Nazismo e comunismo: non ci sono buoni e cattivi


Lo scorso 20 settembre il Parlamento Europeo di Strasburgo ha approvato ad ampia maggioranza (535 voti a favore, 66 contrari e 52 astenuti) una risoluzione dal titolo: “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”. Di primo acchito non sembra trattarsi di nulla di importante, una delle solite deliberazioni come quella sul calibro dei cetrioli o sul riconoscimento del dialetto di Vilnius come bene immateriale dell’Europa. Ma leggendo il testo si comprende la ragione per la quale ha fatto molto discutere e alcuni gruppi la contestino apertamente. La risoluzione equipara nazismo e comunismo. Ebbene sì: anche il comunismo è annoverato tra i mali del mondo!
La risoluzione è stata votata dal gruppo del “PPE”, di cui fa parte Forza Italia, dal gruppo “Identità e Democrazia” in cui si colloca anche la Lega, dal gruppo dei “Conservatori e Riformisti”, a cui aderisce Fratelli d’Italia e – udite! udite! – anche da quello dei “Socialisti e Democratici” di cui fa parte il PD. Si noti anche che tutti parlamentari italiani dei suddetti partiti hanno votato a favore.
Nell’ipotesi (piuttosto remota, a dire il vero) che tutto il testo sia stato letto con attenzione prima del voto in aula e che nessuna pagina sia stata trascurata, questa decisione è da considerarsi storica, un passo in avanti notevole per un Paese che ad ogni piè sospinto rispolvera “Bella ciao” e scopre fascisti ovunque, dove – di contro – coloro i quali ancora si ergono a bastione della libertà e della democrazia sono proprio i comunisti. Quelli veri.
Fra i vari punti della risoluzione s può leggere che: “… il patto Molotov – Ribbentrop, e i suoi protocolli segreti, dividendo l’Europa e i territori di Stati indipendenti tra i due regimi totalitari e raggruppandoli in sfere di interesse, ha spianato la strada allo scoppio della Seconda guerra mondiale”. E ancora parla di “riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalle dittature comunista, nazista e di altro tipo” e più avanti asserisce che: “…i regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni, causando, nel corso del XX secolo, perdite di vite umane e di libertà di una portata inaudita nella storia dell’umanità”. Infine, la risoluzione “… invita tutti gli Stati membri dell’Unione Europea a formulare una valutazione chiara e fondata su principi riguardo ai crimini e agli atti di aggressione perpetrati dai regimi totalitari comunisti e dal regime nazista”, infine sostiene che “la Russia rimane la più grande vittima del totalitarismo comunista e che il suo sviluppo in uno Stato democratico continuerà a essere ostacolato fintantoché il governo, l’elite politica e la propaganda politica continueranno a insabbiare i crimini del regime comunista e ad esaltare il regime totalitario sovietico; invita pertanto la società russa a confrontarsi con il suo tragico passato”.
Tra le varie considerazioni, si “… esprime inquietudine per l’uso continuato di simboli di regimi totalitari nella sfera pubblica e a fini commerciali e ricorda che alcuni paesi europei hanno vietato l’uso di simboli sia nazisti che comunisti” e si osserva “… la permanenza, negli spazi pubblici di alcuni Stati membri, di monumenti e luoghi commemorativi (parchi, piazze, strade, ecc.) che esaltano regimi totalitari, il che spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale, nonché alla propagazione di regimi politici totalitari”. Cosa dirà il sindaco di Cavriago che ha voluto nel suo paese un statua di Lenin? E chissà se il comune di Torino si deciderà a cambiare nome all’anacronistico Corso Unione Sovietica. E’ ben vero che fno agli anni settanta a Monaco di Baviera esisteva ancora Faschismus Strasse, ma da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Come al solito solo i più scaldati continuano a scagliare anatemi e a tacciare di revisionismo storico e politico una semplice presa di coscienza dell’intera società civile. Infatti, quando lo scorso 20 settembre il testo è stato diffuso anche in italiano è scoppiata la rivolta nelle file della sinistra italiana: il Partito della Rifondazione Comunista, con il segretario Maurizio Acerbo, il Partito Comunista di Marco Rizzo e il PCI di Mauro Alboresi hanno gridato allo scandalo, sebbene nessuno si sia premurato di ascoltarli. Tutti gli altri hanno iniziato a guardare con distacco e – speriamo – con disinteressata obiettività un periodo storico convulso e troppo spesso ideologicamente travisato, giudicando gli avvenimenti e le loro conseguenze per quello che sono veramente stati.