
PsicologicaMente – Sexual Addiction: quando il sesso diventa una droga
Fino a non molti anni fa, la sfera sessuale e, nello specifico, un comportamento sessuale “maniacale”, si ritenevano parte del temperamento e del sistema valoriale dell’individuo.
Il panorama scientifico ancora non conosceva una concettualizzazione di dipendenza sessuale come disturbo, cosa che oggi esiste grazie ad una copiosa letteratura medica che documenta l’esistenza di comportamenti sessuali a carattere compulsivo e che manifestano caratteristiche evidenti di un disturbo assimilabile alla dipendenza.
Talune condotte possono essere inquadrate come rientranti in uno status di normalità in alcune persone ma, per altre, rappresentano segnali incontrovertibili di dipendenza.
Si è sempre associato questo termine, “dipendenza” appunto, a comportamenti compulsivi o comunque non facilmente controllabili dall’interessato, come ad esempio l’assunzione di alcool o droghe. Di recente, tuttavia, questa parola viene adoperata per qualificare e diagnosticare anche altri comportamenti compulsivi come il gioco d’azzardo, i disturbi dell’alimentazione ed il sesso, ovviamente quando si presentano come ingovernabili, posto che la “compulsività” provoca la perdita della capacità di riuscire a scegliere di interrompere o continuare un dato comportamento. Nel caso specifico della sessualità, reiterare condotte sessuali che hanno già prodotto conseguenze negative (arresto, divorzio, problemi di salute o perdita del lavoro) evidenzia una chiara assenza di controllo.
Ad ogni modo ci si chiede in che modo distinguere un comportamento inquadrabile nella sfera della normale esperienza sessuale da uno che, invece, è indice della presenza di una dipendenza sessuale? Attualmente il DSM -5 (Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders) non contempla la diagnosi di “dipendenza sessuale” come disturbo ma è ben noto agli addetti ai lavori che l’attività sessuale è in grado di alterare, positivamente o negativamente, il funzionamento emotivo di una persona.
Ed è proprio questa alterazione emotiva, presente in tutte le forme di dipendenza, che costituisce origine e fulcro del comportamento sessuale compulsivo.
Nelle differenti forme di dipendenza è possibile osservare pattern comuni quali:
– Perdita di controllo, ad esempio il desiderio persistente di ripetere il comportamento, oppure l’incapacità di controllarlo o interromperlo;
– Perpetuazione del comportamento nonostante le conseguenze negative;
– Ossessione o preoccupazione costante ed eccessiva rispetto alla messa in atto del comportamento.
Possiamo affermare, in effetti, che non è il tipo di comportamento a definire la dipendenza, ma la percezione di incontrollabilità. Tutti i tipi di comportamento, sessuale o non, possono diventare oggetto di dipendenza: la questione è insita, infatti, nella relazione della persona con quel particolare atto.
Si può anche ragionevolmente sostenere che ogni dipendenza ha una funzione o un obiettivo. La dipendenza sessuale innescherebbe un meccanismo di coping ovvero una particolare modalità di gestione degli eventi della vita. Pertanto l’atteggiamento sessuale compulsivo rappresenterebbe una strategia utile ad alleviare le emozioni negative e generarne di positive, tanto che taluni soggetti descrivono la propria dipendenza come una sorta di anestetico, un modo per alleviare gli eventi difficili. Quando, però, questo effetto sedativo si esaurisce, accade che si inneschino emozioni negative come rabbia, senso di colpa, tristezza o vergogna, sicché, per cercare sollievo da queste sensazioni si riavverte l’urgenza di trovare un distacco dalla realtà e ciò nuovamente attraverso comportamenti sessuali.
Tra i sintomi di una dipendenza sessuale bisogna distinguere i sintomi comportamentali da quelli cognitivi ed emotivi.
Non sono ancora del tutto chiare le ragioni per cui solo alcune persone sviluppano una dipendenza nei confronti del sesso.
Si tratta di qualcosa che non ha nulla a che fare col desiderio, neppure quello che si manifesta in modo molesto e volgare. Non necessariamente il dipendente sessuale è anche un molestatore e viceversa. La persona non si diverte, è schiava di se stessa, come di una droga, una sorta di esaltazione degli impulsi sessuali che spingono alla continua ricerca di nuovi partner ma che serve in realtà serve ad alleviare i tumulti psichici interni.
La ninfomania femminile e il satirismo maschile rientrano in questo caso.
l’identikit più frequente del malato di sesso è quello di un uomo di età compresa tra i 30 e i 40 anni, spesso sposato, diplomato o laureato. Sul totale dei sesso-dipendenti in Italia, circa un milione e mezzo di persone, il 70-80 per cento sono uomini, il 20-30 donne.
Come accade per altri disturbi, è molto probabile che l’eziologia vada ricondotta ad un’influenza complementare di fattori biologici, psicologici e sociali. Ad esempio si ritiene che il rischio di una dipendenza dal sesso possa essere acuito dalla presenza di anomalie biochimiche o di altri tipi di alterazioni cerebrali e questa intuizione sarebbe avvalorata dal fatto che alcuni tipi di farmaci, come gli antidepressivi, si sono rivelati efficaci nel trattamento di alcuni soggetti con dipendenza sessuale.
Oltre alle influenze biologiche, esistono fattori di rischio di tipo psicologico per lo sviluppo di una dipendenza sessuale:
a. Influenze ambientali. Le caratteristiche dell’ambiente che circonda la persona, in modo particolare nelle prime fasi della crescita, ad esempio, l’abuso o l’esposizione precoce a contenuti di tipo sessuale può contribuire allo sviluppo di alcuni dei tratti responsabili del comportamento “ipersessuale”.
b. Salute mentale. Ansia, depressione, disturbi della personalità, difficoltà nel controllo degli impulsi e ansia da prestazione possono essere problemi compresenti alla dipendenza sessuale. In particolare persone cui è stato diagnosticato un Disturbo Bipolare hanno probabilità molto maggiori di intraprendere comportamenti sessuali eccessivi o rischiosi.
Invece, per quanto riguarda i fattori di rischio a carattere sociale, spesso sono stati riscontrati:
1) La sensazione di essere respinti o rifiutati dal proprio gruppo sociale di appartenenza che può indurre alla ricerca di altre modalità, meno sane, di gratificazione sessuale.
2) Isolamento sociale. Non avere un’adeguata rete di supporto da parte dell’ambiente può non solo aumentare le probabilità di cercare gratificazione sessuale in modalità non appropriate, ma anche di sviluppare altre difficoltà quali depressione o problemi medici, che possono contribuire alla dipendenza sessuale.
3) Apprendimento sociale. Osservare un comportamento negli altri è uno dei modi per impararlo (modeling), in particolar modo quando l’altro è oggetto di apprezzamento o identificazione.
Queste, dunque, le condizioni che potrebbero generare il disturbo da dipendenza da sesso, ora però cerchiamo di capire come questa patologia può essere affrontata e curata. In verità è possibile intervenire in vari modi, spesso si sceglie una psicoterapia individuale o, quando se ne ravvisa la necessità/possibilità, si può propendere per una terapia di gruppo. In ogni caso viene applicato un metodo leggermente diverso da quello usato per l’astinenza in generale: si tratta di adottare un procedimento mirato a sollecitare il soggetto ad agire per superare la percezione ossessiva del bisogno e ritornare ad avere un sano ed equilibrato rapporto con la sessualità.
Laddove ci si dovesse imbattere in pazienti assai ostinati e magari pericolosi, la psicoterapia può essere affiancata dall’impiego di farmaci di tipo ansiolitico e capaci di attenuare la libido, anche se, personalmente, preferisco considerare l’intervento farmacologico come ultima spiaggia e proprio in casi di effettivo rischio.
L’invio presso gruppi di sostegno è ampiamente annoverato ed utilizzato da vari autori e terapeuti internazionali mentre in Italia è un metodo scarsamente utilizzato. In talune nazioni i soggetti vengono segnalati ed indirizzati al gruppo direttamente dai servizi sociali, si pensi agli Stati Uniti d’America dove ci sono addirittura casi di soggetti inviati coattivamente al gruppo dai Giudici del Tribunale, ciò accade ovviamente a seguito di avvenimenti rilevanti giuridicamente, scaturenti da condotte di dipendenza sessuale, e la frequenza è obbligatoria.
In Italia, coloro che hanno approfondito maggiormente tale fenomeno sono Cantelmi e Lambiase che hanno formulato, per questi casi, una terapia incentrata sul colloquio motivazionale e sul recupero delle funzioni metacognitive del paziente. Questa tecnica mira nello specifico ad accrescere la consapevolezza del paziente rispetto alla causa del suo disturbo ed alla modalità disfunzionale con cui in lui l’eccitazione sessuale si attiva per sopperire ad altre funzioni, quali la gestione dell’angoscia, della noia, della paura di essere abbandonati. I due autori, in particolare, fondano il loro approccio sull’aiutare il paziente a circoscrivere quali emozioni e quali situazioni attivano in lui l’eccitazione sessuale, così da poter successivamente elaborare insieme delle strategie di coping alternative.
Molto interessante è, infine, che oltre alla specificità del trauma, Cantelmi e Lambiase, hanno riscontrato come anche la mancanza di un progetto di vita specifico possa essere un fattore di rischio per il disturbo di ipersessualità, che diventa in alcuni soggetti l’unico elemento unificante e continuativo dell’esistenza.
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Dott. Massimiliano Loreto
Psicologo, Psicoterapeuta
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