La politica dell’inciucio e del ribaltone


Parliamo della crisi di governo, ovviamente, e il suo strano andamento con tutti che si fanno la corte a vicenda e la guerra contemporaneamente.
Un momento prima sembra che l’idillio PD – M5s si possa fare ma subito spuntano i distinguo tra cui la volontà di discontinuità dei Dem per cui non è concepibile un Governo Conte bis.
E già, perché pesano anche tutte le dichiarazioni di assoluta incompatibilità il M5s ha esternato verso il PD e viceversa per cui l’uomo della strada non comprende proprio come oggi le due formazioni politiche possano cambiare idea reciproca così spudoratamente.
Ma anche Salvini, che apre ai pentastellati e assicura d’essere disposto a lasciare uno spiraglio aperto e si dice pronto ad accettare le loro proposte, non appare troppo coerente con sé stesso.
Nella attuale crisi non pesano solo le diseguaglianze di dna tra le differenti formazioni politiche ma anche internamente, in alcune di esse, pare manchi una certa coerenza identitaria. Il PD è spaccato dai renziani e Zingaretti sembra un timoniere che si deve impegnare più a tenere coeso internamente il carrozzone politico che rappresenta che potersi impegnare sul fronte esterno. Nella buona sostanza, sembra che possa godere di meno sostegno interno di quanto non voglia dare a vedere.
Stessa cosa accade nel M5s, dove su un argomento così importante come il possibile apparentamento col PD, la dirigenza ha scelto per il momento di non usare la piattaforma Rousseau per consultare una base che mugugna. In effetti sono oramai in tanti gli elettori pentastellati che si rendono conto del trasformismo di un movimento che sta tradendo molti dei suoi propri principi fondatori e la percezione è che la attuale leadership pentastellata venderebbe l’anima a Mefistofele pur di restare attaccata alle poltrone governative.
Un poco meglio nei consensi interni va a Salvini, che sino a due settimane era riuscito abilmente a erodere consensi popolari a spese di Di Maio e i suoi, ma che oggi pure qualche perplessità suscita nel suo elettorato. Il Capitano, infatti, che fino a pochi giorni fa spavaldamente andava avanti per la sua strada e mieteva consensi popolari, ora sembra volersi sbracare accettando di sostenere e votare le proposte dei grillini, in verità non proprio ben viste dal popolo del carroccio, pur di ricucire l’alleanza di governo giallo-verde.
Se questo tira e molla tra Lega e M5s sia vero o l’ennesima farsa lo dirà il tempo e l’attuale crisi ben potrebbe essere l’ennesimo capitolo della saga amore e odio tra le due formazioni.
Già numerose volte, nel corso della presente legislatura, il carroccio e i pentastellati sono apparsi sul punto di rotture inconciliabili salvo poi ritornare sui propri passi.
Sia come sia, più coerenza politica sembra avere la leadership di Fratelli d’Italia con la Meloni che è davvero l’unica a restare ferma con quanto ha sempre sostenuto durante la campagna elettorale delle elezioni di marzo 2018. Sfortunatamente FdI, pur avendo guadagnato preferenze nei sondaggi, peserebbe solo l’8% in eventuali elezioni a breve. Dunque, piuttosto che dettare le regole del gioco, è costretta ad inseguire la Lega con profferte di un’alleanza basata sulla visione di una destra fortemente identitaria.
In tutto questo marasma politico si inserisce il Presidente della Repubblica Mattarella che sostiene che in un sistema democratico parlamentare non si può ricorrere alle elezioni anticipate, se non in via residuale e subordinata all’evidenza che alcuna nuova solida maggioranza si può coagulare, come strumento di risoluzione delle crisi di governo.
Tutto giusto Signor Presidente, in teoria ha ragione Lei. Ma nella situazione in cui si trova l’Italia attualmente ciò significa aprire, ancora una volta, la via alla politica dell’inciucio e del ribaltone.