Mascherine fai da te? No grazie


L’attuale epidemia ha creato una forte domanda di mascherine con farmacie prese d’assalto e scorte immediatamente esaurite.

La carenza di questi DPI (NDR: Dispositivi di Protezione Individuali) ha causato la comparsa, più che prevedibile, di due fenomeni.

Da un lato c’è stata la speculazione da parte di veri e propri sciacalli, ossia di individui che offrivano mascherine a costi esorbitanti con prezzi anche venti volte superiori agli usuali e dall’altro, comprensibilmente, fenomeni di diffusione di una vera e propria psicosi collettiva con informazioni fasulle rilanciate sui social in ordine alla possibilità di realizzare in casa questi presidi.

Sorge allora spontanea la domanda se esiste la possibilità di fabbricare in proprio una mascherina, casomai con la carta da forno o altre tipologie di materiali filtranti.

Innanzi tutto bisogna dire che, secondo le linee guida del Ministero della Salute, è necessario indossare una mascherina sono da parte di chi è a contatto con persone con positività al virus. Di norma la prescrizione si riferisce agli Operatori sanitari che, con grande slancio, stanno lavorando in questi giorni nei nosocomi.
Per tutti gli altri, ossia per la popolazione, non c’è una tale indicazione ritenendosi sufficienti le misure di accurata igiene delle mani e degli ambienti domestici nonché dell’isolamento sociale a cui tutti siamo chiamati.

Stabilito questo, è necessario poi dire che le mascherine davvero utili contro i virus sono quelle certificate FFP3 (o almeno FFP2) ossia mascherine che riescono a filtrare particelle delle dimensioni fino a 0,6 micron (NDR: millesimi di millimetro) garantendo protezione da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi tossici e dannosi per la salute almeno nel 95% dei casi (89% dei casi per le FFP2).

Naturalmente questa capacità filtrante deriva sia dai materiali utilizzati ma anche da come sono assemblati e, non ultimo, dalla banale considerazione che la mascherina per potere esplicare il suo ruolo deve aderire perfettamente al viso di chi la utilizza.

Naturalmente i materiali che si possono rivenire a casa, compreso la oramai famosa “carta da forno’, nonché le modalità di assemblaggio, non offrono tali garanzie mentre invece tutti questi requisiti devono essere verificati, mediante numerose e sofisticate prove di laboratorio, da organismi certificatori (NDR: su ogni mascherina devono riportare gli estremi di tali certificazioni).

In questo senso le mascherine “fai da te” diventano un pericoloso mezzo per chi le usa ingenerando una sensazione di protezione (che non si ha).

Inoltre lo stesso assemblaggio della mascherina fatta in casa finisce, inevitabilmente, per contaminare la stessa mascherina rendendo il suo utilizzo oltremodo pericoloso.

E questo conduce anche a una riflessione su quanti, dopo aver utilizzato una mascherina, pensano di riutilizzarla dopo averla lavata ignorando, invece, che per loro natura questi presidi sono usa e getta e su quanti, in buona fede, ritengono che “qualunque cosa è meglio che niente”.

Per tali motivi sostanziali, solo due giorni fa la Guardia di Finanza ha sequestrato un carico di ben 200.000 mascherine inviate al nord Italia poiché realizzate in difformità alle normative di certificazione.

Inidonee a una sufficiente protezione dai virus anche le mascherine così dette “chirurgiche”, il cui scopo é quello di non contaminare il campo operatorio da grossolani schizzi di saliva da parte del chirurgo quando parla agli assistenti mentre opera, ma che hanno una trama eccessivamente per costituire una efficace barriera contro gli aerosol (NDR: particelle liquide o solide di dimensioni da frazioni di micron a pochi micron) su cui viaggiano i virus.

Questo per non parlare di sciarpe, passamontagna e bandane.