I Prof. Piero Viti e Lucio Matarazzo su dotGuitar per riscoprire Carulli


Ferdinando Carulli

In occasione della ricorrenza del 250º anniversario della nascita di Ferdinando Carulli, compositore e didatta della chitarra classica nato nel 1770 a Napoli Piero Viti e Lucio Matarazzo, concertisti di fama internazionale e docenti di chitarra classica rispettivamente presso il Conservatorio Statale di Benevento e di Avellino, hanno deciso di dare un nuovo inquadramento alla figura e all’opera didattica e di composizione del musicista napoletano.

Tale Importante lavoro di rilettura, la cui prima parte è già fruibile sulle pagine internet di dotGuitar, web magazine del settore delle sei corde diretto proprio dal Prof. Matarazzo, sarà diviso in due parti.

La prima si concentrerà sulle vicende biografiche e musicali di Carulli e della sua famiglia, in un inquadramento circoscritto al periodo “italiano”, quello ancora alquanto lacunoso di notizie, che va dalla data di nascita del musicista, il 1770, fino al 1808/1809, data del suo trasferimento definitivo a Parigi.

Nella seconda parte sarà invece trattata con argomentazioni inedite l’analisi della produzione e dello stile compositivo del musicista, mettendo in luce il pieno legame del compositore con i dettami della coeva celebre Scuola Musicale Napoletana e gli influssi avuti sul suo stile da parte di alcuni dei massimi esponenti dell’epoca di questa Scuola, uno tra tutti Domenico Cimarosa.

Carulli, infatti, era nato a ridosso del cuore pulsante della città di Napoli, a pochi passi da Palazzo Reale e dal Teatro S. Carlo, nel periodo che interessò la cacciata del sovrano borbonico Ferdinando IV e l’insediamento del napoleonico Gioacchino Murat.

Era il periodo in cui Napoleone infiammava l’Europa e le vecchie casate monarchiche venivano soppiantate da nuove forme di governo ed analoghi fermenti culturali si producevano in tutte le espressioni artistiche e culturali. Lo stesso Murat, infatti, volle far progettare un foro nella grande piazza napoletana antistante il Palazzo reale e il San Carlo, a sottolineare che quella fosse l’area del cuore pulsante politico, economico e culturale della città, facendo costruire un grande colonnato ad emiciclo (NDR: che poi, con l’aggiunta della chiesa dedicata a S. Francesco di Paola da parte di Re Ferdinando reinsediatosi dopo la restaurazione, assunse l’attuale aspetto che offre la splendida piazza Plebiscito).

In questo contesto così densa di rinnovamenti segnato dall’illuminismo francese, si inquadra l’opera didattica e di composizione altrettanto innovatrice di Carulli che, di fatto, ha traghettato la chitarra classica dalle sponde della produzione musicale legate al periodo barocco a quello più propriamente moderno dove la chitarra classica ha finalmente ha sdoganato a pieno titolo il suo ruolo di strumento solista e “da concerto”, oltre che di strumento d’accompagnamento o meramente popolare.

S’intende con questo lavoro infatti, dicono gli autori, fornire degli elementi utili per un nuovo inquadramento critico dell’autore, nella speranza che questo possa stimolare nuovi spunti di riflessione tesi a superare gli atteggiamenti a volte superficiali spesso adoperati negli approcci al musicista. Va detto, infatti, che Carulli, pur se sommamente apprezzato e acclamato alla sua epoca, ha subito ai giorni nostri un destino abbastanza ingrato da parte della storiografia musicale, che lo ha di fatto relegato in un ruolo di secondo piano rispetto ad altri altrettanto celebri chitarristi suoi contemporanei.

Oggi infatti, a destare unanimi riconoscimenti sembra essere solo il suo celebre Metodo Op. 27, il così detto “Metodo completo per chitarra“, su cui hanno studiato e ancora studiano i chitarristi classici nei primi anni dei loro percorsi formativi.