COVID Generation: Quali conseguenze?


Il lockdown e le misure di distanziamento sociale imposte dal Governo per cercare di limitare i contagi stanno colpendo in modo particolare i giovani costretti, come sono, alla didattica on line e a una drastica riduzione dei loro rapporti sociali.
Quali le conseguenze sul piano psicologico?
Ce lo spiega il dott. Massimiliano Loreto, Psicologo e Psicoterapeuta a Napoli, a cui WeeklyMagazine ha posto il quesito.

L’uomo, essere umano razionale per eccellenza, fa della logica il suo punto di forza, tuttavia resta inesorabilmente e profondamente psico-logico, le emozioni spesso lo vincono e finiscono per stravolgere le vite più organizzate, le scelte, i piani più radicati e fondati su dati oggettivi.

Il Coronavirus (al secolo SARS-CoV ovvero Covid-19) ha invaso le nostre frenetiche ma dopotutto ordinarie vite e lo ha fatto improvvisamente, prepotentemente, costringendoci ad una rivoluzione, nel più intimo senso della parola, della nostra quotidianità e quindi a riorganizzare ex novo il nostro modus operandi et vivendi.
La prima sfida cui siamo stati chiamati, la più dura per una comunità “social-e” come la nostra, è stata quella dell’isolamento…. concetto, almeno apparentemente, sconosciuto ma che ha comportato immediatamente e visibilmente il disorientamento generale e con esso l’emergere di emozioni contrastanti, difficili da gestire, come l’ansia, la paura e l’incertezza.

Abbiamo sperimentato la paura! Certo, si tratta di un’emozione umana, tipica, primaria, fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi ma, in una società moderna che vive all’ombra del comfort, della ricerca e del progresso che “tutto risolve”, forse questa è la prima vera Paura che proviamo. E allora ben venga percepire paura, perché questo ci sveglia dal torpore, ci attiva. Tuttavia il confine fra una funzionale attivazione (eustress o stress positivo) e un eccesso di allerta con comportamenti poco lucidi (distress o stress negativo) è davvero sottile.

Non riuscire a gestire la paura, farla prevalere e cadere sotto la percezione del Coronavirus come un pericoloso predatore inarrestabile, rischia di chiamare in campo comportamenti impulsivi, autolesionisti e irrazionali che rischiano anzi certamente risulteranno dannosi e controproducenti. Facile è assistere e casi di panico ed ansia generalizzata, per cui un pericolo limitato e contenuto di contagio viene esasperato, giungendo a percepire ogni situazione come rischiosa ed allarmante.

Proprio per i motivi di cui prima è facile comprendere che, oggi più di prima, non siamo abituati a reggere situazioni di allerta o tensione crescente per un lungo periodo di tempo: in passato le difficoltà venivano risolte o con l’attacco (se il predatore era meno forte di o noi) o tentando di aggirare la situazione pericolosa, ma nei tempi moderni spesso si fugge e la “fuga” consiste nello stazionare in situazioni problematiche e stressanti sperando che si risolvano da sole o grazie all’intervento risolutivo altrui, dunque ignorandole ma convivendoci sgradevolmente.

In questo contesto alcuni soggetti sviluppano poi una situazione di ipocondria, intesa come tendenza ad una esasperata preoccupazione per il proprio stato di salute, la percezione è che ogni minimo sintomo rappresenta un pauroso ed inequivocabile segnale di infezione da nuovo Coronavirus.

In alcuni casi, fortunatamente limitati, vi è poi una degenerazione verso l’odio sui presunti moderni “untori” stranieri o italiani sulla scia della necessità umana di trovare sempre un presunto colpevole, meglio se lontano da sé e dal proprio gruppo sociale.

Fondamentale risulta quindi, capire “chi sta controllando che cosa”, come nelle dipendenze: sono ancora io a gestire e scegliere cosa fare, o sto attuando comportamenti seguendo una massa di persone che sta facendo proprio quello che andrebbe razionalmente evitato (riempire supermercati, accaparrarsi mascherine, ecc.)?

Le nostre autorità sanitarie, che fin dall’inizio hanno combattuto e continuano a farlo per difendere l’Italia da questo nemico invisibile, hanno delineato poche, chiare e semplice regole da seguire.

Ognuno di noi dovrebbe chiedersi: sto anche oggi, in questo momento, seguendo le indicazioni che mi hanno suggerito (lavarsi le mani frequentemente, non toccare bocca e occhi prima di essersi igienizzati, indosso la mascherina in pubblico, ecc.)?

Tutti noi, oltre a farci spaventare facilmente, dovremmo tenere sempre conto di tutti i caratteri della malattia. Si parla di un virus con un tasso di letalità non così elevato considerato che sostanzialmente colpisce in modo estremo soprattutto persone anziane con patologie pregresse, e quindi in uno stato di salute non ottimale già a prescindere dal contagio.

Masrshal McLuhan diceva: “L’azione dei media è quella di far accadere le cose, piuttosto che di darne notizia”, per cui è importante che le tendenze alla cronaca a tutti i costi siano mediate da una impostazione alla notizia più saggia, moderata, scientificamente fondata.

Ripartire dopo la fase iniziale del COVID:

Dopo la fase iniziale, dove tutto era ancora sconosciuto e non vi erano ancora sufficienti riserve ed informazioni per attuare resilienza e adottare precauzioni concrete contro la pandemia, oggi ci troviamo di fronte a una nuova sfida, connessa a quella affrontata sino a qui: si tratta della sfida della ripartenza, che non significa tornare al mondo così come lo abbiamo lasciato prima della diffusione della pandemia, ma imparare a convivere con il virus in vista di una ripresa necessariamente lenta e graduale delle principali attività lavorative e sociali, senza mai dimenticare la persistenza dello stato di allerta con le precauzioni ad esso connesse.

Si tratta di trovare una rinnovata capacità di adattamento, non affrontare la difesa come un isolamento ma tentare una convivenza, che si sa essere a termine, con il virus, e che richiede la capacità di essere flessibili.

La fase della riapertura rappresenta il palcoscenico di nuove emozioni, come l’euforia per la ripresa, la paura del nemico ancora presente, l’ansia per la prospettiva di un allentamento delle restrizioni quando per alcuni è ancora troppo presto e la frustrazione per ciò che ancora non possiamo fare.

Impariamo ad accogliere tutte queste emozioni, comprendiamo che sono normali ed anzi strumentali al raggiungimento dell’obiettivo, ricordiamoci che fanno parte di una condizione condivisa, non siamo soli. Riconosciamole come esperienze presenti e produttive di crescita, non come qualcosa di cui sbarazzarsi. Teniamoci in equilibrio fermando tutte queste sensazioni laddove possano essere non troppo vicine, per evitare di venirne travolti, non troppo lontane, per non rischiare di negarle.

Importantissimo è poi non tralasciare di guardare anche il “bicchiere mezzo pieno”. Per molti, la fase dell’isolamento ha costituito una opportunità unica di riscoperta di se stessi: passioni, interessi, hobby da tempo dimenticati, prima che la pandemia intervenisse a spezzare le nostre routine. Non perdiamo ciò che di buono abbiamo riscoperto per noi, per i nostri cari, anche quando riprenderemo le attività lavorative e ludico-ricreative e la nostra vita tornerà ad essere piena (o vuota?) come un tempo.

Per i bambini è importante la continuità delle attività anche perché trasmette loro un senso di sicurezza. Evitiamo dunque di lasciarli a casa, magari alla mercé dei media pullulanti di messaggi allarmistici accesi e ripetitivi. Evitiamo di bombardare le loro giovanissime menti di informazioni raffiguranti un quadro parziale e distorto di quello che sta accadendo realmente fuori le loro case.

Fortunatamente, buona alleata in questo caso la tecnologia, le scuole si sono attivate per garantire la continuità dell’attività didattica e ludica anche da casa. Questo perché i bambini sono la fascia più sensibile e da preservare assolutamente dalle paure irrazionali degli adulti, per cui a loro non vanno mostrate le immagini degli scaffali vuoti nei supermercati o le tende da campo fuori dagli ospedali, ma i giochi, i compiti da fare e questo per mantenere un senso di normalità, visto che il mondo e gli essere umani non sono in via di estinzione.

Certo, non è facile supportare e sopportare tutto questo da soli, ecco perché qualora lo stato di disorientamento, ipocondria, ansia o addirittura panico risultasse particolarmente difficile da superare ci si può rivolgere, si tratti di adulti o bambini, a figure specializzate e di supporto: gli psicologi, professionisti “addestrati” ad educare e riequilibrare gli animi “sconvolti” accompagnandoli verso uno stato più adattivo e funzionale.
Un luogo, nonché un accompagnatore con cui elaborare emozioni, preoccupazioni o addirittura vissuti traumatici a volte serve. Interessante a tal proposito la recente campagna dell’Ordine Nazionale degli Psicologi per avvicinare i cittadini a tale importante figura sanitaria.

Di seguito qualche consiglio pratico. Non si tratta di una ricetta magica che risolverà ogni problema, ma qualche piccola indicazione utile alla ricerca della strada per fronteggiare le difficoltà del momento.

VIVERE APPIENO:
Cogliamo questa come occasione per rivalutare quello che per noi è davvero importante, ciò che rende la nostra vita ricca di valore e di senso e mettiamo in atto ogni giorno azioni concrete per vivere una vita piena di significato.

MANTENERE LE BUONE ABITUDINI:
Manteniamo le buone abitudini che abbiamo assunto nel periodo di quarantena, come cucinare, leggere un buon libro, dedicarsi alla cura di sé. Tutte cose che abbiamo riscoperto quando la nostra vita si è fermata, ma se ci fanno stare bene, manteniamole anche in seguito. È importante concedersi del tempo da dedicare ad attività appaganti.

ACCOGLIERE LE EMOZIONI:
Entriamo in contatto con le nostre emozioni, anche quelle più spiacevoli, senza allontanarle, né esserne sopraffatti, riconoscendo che in un dato momento della giornata si sta provando quella emozione specifica. Ripetiamolo a noi stessi, se necessario, attraverso il dialogo interiore raccontiamoci quello che stiamo provando. Così facendo l’intensità dell’emozione provata piano piano si abbasserà, e saremo capaci di disinnescare qualsiasi reazione impulsiva dettata dalle emozioni che stiamo provando. In questo modo riusciremo a mantenere il controllo di noi stessi.

PRENDERE COSCIENZA:
Ricordiamoci che siamo persone resilienti, capaci di fronteggiare le difficoltà in maniera positiva. La forza è dentro di noi, ma a volte siamo noi i primi a non accorgercene.
Non dimentichiamoci di agire responsabilmente, nel rispetto delle normative dettate dal governo, ricordandoci che il comportamento responsabile di ogni cittadino è l’arma a disposizione per fronteggiare il nemico comune, ancora presente.

CHIEDERE AIUTO:
Se si percepiscono sensazioni di perdita di controllo, angosce e panico, disagi disfunzionali è intelligente ed auspicabile chiedere un aiuto. Intraprendere un percorso di supporto psicologico può essere utile per affrontare le proprie difficoltà in generale ma soprattutto in un momento come questo. Psicologi e psicoterapeuti sono a disposizione, attraverso contatti telefonici oppure online per accogliere le richieste di auto.