Croazia, il martirio della X Mas


Erano di stanza sull’isola di Lussino, quando ancora non era Croazia ma Jugoslavia. Una quarantina di uomini a difesa di Neresine e Zabodaschi. Portavano il berretto e le mostrine della X Flottiglia Mas, ma le divise erano logore, le giubbe strappate o abbandonate in un’altra trincea.
Il principe Borghese li aveva mandati a contrastare l’avanzata dei soldati di Tito, ultimo disperato argine all’avanzata dell’esercito Jugoslavo.
A Zabodaschi si arresero e vennero deportati nei gulag comunisti. Solo una pugno di scheletri riuscì poi a tornare a casa. A Neresine, invece, in netta inferiorità numerica si asserragliarono in una ex-caserma dei carabinieri e resistettero fino all’ultima pallottola, che qualcuno di loro volle tenere per sé.
Era il 21 aprile del 1945. Ai sopravvissuti vennero levate le scarpe e le divise, quindi li condussero a Ossero, appena oltre il ponte che collega Lussino a Cherso. Qui giunti li costrinsero a scavare, scalzi, una fossa, poi li fucilarono e li sotterrarono, senza gloria né onore. E lì, appena dietro al cimitero di Ossero, rimasero per settantaquattro anni, senza una croce, una lapide o una preghiera che non fosse quella delle madri che continuarono per anni ad aspettare di vederli tornare.
Tutti sapevano, ma ci sono voluti tre quarti di secolo perché si verificassero le condizioni che ne hanno permesso il recupero. Già nel 2008 la FederEsuli pose una lapide con i nomi dei caduti.
Oggi il loro portavoce dice: “Anche se quei poveri resti, a tutt’oggi, risultano essere ufficialmente di persone ignote, per tutto il mondo dell’esodo lo scavo della fossa di Ossero rappresenta un successo, seppure amaro, conseguito a decenni di distanza ed ottenuto grazie all’insistenza delle associazioni che hanno da sempre richiesto di onorare i propri caduti”. Questi scavi, continua FederEsuli, effettuati in collaborazione con il governo croato, “rappresentano l’attuazione dell’accordo stipulato sulle sepolture di guerra da una apposita Commissione mista italo-croata e sottoscritto a Zagabria il 6 maggio 2000”. Quell’accordo ha rappresentato un traguardo per FederEsuli che, “sin dalla sua costituzione, ha continuamente svolto un’azione di interlocuzione con le istituzioni italiane, affinché si facessero carico di dialogare con le omologhe autorità croate, al fine di ottenere un semplice gesto di pietà umana. Per questo ringrazia sentitamente il Commissariato per le Onoranze ai Caduti in Guerra (Onorcaduti), il Ministero degli Esteri e la Presidenza del Consiglio dei ministri, così come le autorità croate che hanno reso possibile l’esumazione”.
La notizia conferma l’ottima salute dei rapporti bilaterali tra Italia e Croazia che già nello scorso luglio, avevano già portato all’esumazione dei “martiri di Castua” ad appena 12 km di distanza da Fiume, dove sono stati riportati alla luce gli scheletri indistinguibili di 7 o forse 9 italiani fucilati ed infoibati dai partigiani jugoslavi il 4 maggio del 1945. Tra lo ci sarebbero anche il senatore fiumano Riccardo Gigante, il giornalista Nicola Marzucco, il maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti e il vice brigadiere dei Carabinieri Alberto Diana. Tutti scomparsi senza lasciare traccia in quei mesi quando al di là del Confine Orientale dilagarono le truppe di Josip Broz, il maresciallo Tito.
“Ancora una volta – concludono da FederEsuli – chiediamo che una tale pietà verso le vittime dell’insensata violenza scatenatasi dopo la fine della Seconda guerra mondiale, possa manifestarsi apponendo lapidi multilingue nei luoghi accertati che hanno visto gli orrori dei massacri, affinché la memoria non vada perduta e possa essere monito per le generazioni future liberate, una volta per sempre, dalle pulsioni nefaste dei nazionalismi così come dall’insensata ideologia”.
Ci uniamo al senso di pietà che sempre suscitano questi ritrovamenti e alla solidarietà certamente dovuta alle famiglie di tante innocenti vittime della furia comunista di quei branchi di cani spietati che insanguinarono e – ancor più – disonorarono le proprie divise e la loro stessa patria, pur se benevolmente perdonati o addirittura glorificati da una insensata quanto meschina fede politica.
E pensare che Tito ha ancora la massima onorificenza italiana: Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone. E pensare che Pertini baciò la sua bara quando partecipò ai solenni funerali nel maggio del 1980.
D’altra parte è noto da che parte pendesse Pertini: si ricordi tra l’altro che fu lui a ordinare la fucilazione di Luisa Ferida (incinta e innocente). Quindi nessuno si può stupire che ammirasse un uomo sul cui capo grava il massacro di duecentomila civili innocenti (migliaio più, migliaio meno, chi può più dirlo con certezza, ormai?). Vorremmo ancora ricordare due atti così efferati da fare rabbrividire ancora oggi. Per primo la strage compiuta intorno al villaggio austriaco di Bleiburg, presso il confine sloveno. in quegli stessi giorni di maggio (dopo la fine della guerra, come si conviene ai vigliacchi), dove tra i 30 e i 60.000 tra Ustascia, Domobranci, e soldati regolari, oltre a Cosacchi, Cetnici e civili con famiglie al seguito vennero massacrati dai titini che impedirono loro di arrendersi agli inglesi. Secondo alcune fonti indipendenti circa 50.000 militari disarmati e oltre 30.000 civili furono condotti a Tezno con le cosiddette “marce della morte” e lì assassinati e sepolti in fosse comuni o nelle foibe.
L’altro esempio della crudeltà di quei criminali è rappresentato dai campi di concentramento che anch’essi vollero istituire, come il lager vicino a Lubiana ovvero Borovnica, utilizzato dai titini per sopprimere migliaia di italiani (il tasso di mortalità è calcolato in oltre il 50%).
Tornando ai martiri di Ossero, personalmente non conosciamo i loro nomi né la loro età o la loro storia personale che li ha portati ad immolarsi per fermare la barbarie comunista che voleva rendere la nostra Patria schiava dell’impero comunista. L’unica cosa che so è che il mio cuore mi impone di gridare: DECIMA…PRESENTE!
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Fonti:
www.ilgiornale.it
www.secoloditalia.it
www.triesteprima.it
www.wikipedia.it