COVID 19 e il mondo che verrà


Tramite Vittorio Bobba arriva questo spunto di riflessione redatto da Laura Calosso. Lo pubblichiamo volentieri ritenendolo molto interessante.

di Laura Calosso:

Come il personaggio di un romanzo, il Covid 19 fa il suo ingresso sulla scena italiana il 31 gennaio 2020, giorno in cui il Consiglio dei Ministri dichiara lo stato di emergenza sanitaria.

Covid 19 è una malattia infettiva respiratoria che, nei casi più gravi, costringe al ricovero in ospedale, talvolta addirittura nei reparti di Terapia Intensiva, con una permanenza di settimane.

Questo dato basta da solo a rendere tragico lo squilibrio tra i 60 milioni di italiani e il numero dei posti in terapia intensiva, che prima dell’emergenza erano soltanto 5.324 e 2.974 nei reparti di malattie infettive.

Nel corso degli ultimi vent’anni, in Italia, il rapporto tra numero di abitanti e posti letto è passato da 5,8 posti letto ogni 1000 abitanti (1998), a 4,3 (2007) e a 3,6 (2017). Il dato del 1998 era già in contrazione rispetto agli anni precedenti.

A che cosa è dovuta questa contrazione? A una scelta. Nel Piano Nazionale Sanitario 2003-2005 emerge infatti che lo Stato ha deciso da un lato di creare grandi centri ospedalieri dotati di attrezzature e dall’altro di implementare una rete territoriale di servizi per evitare, dove possibile, il ricovero in ospedale. A fronte di questa scelta la spesa pubblica per la Sanità non è però diminuita, anzi. L’incidenza della spesa sanitaria sul Pil è aumentata di un punto, dal 5,5 per cento del 2000 al 6,5% del 2018. Entro il 2021 erano già previsti incrementi fino a 120 miliardi. L’impennata si è registrata tra il 2006 e il 2010. In termini reali, la spesa del 2018 è stata però all’incirca uguale al livello del 2005.

Oggi appare evidente che la scelta descritta nel PNS rende fragile l’Italia davanti all’insorgere del Covid 19. La rete territoriale è stata davvero potenziata? Non sembrerebbe. La situazione, inoltre, si è aggravata per la mancata applicazione del Piano anti pandemia, che venne redatto dopo la SARS nel 2003 (malattia infettiva respiratoria simile a Covid 19) e aggiornato nel 2016.

Il quadro italiano si inserisce, ovviamente, in uno scenario internazionale. Quale trend caratterizza gli ultimi vent’anni? Una descrizione efficace l’ha prodotta Saskia Sassen, docente di Sociologia alla Columbia University, in un saggio dal titolo Espulsioni, pubblicato da Il Mulino nel 2015. Nell’Introduzione, intitolata Una feroce selezione, la studiosa scrive: “L’economia politica globale dei nostri giorni ci pone di fronte a un nuovo allarmante problema: l’emergere della logica dell’espulsione. Gli ultimi due decenni hanno visto crescere rapidamente il numero di persone, imprese e luoghi espulsi dai fondamentali ordinamenti sociali ed economici del nostro tempo.”

Che cosa significa quest’affermazione? Secondo la Sassen, la patologia del capitalismo globale, più che nella crescita della disuguaglianza, di cui parla il premio Nobel Joseph Stiglitz, si osserva proprio nella logica dell’espulsione, ovvero, una varietà di processi che producono esiti estremi. Tra gli esempi dei processi di espulsione, si può citare il crescente numero degli indigenti, degli sfollati ammassati in campi profughi, dei prigionieri reclusi per lunghi periodi in prigioni gestite da privati, della popolazione attiva considerata in eccesso che vive nei ghetti e negli slum, delle aree della biosfera espulse dallo spazio vitale a causa delle tecniche estrattive o dell’accaparramento di terre da parte di potenze straniere (es. acquisizioni della Cina in Africa).

La Sassen sostiene che alcuni processi che stanno avvenendo, diventano a un certo punto così estremi da non riuscire a essere spiegati dal linguaggio comune. L’espressione “cambiamento climatico”, ad esempio, non restituisce a sufficienza la realtà, cioè l’esistenza di vaste distese di terra morta e di acqua morta. “Espulsione” è il momento in cui una condizione diviene estrema: povertà non significa più non avere mezzi sufficienti, significa proprio essere senza casa, senza cibo, condannati alla vita in una baracca. Allo stesso modo, terra e acqua non sono solo insalubri, sono in talune situazioni letteralmente morte.

Cosa c’entra tutto questo con Covid 19? C’entra.

Come potremmo definire le immagini di colonne di camion dell’esercito che in Lombardia trasportano bare destinate alla cremazione o la strage nelle residenze per anziani o le immagini delle fosse comuni scavate a New York per seppellire i morti al tempo della pandemia?

Espulsioni, appunto.

Ma c’è di più. La Sassen parla nei suoi lavori di “formazioni predatorie”, ovvero formazioni complesse, che assemblano una varietà di elementi: elite, capacità di agire come sistema, mercati, innovazioni tecnologiche autorizzate dai vari governi. Le banche centrali hanno seguito il quantitative easing, ma nel caso degli Stati Uniti, la sociologa afferma che bilioni di dollari dei cittadini, messi a disposizione del sistema finanziario internazionale a tassi molto bassi, sono stati usati per la speculazione, senza trasformarsi in prestiti alle piccole imprese.

Tutto questo eccede rispetto al comportamento delle elite di super-ricchi potenti a cui eravamo abituati vent’anni fa. Se a un tratto sparissero tutti i super-ricchi, continueremmo ad avere la stessa situazione, perché all’opera non ci sono persone ma sistemi complessi.

Si dice che lo Stato-nazione nel suo insieme sia stato la vittima dei processi di globalizzazione economica, ma secondo la Sassen sono i parlamenti e il ramo legislativo ad aver subito una perdita massiccia di funzioni e potere. L’apparato esecutivo (i presidenti o i primi ministri) dalla globalizzazione hanno invece ottenuto un nuovo tipo di potere che li mette a confronto diretto con le corporation e le multinazionali.

Dagli anni Ottanta gli Stati occidentali invece di investire nella produzione manifatturiera, hanno iniziato a investire nell’estrazione mineraria. Mentre il capitalismo keynesiano era, in certo qual modo, orientato all’inclusione e alla riduzione della disuguaglianza (perché si reggeva sulla produzione e sul consumo di massa), oggi siamo di fronte alla rottura del patto con la classe media. I guadagni dei grossi gruppi derivano infatti dalle operazioni finanziarie. Le persone non sono più così importanti …

Se in epoca di Covid 19 ragioniamo su questo trend, saltano all’occhio rischi molto seri. La necessità di andare oltre il lockdown, potrebbe spingere a nuove espulsioni, rappresentate da un elevato numero di morti. Inoltre siamo prossimi alla distruzione di piccole e medie aziende in crisi di liquidità, alla vendita di proprietà a prezzi irrisori dettata dall’esigenza dei proprietari di sopravvivere alle mancate entrate (con conseguente rischio di infiltrazioni illegali in aziende legali).

Questo scenario dovrebbe essere preso in seria considerazione dai governi e dalla società civile, che oggi corre un altro rischio, in nome della sicurezza sanitaria: cedere diritti in materia di Privacy.

Il d.C. – dopo Covid 19 – potrebbe essere un tempo di ripensamento e rinascita, oppure può trasformarsi nell’espulsione definitiva di un mondo antico, quello in cui abbiamo vissuto fino a qualche anno fa. Pensiamoci.