Il bene e il male


In passato abbiamo combattuto il comunismo, quando questo rappresentava un pericolo reale per l’Italia e per l’Europa, e non ci siamo accorti che nel frattempo il capitalismo, un’ideologia subdola, ammantata di democrazia e libertà, inquinava le nostre coscienze e minava la nostra civiltà. Non abbiamo compreso, ed è questa la nostra colpa più grave, che il pericolo viene da destra, da quell’idea di Stato forte, autoritario, a tratti violento che trova nel capitalismo la sua essenza ideologia e nel modello americano della “tolleranza zero” il suo riferimento ideale. Il capitalismo che tanto piace alla destra di Salvini e Meloni e che non dispiace alla sinistra di Zingaretti e piddini, nasce trecento anni fa dalla mente di Adam Smith, un’economista che, al pari del suo omologo di sinistra Karl Marx, pretendeva di ridurre il genere umano alla sola dimensione economica e materiale con il risultato di stimolare l’arrivismo, l’egoismo e l’individualismo, e di creare i presupposti per società aggressive e senza valori ed oggi ahimè viviamo le conseguenze noi dei loro pensieri. Prende forma in quell’immensa carneficina chiamata rivoluzione francese dove, tra teste mozzate, massacro di contadini nella cattolica Vandea e terrore poliziesco, s’inneggia ipocritamente alla fratellanza, all’uguaglianza e alla libertà per portare al potere la borghesia illuminata e gettare le basi dell’odierna democrazia mercantile. Finalmente l’economia governa la politica. Il capitalismo deve le sue fortune ad un grande equivoco: quello di confondere la libertà d’impresa, il diritto alla proprietà privata, il progresso tecnico e scientifico, la voglia di crescere e di scoprire che sono sempre esistiti in quanto insiti nella natura umana e che prima dell’avvento del capitalismo trovavano stimolo e armonia in una visione spirituale della vita, con questa ideologia materialista che ha un solo scopo, il profitto ed una sola regola, il mercato. Il capitalismo rappresenta il dominio assoluto delle grandi concentrazioni economiche e finanziarie che fanno tabula rasa attorno a sé: i piccoli esercizi stanno scomparendo, strozzati dalla grande distribuzione, le banche non esistono più, assorbite dai colossi finanziari e assicurativi, la produzione è spostata all’estero dove i costi diminuiscono e gli utili aumentano, ora in Cina, domani in India, dopodomani nei balcani…. un paese alla fame ci sarà sempre. I Privati gestiscono tutto, ai loro prezzi e alle loro condizioni, prossimamente anche l’acqua sarà loro. E lo Stato? Tace e acconsente… anzi favorisce e svende. Con la globalizzazione il disegno si completa: è il trionfo dell’appiattimento e della omologazione culturale per creare il cliente mondiale, tutti uguali con gli stessi gusti e le stesse abitudini ai quattro angoli del mondo. Così le multinazionali, le uniche che possono sostenere i grandi numeri di produzione, non hanno difficoltà a piazzare gli stessi prodotti in ogni parte del pianeta. Stiamo passando dalla civiltà dei consumi alla civiltà degli sprechi. E l’ambiente soffre: Stati Uniti e Cina (altro paese che ha imboccato la strada del capitalismo) pur essendo i maggiori responsabili dell’inquinamento planetario si rifiutano di firmare gli accordi di Kyoto per non rallentare la loro produzione industriale. L’Italia, il paese del sole e dei fiumi, non investe seriamente in energie rinnovabili perché al privato non interessa. Hai voglia fare concerti rock … Ogni tanto per lavarsi la coscienza gli stati occidentali intervengono sul debito dei paesi poveri, ma lo fanno a modo loro, facendoci pagare con le tasse gli interessi usurai che il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale impongono ai paesi del terzo mondo senza dargli, peraltro, la possibilità di estinguere il debito per non perdere il vitalizio. Il paradosso è che più il capitalismo manifesta i suoi guasti in termini di precariato, violenza diffusa, immigrazione, povertà crescente, perdita dei valori e decadimento dei costumi e più da destra (ma anche da sinistra, che ha capito da che parte gira il vento) si spinge l’acceleratore verso forme ancora più esasperate di liberismo, accompagnate da misure sempre più limitative della nostra libertà. Telecamere ad ogni angolo di strada, massiccia presenza delle forze dell’ordine, inasprimento delle pene, carabinieri nelle scuole, condanne esemplari, pugno duro e tolleranza zero, sono queste le uniche risposte che il sistema sa proporre per arginare i danni che produce. Misure violente e repressive che lo Stato non è neppure capace di mettere in atto, basta dare uno sguardo al sud d’Italia e in certi quartieri di Milano per rendersene conto. “Tanto alla fine ci votano lo stesso”, sussurrano tra loro i nostri politici. Ed è vero, perché sessant’anni di terrorismo culturale ci hanno inculcato l’idea che l’alternativa alla democrazia è la dittatura, per cui teniamoci buono questo sistema anche se lo deploriamo e stringiamoci attorno ai nostri politici anche se li detestiamo. Rassegnarsi? Neanche per idea! L’alternativa a questo sistema falsamente democratico esiste e non ha bisogno di ideologie. Si chiama PARTECIPAZIONE. Partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese attraverso l’ingresso in Parlamento dei rappresentanti liberamente eletti del mondo produttivo e della società civile. E’ nelle assemblee legislative che si devono trovare le soluzioni ai nostri problemi, coinvolgendo e dando dignità istituzionale a tutte le parti sociali, e non nelle piazze tra scioperi e blocchi stradali. Partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle grandi Imprese per responsabilizzare e coinvolgere tutti coloro lavorano per il bene dell’Azienda, per limitare l’ingerenza dei grandi gruppi finanziari e per superare l’antistorica contrapposizione padroni-operai di cui si nutre tanto il comunismo quanto il capitalismo. Partecipazione del popolo all’elezione del Capo dello Stato quale garante della pace sociale e dell’interesse nazionale. Superiamo gli eventi e riprendiamo il cammino. Dimentichiamoci, dell’attuale sistema e pensiamo ad un qualunque lavoratore, operaio, impiegato o professionista, inserito in un sistema a Democrazia Diretta. Questi è chiamato ad eleggere, su base territoriale, secondo il principio delle primarie e senza il filtro dei partiti, il rappresentante della categoria di appartenenza. Lo stesso vale per le altre espressioni significative della società: medici e insegnanti, sindacati e industriali, uomini di scienza e di cultura, casalinghe, sportivi, pensionati, immigrati… ogni realtà importante del nostro Paese avrà il suo rappresentante in Parlamento che, di fatto, sarà lo specchio fedele della società civile. Non avremo più il politico che un giorno fa il Ministro della Sanità e il giorno dopo il Ministro dei trasporti, bensì un medico a capo della Sanità, un ingegnere al dicastero dei Trasporti e un magistrato al Ministero della Giustizia. Tecnici prestati non alla politica, bensì alla Nazione. La nuova Costituzione si armonizzerà in un rinnovato Stato Sociale con il ripristino di tutte le conquiste sociali oggi sacrificate sull’altare del libero mercato e della globalizzazione economica e si completerà con la Socializzazione delle Imprese (partecipazione degli operai alla gestione e agli utili delle grandi aziende) e con il diritto alla proprietà della prima casa attraverso l’Istituto del Mutuo Sociale finanziato e gestito direttamente dalle Provincie senza alcuna finalità di lucro.
Roma con la sua civiltà ha insegnato al mondo a camminare. L’Italia degli anni trenta ha dimostrato che può esistere uno Stato Sociale.