Il complesso molecolare di Orione


Avete presente Orione, la grande costellazione che domina le notti invernali?
Chi sa riconoscerla non può non rimanere affascinato dalla sua forma singolare, disegnata da stelle che brillano talmente luminose sullo sfondo nero del cielo da incutere un senso di vertigine per il grande vuoto che sembra spalancarsi di fronte agli occhi dell’osservatore…
Pare proprio che tra stella e stella non esista niente, tranne che il freddo e lo spazio desolatamente vuoto…
Per aiutarvi a ricordare l’aspetto di quel fantastico giardino d’inverno, dove sembrano esistere soltanto fiori (e niente steli, foglie, rami, cespugli e sottoboschi), osservate a sinistra una foto di ciò che usualmente si può vedere nelle notti invernali alzando gli occhi al cielo non appena fa buio, mentre a destra una straordinaria fotografia della stessa regione realizzata dall’amatore americano Matt Harbison.
Stupiti? Eppure non c’è dubbio, è proprio la stessa regione: potete riconoscerne le stelle una ad una! Vi rendete conto della differenza, dello sfolgorio di polveri e di gas che si cela nel buio in cui credevamo le stelle fossero avvolte? L’uso di una lunga posa, abbinata a particolari metodi di ripresa, rivela in questa immagine (per continuare con la metafora del giardino) il fitto intrico di arbusti su cui – visualmente – si appuntavano i fiori di Betelgeuse, Rigel, della Cintura, e anche quello della Grande nebulosa M42, la spada del cacciatore, l’unica porzione del sottobosco in qualche modo osservabile anche solo con l’aiuto di un binocolo…In effetti, la nostra Galassia non è solo un insieme di stelle separate dal vuoto assoluto… c’è anche molto gas, idrogeno soprattutto, mescolato a particelle di polvere. Ed è proprio nelle nubi di gas più dense che si formano le stelle, anche se parlare di densità avendo sotto gli occhi una fotografia come questa, dove l’universo sembrerebbe saturato da una fitta nebbia multicolore potrebbe portare a conclusioni davvero sbagliate.
Le densità in gioco è infatti anche inferiore a quella del vuoto più spinto ottenibile nei laboratori terrestri… una nebbiolina indicibilmente tenue (solo una decina di atomi per decimetro cubo), che solo grazie alla smisurata profondità del campo fotografato (centinaia di anni luce) riesce ad impressionare il sensore della macchina da ripresa in un modo così spettacolare!
E la luce che illumina la scena, assolutamente invisibile ad occhio nudo, viene dalle stelle nate da quella polvere, in un ciclo di nascita e morte che si ripete ormai da 13 miliardi di anni. Tutto ciò ha un nome… l’insieme di stelle, gas e polveri si chiama “Complesso molecolare di Orione”, un’incubatrice di stelle distante da noi circa 1500 anni luce.


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Fonti:
www.coelum.com
https://www.nasa.gov/mission_pages/hubble/main/index.html