Perché Conte se ne deve andare


Premettendo che non ho rancori personali né motivi di astio politico nei confronti del presidente del Consiglio, ritengo sia doveroso spiegare ai lettori i motivi che mi fanno ritenere necessario e doveroso congedare al più presto l’avvocato Giuseppe Conte, esonerandolo da una funzione non sua in cui dimostra tutta la sua inconcludente insignificanza e la sua più sublime personificazione del nulla.
Il primo motivo (e basterebbe questo) è di ordine politico. Il quale altro Paese un comune cittadino arriverebbe allo scudetto della presidenza del Consiglio senza aver mai giocato una partita in campo, senza alcun passato documentabile come politico o senza una qualunque altra capacità dimostrabile? Che esempio diamo ai nostri figli, ai nostri concittadini e agli altri Stati del mondo se si può diventare premier in un modo più arbitrario del Superenalotto, senza meriti, senza aver mai conquistato il consenso elettorale, senza aver mai amministrato nulla? Solo il curriculum taroccato di un professore di serie B. Se si diventa premier solo per trovare un prestanome a un duumvirato quale era quello che si profilava tra Di Majo e Salvini, cessano di esistere la dignità e il ruolo della politica.
Il secondo motivo è istituzionale. Conte si è concesso (o gli hanno concesso, vedete voi) un potere e una visibilità che non hanno avuto nemmeno le due primedonne degli ultimi anni, Renzi e Berlusconi, che quantomeno non furono chiamati al governo mentre partecipava ad una gara di scopa, ma avevano costruito e pianificato politicamente la loro scalata al potere. Grazie ad un uso per lo meno proditorio della pandemia, Conte è apparso l’uomo solo al comando che non avevamo dal tempo del Duce. Ha scavalcato il Parlamento e lo stesso Presidente della Repubblica (il quale si è ben guardato dal farglielo notare…) e si è arrogato un potere – attraverso una raffica di decreti e di – che nemmeno i dittatori delle repubbliche sudamericane hanno mai osato pretendere. Ha inscenato una sequela di prediche televisive per cercare di trascinare le folle come neanche James Brown saprebbe fare meglio in un concerto Spiritual.
Vi è poi una questione morale. Il fatto di presiedere due governi di orientamento opposto, passando dalla guida di un governo sotto l’egemonia di Salvini a un governo antilega è di per sé una cosa che un Presidente della Repubblica adeguato al ruolo non dovrebbe permettere. In questo Paese di voltagabbana si sono consumati i più efferati tradimenti politici, ma mai l’artefice del tradimento fu colui che aveva guidato la compagine precedente. Perché è come se dopo la sfiducia del 25 luglio, Mussolini avesse presieduto un governo antifascista filo-Alleati. È quindi un problema morale più grosso di una montagna, senza precedenti non solo in Italia, ma nel mondo intero, e ci rende – politicamente – la vergogna d’Europa: uno Stato dei cui governanti non ti puoi fidare, perché c’è sempre la possibilità che ti piantino un coltello nella schiena.
Solo una dismissione totale di pseudopolitici di questa tacca potrebbe, e comunque in tempi non brevi, permetterci di riacquistar dignità e credibilità nel consesso delle Nazioni. Questo discorso dovrebbe naturalmente riguardare tutte le forze politiche, perché getta discredito su tutti. Perché la disonestà non è solo rubare: è una chioccia prolifica, e ladrocinio è solo uno dei suoi numerosi pulcini.
Infine, vi è una questione nazionale ridotta a fatto personale. Nel momento più drammatico del nostro Paese, intorno al mese di aprile, mentre eravamo i primi al mondo per numero di morti da covid-19, l’avvocato Conte si vantava del suo governo e del modello italiano come esempio per tutto il mondo. E mentre in televisione rilasciava proclami con cui dichiarava che sarebbe passato alla storia, il sistema sanitario del nostro Paese reggeva solo grazie all’abnegazione di medici, volontari e infermieri. Dai piani sanitari inesistenti alle mascherine tarocche, per non dire delle grottesche istruzioni per l’uso ai cittadini, per mesi Conte ha sparato pacchi di miliardi mai visti, raggirando un popolo, giocando sulla sua pelle, cercando di trasformare la disperazione e la paura in consenso personale: puro sciacallaggio. Un presidente-presentatore TV che si accinge a varare, sta pensando di fare, è sul punto di… Marcello Veneziani, maestro nel coniare aggettivi, lo ha definito un fuffante, spacciatore di fuffa.
Giuseppe Conte ha dimostrato in questi mesi di non avere altro interesse che se stesso, il ritorno d’immagine e consenso per lui e la sua persistenza al potere, a ogni costo, con ogni trasformismo, a ogni condizione. Pronto a vendersi tutto e tutti, Italia inclusa, pur di galleggiare lui. E vantarsi di meraviglie che nemmeno De Gasperi ha mai osato vantare. L’ultima sua versione del non fare, per mediare tra grilletti e pidioti è la caricatura di un grande condottiero romano. Oggi per nostra disgrazia abbiamo Conte Fabio Massimo il Temporeggiatore.
Come se non bastasse tutto ciò a gettare onta e disonore sull’intero popolo italiano e ad aggravare il tutto c’è il suo Richelieu-burattinaio, Rocco Casalino, per il quale non servono aggettivi: bastano nome, curriculum e stile. Nessun governo decente al mondo avrebbe in cabina di regia politico-mediatica uno così.
Eppure per strada ascoltate persone che lo stimano, lo approvano, addirittura lo esaltano. Perché il consenso dato a Conte è la conferma di una legge commerciale combinata a uno stato psicologico di massa. Se batti e ribatti ogni giorno su un solo prodotto in posizione prioritaria e predominante sul mercato; e se combini questa legge di mercato con la sindrome di un paese spaventato e affamato, in cerca di rifugio e di paternità adottive, ottieni questo risultato. A ciò si aggiunga l’anomalia di un Paese in cui media e cultura attaccano più l’opposizione che il governo e il gioco è fatto.
L’unico argomento a favore di Conte è il mondo circostante: se la politica italiana non ha trovato di meglio che ripiegare su di lui e tenerselo in due fasi opposte, se a guidare le danze sono minus habentes come i grillini e gli zingarettini, se le alternative che si profilano sono scadenti e poco affidabili; e se tutti hanno paura di rischiare, poi non lamentatevi se Conte sta lì.
Lo stesso mostrare sui social frasi assurde o idiote uscite dalla bocca di questo o quel politico al governo, non fa che aumentare l’impressione generale che l’avvocaticchio pugliese sia, tutto sommato, il miglior fico del bigoncio. Il fatto poi che Conte non sia di sinistra o di destra ma segni la fine di ogni politica, che sia cioè la versione parodistica del potere democristiano e il trionfo del peggior trasformismo nel momento peggiore della nostra storia repubblicana, ci porta a dire che cacciarlo per ridare un po’ di dignità alla politica, alle istituzioni e un po’ di concretezza alle opere del Paese, è una priorità inderogabile, qualunque cosa possa accadere dopo.