole del mio collega americano, noi davvero, come lui ha detto, ci conosciamo di persona. Cosa gli potrei rispondere? Che stia in salute! Gli auguro salute! Lo dico senza ironia. Nella storia di
ogni popolo, di ogni Stato, ci sono molti avvenimenti drammatici, pesanti, sanguinosi. Ma quando noi valutiamo le altre persone, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio e lì vediamo noi stessi, perché trasferiamo agli altri ciò di cui noi respiriamo, ciò che noi siamo in sostanza. Mi viene in mente quando noi da bambini, giocando in cortile, ci raccontavamo una storiella di scherno, dicevamo che se uno affibbia all’altro un brutto nome, quel nome lì definisce proprio chi lo ha detto”
Il fatto è che un presidente con i precedenti di Biden, a capo di un Paese che, tra bombardamenti sulle popolazioni civili, vittime innocenti sparse nel mondo, embargo di viveri e medicinali a popolazioni stremate e decimate, golpe in ogni angolo del mondo, ingerenze internazionali della Cia e spregiudicate eliminazioni di nemici non deve imparare da nessuno, avrebbe solo da stare zitto. Ma è chiaro come il sole che sul piano geopolitico la monarchia del dollaro resta il principale nemico che più minaccia la libertà e la democrazia. Prepariamoci perché questo è solo l’inizio.
A questo punto dovrei ancora parlare di Enrico Letta, ma sento dal fondo voci che già chiedono: “Letta chi?” a misura di quanto sia importante la sua elezione a capoccia dei trinariciuti. In effetti mi è anche passata la voglia, data l’insipienza dell’argomento. Tuttavia una cosa lasciatemela scrivere. Durante il discorso di incoronazione, pardon, di insediamento, Enrico-stai-sereno ha detto testualmente:” Non avete bisogno di un nuovo segretario, avete bisogno di un nuovo partito”. Come dire che la pressoché unanimità dei votanti ha eletto colui che li sbatterà fuori!
Sapendo bene che il PD non è altro che la versione edulcorata e ampliata del compromesso storico di Moro e Berlinguer, ma con attori da teatro di provincia, dilettanti allo sbaraglio che mirano solo al cachet, forse si rende conto anche lui che il PD, francamente, non può più arrivare da nessuna parte con questi uomini (le donne, poi…). Tant’è vero che ha già messo le mani avanti riguardo a un probabile passaggio del partito all’opposizione. Il guaio è che ancora pensa di poter arrivare a risultati positivi con quelle idee. Ed ecco allora riproporre il vecchio e stantìo jus soli, che nemmeno più i socialisti europei gradiscono.
Se poi i presupposti sono quelli di rispolverare anche l’Ulivo di Prodi (ma perché non anche le idee di d’Alema? A questo punto peggio di così non si potrà fare, no?), se si cerca il ritorno ai girotondi, magari fatti dalle sardine, che da due anni in stand-by puzzeranno ormai più della fogna di Calcutta, allora si vede bene che non c’è proprio trippa per gatti e anche i gatti saranno destinati a rimanere pochini.
Quattro gatti…


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Fonti:
https://covertactionmagazine.com/2021/01/19/bidens-key-role-in-the-crime-of-the-century-the-2003-u-s-invasion-of-iraq/Ù
https://it.insideover.com/politica/tutte-le-guerre-di-joe-biden.html
http://www.marcelloveneziani.com/