Si muore anche senza lavoro


Era quasi scontato che in autunno ci sarebbe stata una recrudescenza del problema.
La riapertura delle scuole, con la consequente promiscuità dei ragazzi (tra i meno attenti a seguire certi precetti basilari d’igiene come anche il semplice lavarsi le mani) che secondo me finiscono per diventare vettori de morbo, e l’andamento stagionale di patologie come quelle respiratorie, lo suggerivano.
A mio avviso, queste le variabili principali che hanno differenziato le condizioni estive, dove c’eravamo quasi dimenticati del problema, rispetto a quelle di questi giorni d’autunno.
Come credo non fosse realista chi pensava a luglio e agosto che il problema fosse definitamente alle spalle così, però, non condivido misure draconiane per le quali avremo pesantissime ripercussioni in termini economici e di disoccupazione.
Perché si muore anche di disoccupazione.
Mi domando quante altre patologie ci sono, numericamente molto presenti e altrettanti mortali o invalidanti come ad esempio le cardiopatie o le neoplasie, che non creano questa, diciamo così, emozione, questo allarmismo mediatico.
Ma forse dovrei dire questa isteria.
Mi domando (e domando ai medici del lavoro che, essendo dei professionisti, non possono e non debbono lasciarsi andare alla stesso delirio della massaia) quanti casi di positività stanno davvero riscontrando nei lavoratori che seguono in rapporto ai casi di malati cardiovascolari, ai casi di tumore e a tutte le altre patologie invalidanti oggi totalmente oscurate dalla sbornia mediatica del Coronavirus.
Questo, vorrei ribadirlo per i più disattenti, non per dire freghiamocene. Assolutamente.
Non sono un negazionista e chi mi conosce lo sa.
Ma per me, e ribadisco a mio avviso, ci vuole equilibrio in tutte le cose.
Alzi la mano chi non ha avuto notizia di congiunti, amici o conoscenti in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro. Mi smentisca chi non ha notizia alcuna di aziende (specie nel settore turistico e ristorazione) che non abbiano chiuso.
Io, dal mio piccolo osservatorio di giornalista, in coscienza, non potrei alzarla quella mano.