Addio “Pibe de Oro”!


Non solo Napoli ed il popolo argentino lo piangono, come uno di famiglia, come un proprio caro, nella disperazione di quel vuoto incolmabile lasciato. E’ un cordoglio, questo, che tocca ogni angolo, anche il più remoto, della terra, un dolore sincero, inaspettato, globale, che non è condizionato dalla passione per il gioco del pallone, una commozione che cancella contrasti razziali, religiosi e politici.
Diego Armando Maradona, non del Napoli o della città, era di ciascuno di noi, era patrimonio di tutti, amico di tutti, era una presenza intangibilmente tangibile, costante, anche se distante migliaia di chilometri. Sapevamo che c’era. Avevamo vite migliori, perché Maradona era con noi. Non importava il colore della maglia. Anche da avversario, eravamo incantati dal piacere dei suoi dribbling, della sua corsa, contenti di subire un suo goal.
Con lui, che tutti credevamo immortale, ci sentivamo anche noi un po’ immortali. Ma non è stato così. Diego se ne è andato e, con lui, se ne sono andate, d’un soffio, quelle certezze che hanno sorretto, in pochi anni, del resto, più generazioni. Il suo nome veniva ripetutamente evocato come “unità di misura”, per complimentarsi con qualcuno, in ogni campo. “Alla Maradona”, si diceva, oppure “Ma chi sei? Maradona?”. Era l’identificazione della grandezza sportiva, un fuoriclasse, un poeta del pallone ed una grande persona. L’uomo e l’atleta, l’atleta e l’uomo erano un’unica indivisibile entità. Debole con i deboli, forte con i forti, amato dal popolo perché, nella grandezza del suo successo, era uno del popolo. Ascoltato dai potenti della terra, sapeva coinvolgerli per ottenere traguardi sociali ed umanitari, impossibili per altri.
Ha commesso degli errori? Forse sì, ma li ha pagati tutti, di persona. Non ha danneggiato nessuno, solamente sé stesso. Non possiamo giudicarlo, non dobbiamo giudicarlo. Quello che ha fatto della sua vita, è della sua vita. Pensiamo a quello che ha fatto per noi.
Addio, “Pibe de Oro”, grazie per averci insegnato a sognare!