22 giugno del 1941. L’attacco della Germania all’URSS: dopo l’incontro, lo scontro fra i totalitarismi


Il rischio di manipolare i fatti storici per costruire narrazioni propagandistiche e miti fondativi.

Illustrazioni di Igor Belansky.

Seconda guerra mondiale. Sangue e morte. Le vicende sono tragicamente note. Non esisterà mai memoria potente al punto da restituire il senso di tanto dolore. Genocidi, esecuzioni di massa, gulag e lager, impiccagioni e assassini, teste mozzate sono restate per anni, decenni, e addirittura resteranno attraverso i secoli, coincidenti con la violenza spietata verso coloro che ne sono stati vittime. È orribile pensare di vedere ancora in futuro la sensazione inebriante, di quasi immortalità, che animava i carnefici.

Maggiori responsabili i totalitarismi dell’epoca: nazismo e comunismo in primis. Studiosi hanno aggregato le caratteristiche di un regime totalitario: presenza di un regime (Stato) che controlla capillarmente la vita delle persone; assenza di un’opposizione parlamentare e politica; presenza di un solo partito legalizzato che accentra in sé tutto; presenza di un leader carismatico cui tutti devono essere fedeli; controllo totale sull’economia; uso della violenza e del terrore nel confronto della popolazione; uso massiccio di mezzi di comunicazione e della propaganda. Il totalitarismo diventa “perfetto” se rispecchia tutte le succitate ipotesi, nel caso in cui anche una sola di esse manchi è reputato “imperfetto”. Nazismo e comunismo: totalitarismi perfetti. Diversi, ma nemmeno troppo, soltanto nella forma. Un regime totalitario manipola le menti delle persone, eliminando i canali di informazione di opposizione e ogni fattore che possa turbare l’ordine. Inoltre, i media sono asserviti e passano solo notizie ufficiali, riportando, ed esaltando, le conquiste successive, minimizzando le sconfitte e le perdite, secondo i canoni della propaganda.

Nazismo e comunismo, due facce della stessa medaglia

In breve, i fatti. Nazismo e comunismo, due facce della stessa medaglia, sono stati prima alleati e poi nemici. Per i rispettivi biechi interessi, si sono incontrati e dopo scontrati.


Nazismo e comunismo, due facce della stessa medaglia

L’incontro. Il 23 agosto 1939, 8 giorni prima di dare il via alla Seconda guerra mondiale, aggredendo la Polonia il 1° settembre, la Germania nazista e l’U.R.S.S. firmano un trattato, noto come il “patto Ribbentrop-Molotov”, dal nome dei rispettivi ministri degli Esteri.


L’incontro fra i totalitarismi: un bacio di Giuda fra Stalin e Hitler

Tale patto disciplina la spartizione della Polonia e stabilisce il principio della non aggressione reciproca. Grazie ad esso la Germania può non solo aggredire lo stato polacco, ma anche procedere alle successive aggressioni delle altre nazioni europee, senza temere un’offensiva sovietica da est e continuare a ricevere forniture di petrolio, grano ed acciaio provenienti proprio dall’impero sovietico.
Lo scontro. Passano meno di due anni, in una guerra segnata da reciproci imbrogli tra Stalin e Hitler: il “patto Ribbentrop-Molotov” diventa carta straccia. Operazione Barbarossa: il nome in codice adottato dai tedeschi per l’invasione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Deliberata definitivamente da Adolf Hitler il 18 dicembre del 1940, essa viene avviata 6 mesi dopo, il 22 giugno del 1941. Secondo i piani del Führer deve essere una guerra lampo (Blitzkrieg) dall’impatto devastante per l’U.R.S.S., in particolare, l’idea di fondo è di ottenere su quel fronte gli stessi rapidi e prodigiosi risultati bellici conseguiti sconfiggendo l’esercito polacco. Mai un’azione militare è più vasta ed ambiziosa, con essa Hitler, il quale teme forse anche di essere in un futuro attaccato da Stalin, ha come obiettivo il controllo del grande continente Eurasiatico, centro geopolitico continentale del mondo.

Carro armato tedesco davanti ad un’isba

Finirà con una disfatta per i tedeschi e i loro alleati, tra di essi gli italiani. E qui nemmeno si possono nascondere le responsabilità di quel calvario di dolore che il regime fascista impose agli italiani. Italiani, brava gente, protagonisti sia di gesta eroiche che destarono ammirazione da parte del nemico, come di scene di disorganizzazione che indussero manifestazioni di disprezzo dei tedeschi. Il travaglio della ritirata. Una lunga tragedia. Che sembra non avere mai fine. È forse questo il senso più vero con il quale hanno ricordato le drammatiche vicende della guerra coloro che tra il 1941 e il 1943 furono mandati a combattere in Unione Sovietica.

Soldato tedesco in Russia

La nemesi. Da quella infausta storia sono passati quasi ottant’anni, che però non sono serviti a cancellare pene, a spegnere tormenti, a placare dolore. Certo il tempo non è passato invano. E oggi, l’ottica con la quale si guarda a quella disgraziata guerra e alle sue vittime è ben diversa. Il 19 settembre 2019 il Parlamento europeo approva una risoluzione intitolata “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”. Un documento presentato congiuntamente da membri dei principali gruppi per commemorare l’anniversario degli 80 anni dallo scoppio della Seconda guerra mondiale. Purtroppo, diviene pretesto per alcune polemiche successive. L’oggetto del contendere si trova in alcuni passaggi del testo finale votato in aula a Strasburgo, considerati piuttosto critici nei confronti dell’ideologia comunista e dei suoi simboli, che nel documento vengono di fatto equiparati all’ideologia e ai simboli del nazismo. Un passo importante nel senso della verità. Ma a qualcuno conviene ancora che la storia sia raccontata a metà? Forse, il rosso del sangue non può scaturire dal rosso di una bandiera per i propugnatori dell’opinione che si tratti di un’ignobile equiparazione. Però il sangue è rosso e basta. E le lacrime sono salate e basta.

La nemesi.

L’antidoto. Il formarsi di un senso comune nuovo, ora che le circostanze rivelano l’enormità del male. Che non può essere respinto mediante il negazionismo di una parte, con l’invenzione della sua propaganda amica. O, soltanto, giustificando la presunta bontà di un’’idea poi applicata male, tradendone i principi o il volere del capo. No, così, il totalitarismo potrà ritornare ancora più forte. Per un periodo andrà probabilmente affievolendosi, ma sarà sempre pronto a travestirsi in forme nuove. L’apparizione dei totalitarismi, il loro incontro e il loro scontro può essere interpretato come un processo controverso per l’affermazione, non solo materiale e militare, ma peggio ancora, di uno scopo. Uno scopo fondato su supreme fonti di legittimazione, di cui l’ideologia è solo l’espressione, il capo il garante, lo Stato l’esecutore. Una perversa mistica che fa leva sui problemi e sulle aspettative, riduce gli individui al rango di sudditi assoldati, li spinge a sacrificare per l’ideale ogni cosa più cara, inclusi gli affetti. Fondamento e obiettivo della lotta, i fili intrecciati dal totalitarismo si potranno chiamare di volta in volta dittatura del proletariato, superiorità della razza ariana e, oggi, sottomissione al mondo del Corano… Potere bolscevico, Reich millenario, califfato mondiale. Soltanto una massiccia opera di sensibilizzazione, prima di tutto culturale, divulgativa, potrà creare gli anticorpi sociali per contrastare i totalitarismi, aborrendone le colpevoli sottovalutazioni, aldilà delle tendenze a manipolare i fatti storici per costruire narrazioni propagandistiche e miti fondativi a proprio uso e consumo.