Taranto, ora si va verso lo spegnimento


Avviato lo spegnimento dell’alto forno n.2 del polo siderurgico di Taranto, il più importante d’Italia e il secondo d’Europa.

Il provvedimento della Procura, scaturito a seguito dell’inchiesta su un incidente mortale del 2015 a cui l’azienda non ha posto riparo ottemperando a tutte le prescrizioni in tema di sicurezza, segna un brutto colpo per l’Italia è per i lavoratori dell’acciaieria.

“Alcune delle prescrizioni a suo tempo imposte – si legge infatti nel decreto del PM Antonella De Luca, fatto notificare in settimana alla direzione del gruppo Franco-indiano ArcelorMittal, i nuovi proprietari dell’Ilva, risultano attuate o non attuate soltanto in parte”.

Stando così le cose, entro un mese l’altoforno deve essere spento ma l’operazione è tecnicamente già partita in quanto per spegnere un impianto del genere non basta girare una manopola o premere un bottone.

L’impianto, infatti, non potrà essere più caricato per la produzione della ghisa e dei sottoprodotti ma dovrà smaltire il residuo fino al completo svuotamento e spegnimento.

Sin qui, gli aspetti tecnici della cosa che sembrano scaturiti semplicemente da un incidente sul lavoro e dall’inerzia di vecchi e nuovi proprietari.

Ma proprio il fattore inerzia sembra fare assumere alla vicenda un sapore diverso dall’apparente.

Ci si domanda infatti perché il nuovo proprietario, il colosso siderurgico ArcelorMittal, non abbia fatto il necessario per ottemperare alle richieste in materia di approntamenti di Sicurezza chiesti dai magistrati.

Insomma, un gruppo industriale acquisisce una nuova azienda per poi lasciarla chiudere così impunemente?

Ma il gruppo ArcelorMittal non sarebbe nuovo a strategie industriali speculative di questo tipo consistenti nell’acquisizione di rilevanti complessi industriali come quello Tarantino per trarne ingenti profitti da dirottare altrove nel mondo o, se non altro, con il precipuo scopo di liberarsi di possibili competitor industriali.

Una delle ipotesi vagliate dalla Procura di Milano, infatti, è che ArcelorMittal abbia ‘pilotato’ la crisi della ex Ilva facendole perdere valore, alla luce della circostanza che le perdite dell’acciaieria sono raddoppiate in un anno.

A questo riguardo rileggetevi l’articolo di Vittorio Bobba del 24 novembre scorso (ILVA, era già tutto previsto?) in cui, in tempi difficilmente sospetti, già su queste pagine Bobba avanzava delle perplessità sulle reali intenzioni della compagnia franco indiana.

In definitiva, la multinazionale dell’acciaio probabilmente lascerà l’Italia e porterà altrove i 6 miliardi di euro di investimenti che erano destinati all’Ilva di Taranto e il nostro paese avrà perso un altro pezzo della sua capacità produttiva (con gli ovvi contraccolpi dal punto di vista occupazionale).