L’evidenza dei numeri


Il presente articolo si compone di due parti.
La prima vuole essere semplicemente l’esposizione di dati oggettivi, tratti da fonti autorevoli e, a ragion di questo, del tutto inconfutabili.
Dalla disamina di tali dati dovrebbe già nascere nel lettore attento il germe di un’idea, un’ipotesi che prenderà piede nella seconda parte, in cui cercheremo di dare corpo a questa ipotesi, formulando una possibile teoria ma lasciando aperte le conclusioni, sostanzialmente per due motivi.
Innanzitutto non è ancora tempo di bilanci: in questa fase della pandemia troppe sono ancora le variabili in gioco, le scelte da fare da parte di coloro i quali (beati loro!) possono scegliere, i percorsi ancora incompiuti e le curve ancora da tracciare su grafici che per ora mostrano tutto e il contrario di tutto.
Il secondo motivo è dettato dal desiderio di lasciare al lettore e al suo libero arbitrio la possibilità di delineare le possibili conclusioni.
Lungi da noi qualsivoglia velleità complottistica, teniamo a precisare che abbiamo voluto tenere una distanza professionale dagli argomenti trattati, non lasciando che le vicende personali o di persone a noi vicine ci potessero condizionare.
Veniamo dunque ai dati di cui sopra.
Iniziamo col dire che ogni anno in Italia si registrano dai 6 agli 8 mila decessi per complicazioni (soprattutto respiratorie) a seguito di influenza stagionale. Il dato è pubblico e si può tranquillamente leggere sul portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica a cura dell’Istituto superiore di sanità (www.epicentro.iss.it).
In particolare, per quanto riguarda la mortalità, sono due sorveglianze le fonti a cui si fa riferimento, come racconta Antonino Bella del Dipartimento Malattie Infettive dell’ISS, che in un approfondimento pubblicato sul sito dell’Istituto spiega come leggere i dati sulla mortalità per influenza. La prima è il sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (Sismg) che si basa su 19 città campione italiane che raccolgono quotidianamente il numero di decessi negli ultra 65enni per tutte le cause (non solo per influenza). Questo numero viene confrontato con quello atteso costituito dalla media dei decessi registrati nei cinque anni precedenti.
Ogni anno l’influenza determina un eccesso di mortalità. Il razionale della sorveglianza della mortalità giornaliera (Sismg) è quello di evidenziare aumenti del numero di decessi osservati che supera il numero atteso in presenza di una stagione influenzale particolarmente aggressiva.
Il sistema di sorveglianza prende in considerazione il numero di decessi per tutte le cause perché i dati dei decessi per influenza non sono disponibili in tempo reale. Infatti l’Istat ogni anno codifica tutti i certificati di morte, compresa l’influenza, e ne attribuisce la causa principale, un processo che richiede per rendere disponibili i dati di mortalità per specifica causa mediamente un periodo di due anni.
Il secondo sistema di sorveglianza è quello delle forme gravi e complicate di influenza confermata in laboratorio nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Questo sistema monitora il numero di decessi attribuibili all’influenza che si osservano nella popolazione di pazienti che ha un quadro clinico molto grave.
Per le ragioni sopra descritte, nessuno dei due sistemi di monitoraggio fornisce il numero totale di decessi che l’influenza stagionale provoca ogni anno in Italia. Per quest’ultimo dato è inoltre necessario sottolineare un ulteriore elemento da tenere presente. Se analizziamo i dati di mortalità specifici per influenza che l’Istat fornisce ogni anno in Italia, i decessi per influenza sono qualche centinaio. Il motivo principale è che spesso il virus influenzale aggrava le condizioni già compromesse di pazienti affetti da altre patologie (per esempio respiratorie o cardiovascolari) fino a provocarne il decesso. In questi casi spesso il virus influenzale non viene identificato o perché non ricercato o perché il decesso viene attribuito a polmoniti generiche.
Per questo motivo diversi studi pubblicati utilizzano differenti metodi statistici per la stima della mortalità per influenza e per le sue complicanze. È grazie a queste metodologie che si arriva ad attribuire mediamente 8000 decessi per influenza e le sue complicanze ogni anno in Italia.
Ricapitolando: se contiamo i morti “diretti” per influenza, tra il 2007 e il 2017 (in totale dieci stagioni influenzali) sono stati in totale poco più di 5 mila; se si considerano anche i decessi “indiretti” il numero sale di molto e potrebbe potenzialmente a superare le 100 mila morti in totale.
In generale, spiega l’Iss, si stima che il tasso di letalità dell’influenza stagionale (ossia il rapporto tra morti totali e contagiati) sia inferiore all’uno per mille (0,1 per cento).
Vediamo adesso i numeri sui contagiati. Secondo i dati più aggiornati di InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza, coordinato dal Ministero della Salute con la collaborazione dell’ISS), da ottobre 2019 alla settima settimana del 2020 (10-16 febbraio) il numero di casi stimati di sindrome simil-influenzale è pari a circa 5 milioni e 632 mila casi.
Sebbene il picco stagionale sia stato superato nella quinta settimana del 2020, è ancora presto per avere un numero definitivo dei casi di sindrome simil-influenzale per questa stagione, che terminerà ad aprile.
Abbiamo però i dati degli anni passati. Alla fine della stagione influenzale dello scorso anno, i casi stimati sono stati circa 8 milioni e 104 mila, un po’ di meno rispetto agli 8 milioni e 677 mila registrati a cavallo tra il 2017 e il 2018.
A fine aprile 2017, i casi stimati erano invece stati 5 milioni e 441 mila, in aumento rispetto ai 4 milioni e 877 mila casi dell’anno prima. Nella stagione 2014-2015, il numero di casi stimato era invece stato di 6 milioni e 254 mila. Da questi dati è evidente come ci sia un’ampia variabilità, che, tra le altre cose, è determinata dai fattori (come ad esempio la meteorologia) che influiscono sulla diffusione dei virus, influenzali e non solo.
Questi i numeri.
Venendo invece all’attuale situazione di crisi, sembrerebbe – a sentire i media – che ogni morte venga spacciata per COVID-19.
Sono spariti gli infarti, le influenze, gli ictus e i tumori. Oggi si muore (pare) solo di coronavirus.
In realtà il coronavirus uccide, è innegabile, ma nella maggior parte dei casi uccide persone (di solito anziane, ma non solo) già provate da altre patologie e con difese immunitarie a brandelli.
Quindi la situazione parrebbe molto simile a quella degli anni scorsi, sebbene vada riconosciuto che la virulenza e la letalità dei COVID-19 sia superiore a quella dei suoi cugini stagionali.
In altre parole occorre fare la tara ai decessi. Al 16 aprile in Italia sono ufficialmente registrati 21.645 decessi per coronavirus, mentre è probabile che le morti dovute unicamente al COVID-19 siano qualche migliaio se non, addirittura, ancora meno.
Ma allora tutto ciò va a vantaggio di chi? La risposta più facile è: di chi lucra sulla sanità. Ma soprattutto di chi lucra sulle manovre finanziarie internazionali, dato che in un mese abbiamo demolito un sistema economico che si pensava stabile. La sola Italia ha perso svariati punti di PIL, e non è ancora finita. Tutto il mondo è in recessione: agli squali non sembrava vero un colpo così, un’occasione unica, da non perdere, e al diavolo i morti, che ci sarebbero stati comunque.
Pensateci: se l’anno della SARS le autorità sanitarie si fossero fatte prendere dal panico come questa volta e avessero ricoverato tutti quelli che avevano febbre e difficoltà respiratorie, non pensate che avrebbero
anche allora intasato le terapie intensive di ‘malati-di-qualsiasi-cosa’?
Potete verificare i numeri anche sul sito ISTAT (http://demo.istat.it/bilmens2019gen/index .html) oppure su www.italiaora.org: è un po’ complicato e bisogna fare due somme, ma i numeri che riportiamo qui di seguito sono esatti. In pratica l’ISTAT evidenzia che mediamente ogni anno vi sia circa l’1% di mortalità (complessiva) in relazione alla popolazione italiana. In altre parole ogni anno muore un italiano su 100, per qualunque causa. Nel 2019 su una popolazione di 60.359.546 abitanti vi sono stati circa 647.000 morti (mediamente 53.916 al mese), ossia l’1,07%, mentre negli anni della famosa “asiatica” su 48.788.971 abitanti nel 1956 vi furono 497.550 decessi, pari all’1,2%, mentre l’anno successivo su una popolazione di 49.051.924 vi furono 484.190 decessi, pari allo 0,98%.
Sempre secondo l’ISTAT, nel primo trimestre 2020 il numero di decessi è in linea con gli anni precedenti, anzi ci sarebbe addirittura un calo. Ma andiamo avanti: secondo i dati della Protezione Civile, al 14 aprile si conterebbero 20.465 morti con un’età media di 78 anni, di cui il 61% con 3 o più patologie pregresse, il 20,7% con due patologie pregresse, il 4,8% con una patologia pregressa e solo il 3,5% non avrebbe avuto nessun’altra patologia. Per inciso, è evidente che se un malato terminale con le difese immunitarie sotto le suole si becca un virus, sia esso una banale influenza o il maledetto COVID-19, andrà al Creatore ben più rapidamente, ma non è l’influenza che lo ha accoppato, è un quadro clinico già compromesso, portato all’estremo da una complicazione virale.
Quindi il numero di morti per solo COVID-19 senza patologie pregresse sarebbe di 716, che rappresenta lo 0,0011% della popolazione italiana, mentre alla stessa data il numero di chi ha contratto il virus (compresi i 103.616 positivi, i 35.345 guariti e i suddetti 20.465 morti) è pari a 159.516 persone, ovvero lo 0,264% della popolazione.
Tali numeri non sembrerebbero essere stati attentamente valutati ai fini di effettuare il contemperamento degli interessi della Nazione. Che è come dire: era necessario fare tutto ‘sto casino?
Ma l’ultimo dato che vi proponiamo, forse il più illuminante è quello che ci da il numero totale di morti in Italia, per qualunque causa nel primo trimestre del 2020 confrontato con lo stesso trimestre del 2019.
Ebbene, la solita fonte autorevole (ISTAT) dichiara che in quel periodo del 2019 i decessi furono 185.967 mentre nello stesso primo trimestre dell’anno in corso essi sono scesi a soli 165.367!
Certo si potrebbe obiettare: com’è possibile che questo miliardo di virologi costantemente in tv non sia riuscito a prendere in mano due cifre e ad arrivare a questa semplice conclusione?
Beh, noi pensiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia di molto condizionato i comportamenti di governi e scienziati.
Non crediamo che Trump, per folle che possa essere (o sembrare), possa aver sospeso i finanziamenti all’OMS a cuor leggero, ma soprattutto le reazioni (a parte quella vecchietta acida della Pelosi che ce l’ha a morte con qualsiasi repubblicano, fosse anche George Washington) sono state molto tiepide, quasi di circostanza. E teniamo presente che il presidente dell’OMS è un marxista militante etiope, guidato dalla dittatura cinese e posto alla presidenza dell’OMS attraverso lo sforzo diplomatico del governo cinese.
Il fatto che oggi Trump accusi l’OMS di errori e connivenze con la Cina non fa che confermare questa tesi. Tuttavia vogliamo essere possibilisti. Abbiamo esposto dati e situazioni che stanno sotto gli occhi di tutti. Lasciamo adesso che il tempo giochi le sue carte e dimostri chi aveva ragione.
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Nota del direttore:
Per completezza di informazione si rimanda a un comunicato stampa dell’ISTAT del 17/04/2020, dunque recentissimo, in cui si legge che nella “terza diffusione (aggiornamento del 16 aprile 2020) dei dati tempestivi di mortalità di fonte ANPR, l’Istat ha scelto di concentrare l’attenzione soltanto sui comuni che presentano almeno dieci decessi negli ultimi tre mesi (4 gennaio-4 aprile 2020) e che hanno fatto registrare un aumento dei morti almeno pari o superiore al 20 per cento nel periodo 1 marzo-4 aprile 2020 rispetto al dato medio dello stesso periodo degli anni 2015-2019”.
L’Istituto di Statistica ha poi messo le mani avanti asserendo che “Molte agenzie e molti giornali online hanno riportato erroneamente questa soglia minima del 20% dei decessi, scelto come criterio di selezione nei 1689 comuni appena pubblicati, come la percentuale di aumento dei decessi totali avvenuti in Italia da quando si è diffuso il Covid-19”.
Insomma, l’aumento delle morti del 20% riportato come dato nazionale da alcuni media (qualcuno ha addirittura riportato un dato del 40%) dovute al Coronavirus sarebbe una fake news e la percentuale delle morti dovute all’epidemia, in particolare concentrate in alcune aree del nord del paese, non sarebbe correttamente riportata da tali media.
A tal riguardo è parimenti interessante annotare che secondo la FENIOF, la Federazione Nazionale Imprese Onoranze Funebri, al centro sud i dati delle morti relative al primo trimestre 2020 sarebbero sostanzialmente invariati rispetto agli scorsi anni se non, in alcuni casi, addirittura lievemente inferiori.
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Fonte:
ISTAT
www.istat.it/it/archivio/241576