Esimio Dr. Aghi …. lettera aperta a Mario Draghi


Esimio Dr. Aghi,
sono un cittadino di questa Repubblica e mi rivolgo a Lei in qualità di capo provvisorio del Governo.
Dico provvisorio perché Lei sa meglio di me che, non appena eletto il nuovo presidente della Repubblica e rispedito al Museo Egizio l’attuale simulacro facente funzioni, si scatenerà la guerra tra i partiti che attualmente alimentano la macchina cuore-polmone che tiene in vita codesto Esecutivo.
Come avrà notato, non l’ho di proposito chiamata maggioranza, perché una maggioranza di governo prevede anche un’opposizione, mentre oggi – se escludiamo il titanico sforzo di Meloni d’Italia di dare una parvenza di serietà a questo gioco delle parti – possiamo al massimo parlare di un’accozzaglia, un’ammucchiata, al massimo un coacervo ma nulla più.
Come al solito noi italiani abbiamo esagerato: invece di una Grosse Koalition abbiamo fatto una Grossa Confusion di idee, linee politiche, propositi e programmi. Non solo i Pidì e i pentapitechi che avevano giurato e spergiurato di non allearsi mai tra loro sono ancora lì, ma ad essi si sono aggiunti la Lega con Forza Italia (che a loro volta avevano giurato e spergiurato di non allearsi mai con pidioti e grillioti) e via via tutti gli altri, da destra a sinistra, a cantare: “Tutti insieme, oh che bel divertimento!”
E tutto questo perché? Semplicemente perché tutti i Suoi attuali sostenitori non vogliono saperne di perdere 450 mila euro a testa tra stipendi e rimborsi spese da qui a fine legislatura. Non lo ammetteranno mai apertamente, perché sincerità e politica non vanno mai a braccetto, ma Lei sa bene come me che è così, punto e basta.
Bene avrebbe fatto Mattarella a mandare tutti a casa, a letto senza cena come avrebbe detto una mamma di tanti anni fa. Ma il moderno Quinto Fabio Massimo ha preferito temporeggiare nella speranza che il suo successore sia “left oriented” par suo, mentre una vittoria delle destre in giugno avrebbe consegnato le argenterie e i giardini quirinalizi a un inquilino molto meno tenero con la manica di ladroni che si sarebbe trovato di fronte una volta insediato.
E allora avanti così, caro dr. Aghi, nella speranza che il cambio di passo ci sia veramente, e che si noti nelle cose più importanti così come nelle minori. Perché, se devo essere sincero, fino ad oggi non si è visto granché: ha rimosso alcuni pretesi esperti da posizioni ministeriali delicate, è vero, ma ne ha lasciati altri ancora in condizioni di nuocere. Ci ha anche messo un po’ troppo a levarci di culo quel commissario all’emergenza che per ora non è indagato ma che vedo piuttosto male già dai prossimi giorni, giacché a giudicare dai colloqui e dalle registrazioni che ogni giorno spuntano come pioppini in estate, si direbbe che un forte campo gravitazionale lo stia ineluttabilmente attirando verso un futuro a tinte fosche.
Nutriamo molta fiducia e speranza nel di lui successore, un bravo Figliuolo che non potrà che far meglio (ci vuol poco, lo so) anche grazie all’esperienza logistica maturata in un Esercito il quale, checché ne dicano i suoi detrattori, resta uno dei migliori al mondo. Magari con le scarpe di cartone, ma con un cuore grosso come un bufalo cafro e un senso dello Stato che proprio nelle emergenze affiora dalla melma degli insulti.
E purtuttavia ci stupiamo di come Lei abbia lasciato al suo posto tutti i personaggetti che si occupano più o meno direttamente della nostra salute, da un ministro che ne sa di medicina come io di sanscrito a direttori, presidenti e quant’altro dell’intellighenzia sanitaria che continua ad essere cieca di fronte all’evidenza di un metodo troppo sbagliato per contenere l’epidemia.
Ormai sempre più voci si levano (non solo dai social) tra medici e scienziati competenti i quali chiedono un cambio radicale di metodo. Il virus va curato a casa, con farmaci semplici e antichi, come l’eparina e l’idrossiclorochina, il caro vecchio chinino che ha salvato tante vite in Africa Orientale ai tempi in cui la malaria mieteva vittime come spighe di grano.
Ormai solo le voci ufficiali nicchiano ancora, quelle voci piene di prosopopea che con la logica del “Tachipirina e aspettare” hanno forse condannato a morte non meno di cinquantamila italiani, e chissà quanti altri nel mondo.
È ora di cambiare metodo: non serve chiudere bar e palestre, negozi e ristoranti mentre i treni e gli autobus viaggiano affollati. Ci avete presi per scemi? Credete che noi non vi si veda, voi e le cazzate che state facendo da un anno esatto? Ciò che davvero serve è curare la gente a casa, per vuotare gli ospedali senza aspettare che l’ingravescenza del male porti i malati a morire in terapia intensiva!
Serve vaccinare, e in fretta. Israele lo ha fatto così bene che laggiù la pandemia è ormai solo un ricordo. Noi possiamo fare bene, e l’accordo per produrre in Italia il vaccino russo è un bel segnale che chiude la bocca a Biden (che permalosamente e stupidamente borbotta che l’America farà da sola) e a tutti coloro che ci vogliono servi degli USA. Ma i cinquecentomila vaccinati al giorno li vogliamo vedere, non ci basta una promessa, non più.
Si faccia ben consigliare, caro dr. Aghi, non dia più retta ai soloni che finora ci hanno massacrati e si tenga sull’argine prima che l’onda di piena li porti via, verso una seconda Norimberga, magari piccola, forse in minore, ma sempre strumento di giustizia. È il popolo che chiede giustizia: la chiede con voce flebile, con quel solo fiato che riesce a emettere strangolato com’è dai ladrocini di Stato, dalle tasse che non può più permettersi di pagare, da rimborsi mai ottenuti, da una cassa integrazione in arretrato di almeno sei mesi, da ristori ridicoli troppo spesso solo promessi e da sanzioni che non ammettono proroghe, da aiuti mai visti e da promesse vane di cui non sa più che farsene. Ma per flebile che sia quella voce deve essere ascoltata. La sopravvivenza sta tornando ad essere uno dei cavalli di battaglia di un popolo che dal 1945 si era scordato cosa volesse dire la paura di uscire di casa e ancor di più il terrore di non trovare i soldi per dar da mangiare ai suoi figli.
Però qui – ed ora – entra in gioco Lei, novello San Michele, col suo governo dei Troppi, di cui si deve comunque fare Bandiera e iniziare a pronunciare quelle formule magiche che alla BCE hanno fatto di Lei un Veltro di lungimiranza economica. Della sua vincente strategia finanziaria ancora oggi i menestrelli cantano nelle piazze di quell’Europa che nella nuova veste di Premier l’ha accolta benignamente e un po’ timorosa, pensando che, chissà, forse l’Italia ha smesso di mandare in giro pagliacci e si è affidata a una persona seria.
Non li deluda e non ci deluda: usi le sue leve e quelle nelle mani dei suoi tecnoministri per rialzare le sorti di questa straziata Nazione: il Recovery Fund potrebbe essere la mossa del cavallo, che spiazza mercati e speculazione e ci permette di ripartire con un po’ di fiato in gola. Non si lasci intimorire dalle critiche di chi Le contesta di affidarsi a consulenti, proprio loro che di consulenti ne hanno pagati a strafottere nell’ultimo anno e mezzo!
Ma ci sono anche le tasse da sistemare, le cartelle pazze da stralciare, una tonnellata di burocrati da rottamare e chissà quante altre cose ancora da porre in atto. E tutto questo in meno di un anno.
È sicuro di farcela?