Le panchine … luogo d’umanità


Vorrei condividere una riflessione legata ad una mia esperienza personale, che ha come oggetto le panchine dei giardini e delle piazze pubbliche delle nostre città.
Le panchine sono nate all’inizio del Settecento, venivano poste nei parchi privati dei nobili e solo all’inizio dell’Ottocento furono posizionate anche nei luoghi pubblici (piazza e giardini). Inizialmente erano costruite con un blocco di pietra, poi in ferro battuto, poi in legno e per ultimo in plastica. In questi secoli è cambiata la struttura di questo arredo urbano, ma lo scopo è rimasto lo stesso: offrire un servizio a chi ne ha bisogno.
Quando visitiamo una città quasi sempre poniamo attenzione ai monumento per capire meglio un certo periodo storico di un popolo, trascurando magari quello che è il vero biglietto da visita di una città, cioè la pulizie delle strade, dei giardini pubblici con le rispettive panchine, luoghi dove, a mio avviso, si racchiude la storia moderna, perché la storia dei monumenti fa parte di chi ci ha preceduto, mentre l’ordine e la pulizia sono frutto degli uomini di oggi.
Vorrei soffermarmi proprio sulla panchina dei giardini pubblici: è il luogo di accoglienza per tutte le persone che ne hanno bisogno, siano esse povere o ricche. Credo che non ci sia stata una coppia che non abbia amoreggiato almeno una volta su una panchina pubblica, oppure una persona in cerca di compagnia o di un momento per leggere, scrivere o riflettere su problemi personali, oppure i nonni con i nipotini, per una sosta o per consumare la merenda, senza dimenticare che la panchina, per i barboni, rappresenta un hotel a 5 stelle. Alcuni benpensanti non pongono molta attenzione a questo problema che oggi è una piaga che si estende sempre di più anche in età giovanile. A volte siamo magari un po’ distratti e passiamo con disinvoltura vicino a una panchina che ospita i “senza fissa dimora” senza porci domande.
Io non posso sapere cosa rappresenta per voi una panchina, ma vi racconto una storia che mi ha coinvolto in relazione a questo arredo urbano.
Era un pomeriggio dell’estate 1970 e mi trovavo nei giardini pubblici del lungomare della città di Taranto, il mio fisico in quel caldo pomeriggio richiedeva una pennichella e trovando una panchina all’ombra, mi ci sdraiai per riposare. Non ricordo quanto dormii, ma ricordo di essere stato svegliato da una voce femminile che mi chiamava, alzandomi vidi accanto a me una coppia con due figli che, con accento pugliese, mi chiedevano se avessi bisogno di qualcosa: probabilmente avevano pensato che fossi un barbone. Dopo una breve chiacchierata con questa splendida famiglia offrii loro un gelato e li ringraziai per il loro gesto. Ritornai sulla spiaggia per raggiungere i miei familiari. Quel giorno non pensavo certo di essere aiutato da una panchina che mi permise di dormire e di avere un risveglio denso di umanità.
Ancora due piccole storie che riguardano la panchina: a Milano una donna in attesa dell’ambulanza dette alla luce il proprio bimbo proprio su una panchina. A Torino un imprenditore finito sul lastrico dormì per 4 anni su una panchina a pochi passi dalla stazione ferroviaria, coprendosi con dei cartoni. Come la panchina lo accolse, così dopo 4 anni lo rimise sulla retta via grazie all’amore della moglie e di quanti gli furono vicini. La mia esperienza mi porta a conoscere molte di queste storie, ma purtroppo non tutte finiscono con un lieto fine.
Spesso si pensa di dover avere tutto per colmare la propria gioia di vivere, ma in effetti c’è chi è felice pur non avendo niente. Nel mondo delle favole c’è sempre la bacchetta magica che risolve tutti i problemi, ma oggi, spesso, la bacchetta magica viene usata da alcune persone di potere per fini egoistici.
Vi racconto ancora un fatto di cronaca italiana del 2009 che vede coinvolta una città. In questa città sia il sindaco che la giunta hanno avuto una “splendida” idea: quella di sostituire le panchine dei giardini di diverse piazze della città. L’aspetto vergognoso è che le nuove panchine hanno subìto una modifica rispetto alle precedenti, cioè hanno una sbatta di ferro al centro in modo da impedire la possibilità di sdraiarsi, anche in caso di pura necessità…
Concludo questa riflessione che ha avuto come filo conduttore l’importanza delle panchine, facendo mia una frase di Vincenzo De Paoli che diceva: “per fortuna che nella vita ci sono i poveri che ci insegnano ad amare”.